Continua la trattativa tra governo e parti sociali per un accordo sulla riforma del
mercato del lavoro
L’accordo sulla riforma del lavoro è imprescindibile, a dichiararlo nel pomeriggio
è il ministro del Lavoro, Elsa Fornero che però avverte: la riforma “non è una medicina
risolutiva di tutti i mali che sono invece profondi". Di crescita parlano i leader
di CGIL e CISL, mentre da Confindustria si chiedono ancora modifiche al testo proposto
dal governo. Il servizio di Adriana Masotti "La
riforma del mercato del lavoro è un tema cruciale, è una priorità per il governo":
lo scrive il presidente del Consiglio, Mario Monti, in un messaggio inviato al premio
“Marco Biagi” il giuslavorista ucciso 10 anni fa dalle Nuove Brigate Rosse, conferito
da 'Il Resto del Carlino'. ''Stiamo mettendo in campo le energie migliori, prosegue
il premier, per consentire al nostro paese di godere di maggiore equità. Per rilanciare
la crescita del Paese la riforma del lavoro ''da sola non basterà”, sarà necessario
lavorare anche dopo '', precisa il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, intervenendo
alla cerimonia. E su un imminente accordo nell'ambito della trattativa, dichiara come
tale accordo sia imprescindibile e sia per il futuro dei giovani e del Paese. Ma il
segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, frena. Sull'articolo 18, dice “le
proposte sentite finora non ci convincono». Ma poi apre: «Abbiamo enumerato quali
sono le cose necessarie per arrivare a un accordo, e martedì ci aspettiamo delle risposte»
E ribadisce: il vero tema per l'Italia è la crescita». Di crescita parla anche il
leader della CISL, Raffaele Bonanni: “Dopo l'accordo che si deve fare, vogliamo un
patto per la crescita”, dobbiamo “decidere cosa si fa su energia, infrastrutture,
tasse, mafie e su tutto ciò che ostacola a investire in Italia''. Di chiudere un
accordo in tempi strettissimi ''la possibilità c'è”, dice la presidente di Confindustria,
Emma Marcegaglia, ma avverte: deve essere una riforma che crea nuova occupazione.
Poi chiede al governo di rivedere la flessibilità in entrata perché così com’è il
testo prevede un aumento di costi e di burocrazia, con il rischio di abbassare il
tasso di occupazione”. Adriana Masotti, Radio Vaticana
Quasi 3000 mila suicidi
in un anno, uno al giorno per motivi legati al lavoro. I dati pubblicati dall’istituto
di ricerca Eures sono tragicamente chiari. E con la crisi economica il numero di persone
che si sono tolte la vita è aumentato di quasi il 6%, con un incremento vertiginoso
-pari quasi al 40%- fra i disoccupati. Nel Nord-Est il fenomeno è esploso in tutta
la sua tragicità nel cuore pulsante del tessuto produttivo: 50 piccoli imprenditori
si sono suicidati negli ultimi 3 anni. Il servizio di Massimo Pittarello.
Sono in arrivo
in arrivo ulteriori prelievi fiscali per le piccole e medie imprese. Lo afferma uno
studio della Confesercenti, secondo cui un piccolo imprenditore con fatturato di 50
mila euro e con un locale di 100 mq, “per il prossimo anno dovrà sopportare un onere
aggiuntivo annuo fra i 3530 euro e i 5180 a seconda del luogo dove opera”.
In
una situazione così difficile è nata qualche settimana fa un’iniziativa della rete
“Imprese Che Resistono”: si chiama “Terraferma”, a coordinare in tutto il territorio
nazionale psicologi specializzati a sostegno di imprenditori e lavoratori in difficoltà.
Abbiamo chiesto al promotore, Massimo Mazzucchelli, quando tale esigenza sia
diventata improrogabile:
R. - E’ diventata improrogabile nel momento in cui
si è passati dal non avere nessuna notizia - o comunque nessuna attenzione - del fenomeno
dei gesti estremi, all’estremo opposto, ossia dire che è naturale che, in un momento
di crisi - com’è già accaduto in passato -, ci sia un aumento così elevato di suicidi
tra i piccoli imprenditori e lavoratori. Questa cosa mi ha preoccupato molto, e mi
ha preoccupato soprattutto l’inattività, da questo puto di vista, delle istituzioni.
