Ancora tensioni tra Usa e Afghanistan dopo la strage di Kandahar
Sempre alta la tensione in Afghanistan. E’ stato rivelato il nome del graduato americano,
autore della strage di civili a Kandahar. Intanto proseguono le polemiche sulla data
del ritiro delle truppe internazionali. Sentiamo Barbara Schiavulli:
Intanto,
pochi giorni fa, poi, la decisione del Consiglio degli Ulema di emanare un “codice
di comportamento” riservato alle donne del Paese, con forti restrizioni alla loro
libertà. Per un commento, ascoltiamo Simona Lanzoni, direttrice progetti della
Fondazione Pangea Onlus, che opera in Afghanistan da quasi 10 anni nel campo del microcredito
femminile. L’intervista è di Giada Aquilino:
R. – Questo nuovo dettato,
che il Consiglio degli Ulema ha emanato, è estremamente conservatore, perché comunque
riporta al periodo dei talebani: alle donne che non devono uscire se non accompagnate
da un uomo - che può essere anche un bambino piccolo, ma deve comunque essere di sesso
maschile - o al fatto che le donne possono subire violenza in casa a certe condizioni;
insomma, sono regole intollerabili, soprattutto per il fatto che si scontrano con
il principio di parità sancito dalla Costituzione. Sappiamo benissimo che quell’articolo
della Costituzione sarebbe stato probabilmente irrealizzabile a breve tempo, però
metterci sopra un diktat come quello emanato dagli Ulema - di tipo morale e religioso,
estremamente conservatore e pesante - ci riporta, come un elastico, indietro di 10
anni: come se tutto quello che è stato fatto finora dalle donne, ma anche dagli uomini
- attivisti della società civile - venisse cancellato nel giro di pochissimo.
D.
– Perché è arrivata ora questa decisione? Si tenta forse di accontentare i talebani?
R.
– Sicuramente sì. Sicuramente questo fa parte di una strategia di ricucitura con una
parte della società che è appunto rappresentata dai talebani - cosiddetti moderati,
che però comunque restano conservatori - per il fatto che ci sono delle trattative
di cui noi non siamo a conoscenza. Pensiamo anche che nelle ultime ore Karzai ha detto
che l’esercito degli Stati Uniti deve essere ritirato, ha fatto delle dichiarazioni
che sicuramente sono importanti per tutta la popolazione afghana rispetto ai loro
diritti, ma sono anche dichiarazioni collegate a un dialogo instaurato con i talebani.
D.
– I talebani, tra l’altro, hanno annunciato uno stop al dialogo intrapreso a gennaio
con gli Stati Uniti. Questa del dialogo con i talebani è sempre stata una carta giocata
dalla diplomazia negli ultimi anni: ora cosa succede?
R. – Staremo a vedere,
anche perché dobbiamo ricordarci che nel mese di maggio, a Chicago, ci sarà una conferenza
Nato sull’Afghanistan, per capire che tipo di strategia utilizzare dal punto di vista
militare, a proposito di Isaf e di esercito degli Stati Uniti. E’ importante comunque
ricordare che c’è una società civile afghana che continua a lavorare e che avrebbe
davvero bisogno di finanziamenti civili.
D. – Fondazione Pangea lavora in Afghanistan
dal 2003: qual è la situazione oggi sul terreno?
R. – Continuiamo a lavorare
perché ce n’è un estremo bisogno: si continuano a richiedere piccoli prestiti, microcrediti,
si continua a fare alfabetizzazione. A brevissimo apriremo un asilo per bambini, all’interno
di un centro donne, alla periferia di Kabul, proprio perché la vita quotidiana continua
e qualcuno deve comunque sostenere queste persone. Fondazione Pangea è accanto a loro.
(cp)