2012-03-16 19:33:11

Continua la trattativa tra governo e parti sociali per un accordo sulla riforma del mercato del lavoro


L’accordo sulla riforma del lavoro è imprescindibile, a dichiararlo nel pomeriggio è il ministro del Lavoro, Elsa Fornero che però avverte: la riforma “non è una medicina risolutiva di tutti i mali che sono invece profondi". Di crescita parlano i leader di CGIL e CISL, mentre da Confindustria si chiedono ancora modifiche al testo proposto dal governo. Il servizio di Adriana Masotti RealAudioMP3
"La riforma del mercato del lavoro è un tema cruciale, è una priorità per il governo": lo scrive il presidente del Consiglio, Mario Monti, in un messaggio inviato al premio “Marco Biagi” il giuslavorista ucciso 10 anni fa dalle Nuove Brigate Rosse, conferito da 'Il Resto del Carlino'. ''Stiamo mettendo in campo le energie migliori, prosegue il premier, per consentire al nostro paese di godere di maggiore equità. Per rilanciare la crescita del Paese la riforma del lavoro ''da sola non basterà”, sarà necessario lavorare anche dopo '', precisa il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, intervenendo alla cerimonia. E su un imminente accordo nell'ambito della trattativa, dichiara come tale accordo sia imprescindibile e sia per il futuro dei giovani e del Paese. Ma il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, frena. Sull'articolo 18, dice “le proposte sentite finora non ci convincono». Ma poi apre: «Abbiamo enumerato quali sono le cose necessarie per arrivare a un accordo, e martedì ci aspettiamo delle risposte» E ribadisce: il vero tema per l'Italia è la crescita». Di crescita parla anche il leader della CISL, Raffaele Bonanni: “Dopo l'accordo che si deve fare, vogliamo un patto per la crescita”, dobbiamo “decidere cosa si fa su energia, infrastrutture, tasse, mafie e su tutto ciò che ostacola a investire in Italia''. Di chiudere un accordo in tempi strettissimi ''la possibilità c'è”, dice la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ma avverte: deve essere una riforma che crea nuova occupazione. Poi chiede al governo di rivedere la flessibilità in entrata perché così com’è il testo prevede un aumento di costi e di burocrazia, con il rischio di abbassare il tasso di occupazione”. Adriana Masotti, Radio Vaticana

Quasi 3000 mila suicidi in un anno, uno al giorno
per motivi legati al lavoro. I dati pubblicati dall’istituto di ricerca Eures sono tragicamente chiari. E con la crisi economica il numero di persone che si sono tolte la vita è aumentato di quasi il 6%, con un incremento vertiginoso -pari quasi al 40%- fra i disoccupati. Nel Nord-Est il fenomeno è esploso in tutta la sua tragicità nel cuore pulsante del tessuto produttivo: 50 piccoli imprenditori si sono suicidati negli ultimi 3 anni. Il servizio di Massimo Pittarello. RealAudioMP3

Sono in arrivo in arrivo ulteriori prelievi fiscali per le piccole e medie imprese. Lo afferma uno studio della Confesercenti, secondo cui un piccolo imprenditore con fatturato di 50 mila euro e con un locale di 100 mq, “per il prossimo anno dovrà sopportare un onere aggiuntivo annuo fra i 3530 euro e i 5180 a seconda del luogo dove opera”.

In una situazione così difficile è nata qualche settimana fa un’iniziativa della rete “Imprese Che Resistono”: si chiama “Terraferma”, a coordinare in tutto il territorio nazionale psicologi specializzati a sostegno di imprenditori e lavoratori in difficoltà. Abbiamo chiesto al promotore, Massimo Mazzucchelli, quando tale esigenza sia diventata improrogabile:

