2012-03-15 14:32:59

Il prof. Baggio su unioni gay: matrimonio uomo donna non è questione di fede ma diritto naturale


Non è necessario appellarsi alla fede per comprendere la realtà naturale del matrimonio tra un uomo e la donna: dopo la recente risoluzione del parlamento europeo - che pur in modo non vincolante ha aperto alle unioni omosessuali - interviene nel dibattito sul tema il prof. Antonio Maria Baggio, politologo, docente di Filosofia politica presso l’Istituto universitario “Sophia” di Loppiano. Luca Collodi lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. – Penso che sia una prospettiva errata basata su un fraintendimento. Si confondono i diritti individuali che devono essere assicurati, allora si deve rispettare la scelta di singoli che intendono vivere anche in maniera stabile con persone del proprio sesso, e dunque si rispetta questa scelta non penalizzandola. Quello che si sottolinea da parte nostra è che, questo, non è un matrimonio. E non può, adesso, la dimensione europea decidere che cosa è matrimonio e che cosa no, quando abbiamo una storia lunga di civiltà, di costruzione di cultura, che chiama matrimonio soltanto l’unione stabile tra un uomo e una donna con conseguenze importanti perché dal matrimonio possono venire dei figli. E nel caso si riconoscesse questo status anche per l’unione di coppie omosessuali anche a loro andrebbe riconosciuta la possibilità di accogliere in adozione, con conseguenze dannose importanti.

D. – Prof. Baggio, perché il matrimonio cristiano è da preferire a unioni tra persone dello stesso sesso?

R. – Diciamo intanto matrimonio naturale. Il matrimonio come tale, anche se non è cristiano, è il solo matrimonio tra persone di sesso differente. Il cristianesimo poi valorizza l’unione naturale tra un uomo e una donna conferendo tutto l’apporto del sacramento. Per cui con l’elemento di fede c’è una valorizzazione enorme sia delle due persone, sia della loro relazione perché è addirittura ad immagine di quella tra Cristo e la Chiesa. Però non serve avere la fede cristiana, o un’altra fede, per dare così tanta importanza all’unione in sé, perché è un dato di natura. Quindi non dobbiamo fare appello alla fede per difendere il matrimonio, lo si può fare, certamente nel giustificare la cultura che ci sta dietro. Dobbiamo fare appello alla realtà dei fatti, cioè alla struttura antropologica dell’uomo e della donna.

D. – L’Europa afferma però che i principi morali che derivano da una scelta di fede, non possono ledere i diritti civili di chi non crede…

R. – Certamente si può notare un accanimento ideologico. D’altra parte la difesa della verità dei valori etici è una difesa che può essere fatta razionalmente. Ci sono persne che attualmente ed in passato hanno operato questa difesa. Ricordo, per tutti, Norberto Bobbio, qui in Italia, quando si schierò contro l’aborto non in nome della fede ma in nome del rispetto del diritto naturale. Attualmente un grande studioso come Habermass accetta che vi siano valori di provenienza religiosa che rafforzano la convivenza civile. Io temo che si faccia una grande confusione. Perché ciò che la cultura cristiana ha sempre pensato è che non sia necessaria la fede per riconoscere la verità dell’uomo. La fede la illumina ulteriormente. Quindi, la nostra battaglia a difesa del matrimonio, che certamente ha radici religiose, è anzitutto una battaglia civile per fare in modo che la società abbia questo legame fondativo, importante, che è basato sulla fiducia reciproca di un uomo e una donna che si sceglgono per l’intera esistenza. Questo crea una solidità nella società e questo ha anche un riscontro nella struttura psicofisica delle persone altrimenti si pensa che veramente in base ad un desiderio, ad un impulso, ad una esigenza individuale si possa decidere che l’essere umano è fatto diversamente da come in realtà è fatto. Il cristianesimo è sempre stato realista nella visione delle cose. Ed è per fedeltà alla realtà che è necessario difendere il matrimonio tradizionale.







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