Santa Sede: diritti delle minoranze violati nel mondo. I cristiani pagano il prezzo
più alto
Il Consiglio dei diritti umani dell’Onu sta proseguendo i suoi lavori a Ginevra. L’ultima
sessione è stata dedicata alle minoranze in occasione del 20.mo anniversario della
Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone appartenenti a minoranze
nazionali, etniche, religiose e linguistiche. Ai lavori è intervenuto anche il rappresentante
vaticano, l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi.Sergio Centofanti lo ha
intervistato:
R. – Oggi, c’è
una più grande coscienza dei propri diritti da parte di queste comunità etniche, religiose
o linguistiche minoritarie, ma allo stesso tempo la violazione dei loro diritti non
è cessata. Anzi, direi che ci sono situazioni in cui c’è la tendenza a emarginare
o sopprimere o addirittura eliminare queste comunità, attraverso la violenza, la decisione
di costringerli ad andare in esilio come rifugiati, attraverso la mancanza di accesso
all’amministrazione dello Stato, a funzioni pubbliche e così via.
D. – Le
minoranze, a volte, sono considerate come un peso …
R. - Questi gruppi non
sono un peso per il Paese in cui vivono, ma sono un arricchimento culturale e sociale,
purché si comprenda il loro ruolo. Cioè, come una persona non può diventare se stessa
se non in relazione ad altri, così anche queste comunità apportano un contributo positivo
nella maniera in cui hanno la capacità di relazionarsi con altri gruppi di persone
e quindi formare, tutti insieme, la popolazione di un Paese.
D. – Lei cosa
ha proposto in particolare?
R. – Io mi sono un po’ spinto avanti proponendo
che il relatore speciale per queste materie possa considerare la possibilità di abolire
la terminologia “maggioranza” e “minoranza”: secondo i diritti umani fondamentali
ogni persona è uguale nei diritti e nei doveri davanti allo Stato e, allo stesso tempo,
lo Stato ha diritti e doveri verso queste persone, indipendentemente dal fatto che
la loro identità sia data per ragioni di storia, di lingua o di tradizioni etniche
o religiose. Quindi l’importante è muoversi nella direzione per cui ogni cittadino
come tale debba essere prima di tutto rispettato perché è una persona con diritti
inalienabili. Dopo questo riconoscimento, possono venire le altre qualifiche e gli
altri raggruppamenti sociali, che però non toccano in alcuna maniera questo approccio
di base. Ed io penso che questo sia un cammino che possa aprire nuove prospettive,
specialmente in quei Paesi che stanno attraversando periodi di tensione e che hanno
problemi di convivenza.
D. – Quali sono le minoranze più a rischio nel mondo?
R.
– In questo momento le minoranze cristiane sono quelle che pagano il prezzo più alto.
Sono minoranze che stanno soffrendo particolarmente in Medio Oriente, in Nord Africa
e in alcuni Stati dell’India. Capita che vengono decimate o espulse perché non trovano
una maniera di sopravvivere nella società a cui appartengono. Altre minoranze che
soffrono di pregiudizi sono i gruppi di emigrati, anche in Europa, che per la loro
origine africana o per la loro credenza religiosa islamica a volte sono un po’ messi
ai margini della società, in certe situazioni, specialmente alle periferie di alcune
grandi città. Poi ci sono anche le popolazioni indigene: le loro tradizioni ancestrali
e soprattutto il diritto di proprietà sulle loro terre e il rispetto del loro modo
di vivere devono essere garantiti dagli Stati in cui si trovano. (gf)