R. - E’ diventata improrogabile nel momento in cui si è passati dal non avere nessuna notizia - o comunque nessuna attenzione - del fenomeno dei gesti estremi, all’estremo opposto, ossia dire che è naturale che, in un momento di crisi - com’è già accaduto in passato -, ci sia un aumento così elevato di suicidi tra i piccoli imprenditori e lavoratori. Questa cosa mi ha preoccupato molto, e mi ha preoccupato soprattutto l’inattività, da questo puto di vista, delle istituzioni. Mi sono detto che la sola cosa possibile da fare, visto che fondi da spendere per dare un aiuto noi, piccoli imprenditori, non ne abbiamo perché li abbiamo investiti tutti nelle nostre imprese, è quella di offrire il sostegno psicologico. Perciò, ho fatto quello che normalmente un imprenditore fa: problema, soluzione e via, partire subito. Visto che la situazione sta tornando ad essere molto difficoltosa, mi sono detto di dover fare qualcosa, dato che non fa niente nessuno, e quindi offrire almeno un sostegno psicologico.

D. - Una rete di psicologi tradizionali esiste già. Perché non sono idonei ai piccoli imprenditori?

R. - La grande difficoltà è che il mondo degli psicologi ed il mondo degli imprenditori sono molto distanti. Il piccolo imprenditore, normalmente, fa fatica solo a considerare l’idea di rivolgersi ad un’altra persona per spiegare i propri problemi. Figuriamoci se dovesse farlo con uno psicologo. La cosa potrebbe essere più facile se quest’iniziativa venisse messa in campo proprio dai piccoli imprenditori, come siamo noi.

D. - Il senso di depressione, soprattutto per una crisi economica profonda, è piuttosto diffuso. Probabilmente, però, non è solo una difficoltà economica quella che poi genera gli stati depressivi nei piccoli imprenditori…

R. - No, infatti. I fattori sono diversi perché non c’è un solo problema che, in questo momento, il piccolo imprenditore si trova a dover risolvere. I problemi sono tanti. In particolare, c’è una cosa che è difficile da superare: il fatto che il piccolo imprenditore si sente sempre completamente responsabile per le persone che lavorano per lui. Quasi tutti i piccoli imprenditori hanno, come dipendenti, persone che magari conoscono da tanti anni, che sono vicini di casa. In questa situazione, quando devi spiegare al tuo dipendente - e magari non hai mai dovuto farlo - che devi iniziare ad usare la cassa integrazione, e poi devi anche spiegargli che non riesci comunque a far fronte alla situazione, ti ritrovi in grandissima difficoltà, perché l’imprenditore si sente responsabile per le persone che ha assunto nel corso del tempo.

D. - Nell’opinione comune gli imprenditori, o anche gli autonomi, spesso vengono accusati di essere i primi ad evadere il fisco…

R. - I problemi più grandi che abbiamo avuto nei confronti dello Stato, riguardano le tasse. Con Equitalia non si hanno problemi se non nel momento in cui si dichiara di dover pagare le tasse ma non si é in grado di farlo. Noi le tasse vogliamo pagarle, però ci siamo trovati nella condizione di non poterlo fare.

D. - Qual è la forma depressiva che colpisce l’imprenditore?

R. - L’imprenditore si trova a dover affrontare tantissimi problemi, tutti insieme, magari anche gravi. Che cosa succede, allora? Succede che, nella difficoltà, si perde un po’ il contatto con la realtà e non si fa quello che normalmente un imprenditore è in grado di fare: prendere cioè il primo problema, quello più grosso, e cercare di risolvere quello, tenendo da parte gli altri. Invece di fare così, l’imprenditore si ferma e non fa nulla. Quindi in questa situazione, con il passare del tempo, i problemi si aggravano, non ci si rivolge a nessuno per cercare di risolverli, perché l’altra caratteristica dell’imprenditore è quella di essere abituato a risolvere i problemi da sé, non chiedendo assolutamente alcun aiuto, e quindi si chiude un po’ a riccio su se stesso. Di conseguenza la situazione, nel tempo, continua a peggiorare, fino al momento in cui non è più risolvibile. Ho letto spesso che, dopo un gesto estremo da parte degli imprenditori, si va a controllare qual era la situazione e si capisce soltanto in seguito che c’era una situazione difficoltosa nell’azienda o nella famiglia. Prima, però, non lo sapeva nessuno. (vv)








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