Cina, battaglia politica al vertice del Partito comunista tra vecchio e nuovo
In Cina, battaglia politica al vertice: ha fatto scalpore l'espulsione del populista
di sinistra Bo Xilai dalla carica di segretario del Partito comunista della metropoli
di Chongqing, nel Sud della Cina. Da parte sua, Xi Jinping, attuale vicepresidente
della Cina e successore designato del numero uno Hu Jintao, ha fatto appello all'unità
all'interno del Partito Comunista Cinese (Pcc). Bo Xilai, molto popolare per misure
a favore delle classi più deboli e per la lotta contro la corruzione, rappresentava
però un impedimento alla modernità. E’ l’opinione di Francesco Sisci, corrispondente
del "Sole 24 Ore" dalla Cina. L’intervista è di Fausta Speranza:
R. - È una battaglia
politica molto profonda perché quello che c’era sullo sfondo era la scelta tra due
modelli di sviluppo economico ma anche politico della Cina. Uno a favore delle imprese
di Stato - anche per andare maggiormente incontro ai bisogni e alle necessità delle
classi più disagiate - e un altro, invece, più a favore delle imprese private. Alla
fine di questo braccio di ferro, al momento, vediamo che ha vinto il secondo, cioè
la scelta politica liberale, che in Cina ha un colore speciale anche perché Bo Xilai
il campione di sinistra - qui considerata conservatrice - era a favore di un qualche
ritorno ai tempi della "rivoluzione culturale" e a una specie di ritorno al neomaoismo.
D.
- Ma possiamo parlare di riforma politica che va avanti in Cina o no?
R. -
Direi che sulla riforma politica c’è stato, per la prima volta, un impegno significativo
da parte del primo ministro. Di recente in un’occasione importante, ha annunciato
la necessità essenziale della riforma politica. I contenuti e la direzione in cui
si muoverà questa riforma politica non sono ancora noti, però è chiaro - come ha detto
il primo ministro Wen Jiabao - che “ogni idea di un possibile ritorno ai tempi alla
rivoluzione culturale e quindi ai tempi del maoismo è stato eliminato.” Se anche non
ci dicono con chiarezza che cosa farà la Cina nel futuro, questo episodio ci dice
con chiarezza che cosa non farà: il passato è stato seppellito per una seconda volta.
D.
- In questa circostanza, si è parlato però di epurazioni, si è parlato di modernità,
corruzione, populismo: quale di questi termini secondo lei ha più rilievo?
R.
- Secondo me, nel modello di Chongqing, i dirigenti hanno fatto uso di populismo,
perché le misure effettivamente prese verso le classi disagiate erano di breve anzi
brevissimo periodo: distruggevano invece il mercato stesso e il motore della crescita
cinese. In questo senso, l’idea di populismo credo sia azzeccata. L’altra cosa è la
spinta verso la modernità che è certamente molto forte con questa scelta della leadership
cinese di voltare le spalle al passato e affrontare un futuro ancora incerto. Quindi
un grande impegno di modernizzazione, direi.
D. - Resta la corruzione...
R.
- La corruzione è un problema grave. Secondo Wen Jiabao, la riforma politica può essere
la chiave non certo per eliminare, ma per “moderare” la corruzione. Pensano che attraverso
un sistema politico più trasparente, un sistema di mercato più limpido, i momenti,
le occasioni per la corruzione diventino minori e meno importanti. Questo sembra oggi
l’approccio cinese, anche qui diverso da quello del passato. I primi ad essere corrotti
erano gli agenti anticorruzione, che poi erano segreti e quindi non si sapeva cosa
facevano e cosa non facevano. Non dobbiamo poi aspettarci certamente, e sarebbe ingenuo
pensarlo, che la corruzione possa scomparire per un colpo di bacchetta magica. (bi)