2012-03-16 11:11:17

La nostra Africa: in un e-book 10 anni di impegno di un medico nel continente


La nostra Africa: si intitola così l’e-book che racconta 10 anni di impegno del medico Michelangelo Bartolo in Africa e che è in testa alle classifiche delle pubblicazioni digitali. Un racconto che parte da una missione in Mozambico nel 2001 a favore di bambini malati e che ripercorre lo sviluppo del programma Dream lanciato nel 2002 dalla Comunità di Sant’Egidio su idea dello stesso angiologo romano. Oggi Dream è presente in 10 Stati Africani, con 33 centri e 20 laboratori. Finora ha curato oltre 100mila persone. Fausta Speranza ha chiesto al dottor Michelangelo Bartolo di raccontare qualcosa di questa avventura di dieci anni partendo dalle difficoltà dell’inizio: RealAudioMP3

R. – Sono cronache di un’esperienza che è iniziata nel 2001. Doveva essere un viaggio che si doveva concludere solo con una missione ma poi sono rimasto coinvolto attivamente in questa avventura della cura dell’aids in Africa. Nel 2001 ancora non si curava l’aids in Africa, si poteva curare solo a prezzi elevatissimi e strutture private. Per cui non si poteva parlare di terapia. “La nostra Africa” è un romanzo scritto in prima persona con paure, dubbi, difficoltà, anche timori, ma anche con una sottile ironia. Ripercorre un po’ tutto questo percorso dal 2001 quando, fondamentalmente, più che fare il medico, stavo al porto di Maputo per cercare di sdoganare le apparecchiature per costruire un laboratorio che ci serviva per curare l’aids, fino a poi il crescere, pian piano, del progetto “Dream” della comunità di Sant’Egidio che poi si è diffuso in 10 Paesi e oggi segue più di centomila persone.

D. – Oggi qual è la situazione in Africa?

R. – Oggi l’Africa sta molto cambiando. Il racconto dell’aeroporto di Maputo del 2001 oggi lo dovrei scrivere in maniera completamente diversa. E’ un aeroporto moderno, che stanno costruendo. E’ un Paese che ha il sette per cento di crescita del Pil, un Paese che sta completamente cambiando il suo futuro con grandissimi problemi tra cui quello di una classe di ricchi che sta crescendo ma c’è un enorme forbice con la maggior parte degli abitanti che vivono in povertà e nei villaggi quasi senza niente. Comunque oggi la terapia arriva ovunque e c’è un grande impegno per portare la terapia antiretrovirale in questi Paesi. L’altra parte del progetto che mi ha coinvolto anche personalmente è quella di poter far nascere bambini sani da madri Hiv negative. Oggi nel solo programma Dream sono nati più di 16 mila bambini sani. E’ una nuova generazione di bambini che ci fa ben vedere un futuro diverso anche per l’Africa.

D. - Che cosa dovrebbe fare l’Occidente per continuare ad esserci in Africa, però in una maniera che lasci più spazio agli africani, perché siano protagonisti anche in campo sanitario per esempio?

R. – Io vorrei dire che l’Africa ha bisogno dell’Europa ma forse oggi l’Europa ha anche più bisogno dell’Africa. Il sottotitolo del libro è “Cronache di viaggio di un medico euroafricano”, quasi per sottolineare il legame che c’è. C’è un destino comune per questo mondo. Oggi forse l’Africa è meno abbandonata di ieri, c’è un grande interesse da parte della Cina, da parte dell’India, da parte del Brasile, mentre l’Europa tarda ad accorgersi delle grandi potenzialità, anche per lo sviluppo dell’Africa. Io penso che molte di queste nazioni che ho citato vengono a fare investimenti in Africa e forse ci sono opportunità anche per il futuro dell’Europa, chiaramente non solo dal punto di vista sanitario.

D. – Sicuramente 10 anni in Africa, anche se tornando e venendo dall’Italia, sono un’esperienza di vita intensa. Dal punto di vista umano ci racconta qualcosa di quello che le rimane di questa esperienza?

R. – Una cosa che mi ha molto colpito, lo racconto nelle prime pagine del libro, è l’incontro con questi bambini africani, bambini che non erano molto diversi dai miei figli ma che si comportavano in modo completamente diverso, come dei piccoli adulti: non ridevano, non giocavano, portavano l’acqua a casa, erano molto seri… I bambini di 5 anni accudivano quelli di tre anni proprio come se fossero adulti. Poi, mi ha anche colpito che, da medico, io mi accorgevo - e mi accorgo anche oggi - che anche se la patologia è la stessa, anche se l’aids è uguale, se il virus è lo stesso in Occidente e in Africa, in Occidente si può curare e in Africa è ancora molto difficile. La patologia è la stessa ma la terapia non c’è, oppure si cura in modo minimalista e questa è una grande ingiustizia che deve essere colmata. Allora, quello che non dimentico è l’incontro con questi bambini, l’incontro con tante storie che hanno fatto sì che mi appassionassi a questo progetto. Tra l’altro, sono nate anche forme di cooperazione attraverso sistemi di telemedicina molto moderni che ci permettono di controllare a distanza quello che avviene nei nostri centri come se noi fossimo lì: dare indicazioni diagnostiche, terapeutiche, una “second opinion”, soprattutto per non lasciare soli gli operatori che sono tutti operatori locali. Nel libro c’è anche un capitolo che è brioso, direi divertente, relativo ai corsi di formazione con centinaia di persone, medici, tecnici di laboratorio, infermieri, che partecipano a questi corsi di formazione e vogliono imparare e hanno voglia di usare le tecnologie; oggi la sanità è anche nelle loro mani. C’è bisogno anche di impegno su nuove tecnologie: la telemedicina, le teleconferenze sono un’occasione concreta che oggi c’è, anni fa non era possibile.

D. - Si parla da anni di forme di nuova colonizzazione da parte delle multinazionali in Africa e più di recente parliamo tanto di nuova colonizzazione da parte della Cina. Si sente questa presenza ingombrante in qualche modo, ci sono ripercussioni?

R. – Certo, si parla di una forma di colonizzazione. E ci sono aspetti molto problematici. Però bisogna dire che i cinesi costruiscono comunque infrastrutture che poi possono dare lo sviluppo a queste terre. Quindi forse si apre un futuro. Certo, è difficile dire se questo è buono o non è buono, se crea problemi… C’è il discorso della presenza dei cinesi che calpesta anche i diritti civili dei propri operai. Però vorrei sottolineare che comunque è positiva l’attenzione all’Africa. Mi sembra che oggi, dopo anni in cui l’Africa è rimasta isolata, è rimasta da sola, oggi c’è un’attenzione internazionale per un continente che può risorgere. L’Africa ha ancora tantissime contraddizioni e queste vengono raccontate nel libro anche con ironia. Basti dire delle difficoltà burocratiche per aprire un nuovo centro sanitario… però ha anche grandissime potenzialità. E l’Africa forse sarà più vicina di ieri nel domani.








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