Mi sono detto che la sola cosa possibile da fare, visto che fondi da spendere per
dare un aiuto noi, piccoli imprenditori, non ne abbiamo perché li abbiamo investiti
tutti nelle nostre imprese, è quella di offrire il sostegno psicologico. Perciò, ho
fatto quello che normalmente un imprenditore fa: problema, soluzione e via, partire
subito. Visto che la situazione sta tornando ad essere molto difficoltosa, mi sono
detto di dover fare qualcosa, dato che non fa niente nessuno, e quindi offrire almeno
un sostegno psicologico.
D. - Una rete di psicologi tradizionali esiste già.
Perché non sono idonei ai piccoli imprenditori?
R. - La grande difficoltà è
che il mondo degli psicologi ed il mondo degli imprenditori sono molto distanti. Il
piccolo imprenditore, normalmente, fa fatica solo a considerare l’idea di rivolgersi
ad un’altra persona per spiegare i propri problemi. Figuriamoci se dovesse farlo con
uno psicologo. La cosa potrebbe essere più facile se quest’iniziativa venisse messa
in campo proprio dai piccoli imprenditori, come siamo noi.
D. - Il senso di
depressione, soprattutto per una crisi economica profonda, è piuttosto diffuso. Probabilmente,
però, non è solo una difficoltà economica quella che poi genera gli stati depressivi
nei piccoli imprenditori…
R. - No, infatti. I fattori sono diversi perché non
c’è un solo problema che, in questo momento, il piccolo imprenditore si trova a dover
risolvere. I problemi sono tanti. In particolare, c’è una cosa che è difficile da
superare: il fatto che il piccolo imprenditore si sente sempre completamente responsabile
per le persone che lavorano per lui. Quasi tutti i piccoli imprenditori hanno, come
dipendenti, persone che magari conoscono da tanti anni, che sono vicini di casa. In
questa situazione, quando devi spiegare al tuo dipendente - e magari non hai mai dovuto
farlo - che devi iniziare ad usare la cassa integrazione, e poi devi anche spiegargli
che non riesci comunque a far fronte alla situazione, ti ritrovi in grandissima difficoltà,
perché l’imprenditore si sente responsabile per le persone che ha assunto nel corso
del tempo.
D. - Nell’opinione comune gli imprenditori, o anche gli autonomi,
spesso vengono accusati di essere i primi ad evadere il fisco…
R. - I problemi
più grandi che abbiamo avuto nei confronti dello Stato, riguardano le tasse. Con Equitalia
non si hanno problemi se non nel momento in cui si dichiara di dover pagare le tasse
ma non si é in grado di farlo. Noi le tasse vogliamo pagarle, però ci siamo trovati
nella condizione di non poterlo fare.
D. - Qual è la forma depressiva che colpisce
l’imprenditore?
R. - L’imprenditore si trova a dover affrontare tantissimi
problemi, tutti insieme, magari anche gravi. Che cosa succede, allora? Succede che,
nella difficoltà, si perde un po’ il contatto con la realtà e non si fa quello che
normalmente un imprenditore è in grado di fare: prendere cioè il primo problema, quello
più grosso, e cercare di risolvere quello, tenendo da parte gli altri. Invece di fare
così, l’imprenditore si ferma e non fa nulla. Quindi in questa situazione, con il
passare del tempo, i problemi si aggravano, non ci si rivolge a nessuno per cercare
di risolverli, perché l’altra caratteristica dell’imprenditore è quella di essere
abituato a risolvere i problemi da sé, non chiedendo assolutamente alcun aiuto, e
quindi si chiude un po’ a riccio su se stesso. Di conseguenza la situazione, nel tempo,
continua a peggiorare, fino al momento in cui non è più risolvibile. Ho letto spesso
che, dopo un gesto estremo da parte degli imprenditori, si va a controllare qual era
la situazione e si capisce soltanto in seguito che c’era una situazione difficoltosa
nell’azienda o nella famiglia. Prima, però, non lo sapeva nessuno. (vv)