Sud Sudan. Lotta contro il tempo per salvare 80mila rifugiati
Decine di migliaia di rifugiati in Sud Sudan sono in condizioni gravissime, non si
può rimanere indifferenti. E’ la denuncia di Medici Senza Frontiere che sta operando
nella zona del Blue Nile, devastata da continue violenze di confine. Nei campi rifugiati
di Doro e Jamam, le persone che scappano, hanno trovato un luogo più sicuro - precisano
- ma si tratta di un ambiente difficile, dove la loro capacità di sopravvivenza è
messa a dura prova. Questi rifugiati infatti possono contare solo sull’assistenza
umanitaria, visto che la zona è senza acqua e senza cibo. Massimiliano Menichetti
ha intervistato Costas Moschochoritis, direttore generale di Msf Italia:
R. - In questo
momento, nei campi, ci sono circa 80 mila rifugiati, che fuggono dallo Stato di Blue
Nile, in Sudan, per recarsi verso il Sud Sudan. Ci sono, però, anche altri rifugiati
che sono sparsi lungo la frontiera.
D. - Il Sud Sudan, lo ricordiamo, ha ottenuto
l’indipendenza da poco tempo. Qui ci sono i giacimenti di petrolio ed in Sudan, invece,
le raffinerie. Lo Stato di Blue Nile si trova in una zona contesa, di confine, e sta
vivendo una situazione particolare…
R. - Lo Stato di Blue Nile, superiore ed
inferiore, l’Upper ed il Lower. L’Upper è in Sudan ed il Lower è nel Sud Sudan. Ci
sono continui bombardamenti e combattimenti, è una zona dove non è molto chiaro chi
appartiene a chi e questo, ovviamente, è la popolazione a pagarlo.
D. - Voi
denunciate che i profughi si stanno muovendo in due campi del Sud Sudan ad alto rischio.
Perché?
R. - Il luogo dove si sono recati è un posto davvero molto difficoltoso,
è arido: verso la fine di aprile inizieranno le piogge e diventerà quasi impossibile
poter accedere a questi luoghi. Un altro grande problema è quello dell’acqua potabile:
in questo momento, nei campi, si distribuiscono otto litri di acqua per persona ogni
giorno, quando il minimo standard internazionale è di 15-20 litri.
D. - Voi,
insieme ad altre agenzie umanitarie, sottolineate la necessità di dare una risposta
a quest’emergenza…
R. - Qui c’è una contraddizione: i Paesi donatori e le agenzie
internazionali faranno molto per quello che riguarda la costruzione del nuovo Stato
del Sud Sudan, ma dimenticano le emergenze attuali. Questo non è solamente il caso
del Sudan ma succede anche in Afghanistan, è accaduto ad Haiti ed in altri luoghi.
In questo momento, la risposta non è adeguata né tantomeno accettabile. C’è da fare
anche una corsa contro il tempo.
D. - Che cosa sta facendo il governo del Sud
Sudan?
R. - Sta facendo pochissimo. E su questo vogliamo segnalare il fatto
che la risposta alle emergenze è anche compito dello Stato che ospita questi rifugiati
e sfollati. Devono certamente fare di più, vanno creati dei campi vivibili prima della
stagione delle piogge. (vv)