2012-03-14 13:13:05

Modifica del cognome: una minaccia per persona e famiglia?


La modifica, aggiunta e variazione del cognome tornano a far discutere in Italia. Social network, siti internet e blog promuovono, si scontrano e rilanciano la notizia battuta dalle agenzie qualche giorno fa, relativa all’intervento del Consiglio dei Ministri (CdM) che ha introdotto (il 24 febbraio scorso), delle modifiche in materia, ora prossime alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

In sostanza secondo il CdM il provvedimento, che elegge il Prefetto “unica autorità decisionale” in materia, porterà “risparmi consistenti in termini di tempo (per i cittadini)” e “incrementi di efficienza (per l’amministrazione)”. Prima, infatti, le domande venivano presentate alle Prefetture ma spettava al Ministero dell’Interno la decisione finale.

A creare scompiglio, incertezza e speranze la pubblicazione sul sito internet del Consiglio dei Ministri (www.governo.it) che “i cambiamenti riguardano in particolare il cambio di cognome” e che "tra le tipologie previste quelle più ricorrenti sono":

1. Chiunque potrà chiedere di aggiungere il cognome materno a quello paterno. Il numero di questo tipo di domande è in costante aumento (oltre 400 all’anno).

2. Le donne divorziate o vedove potranno aggiungere il cognome del nuovo marito ai propri figli.
3. Infine, per coloro che hanno ricevuto la cittadinanza italiana sarà possibile mantenere il cognome con il quale erano identificati all’estero”.

"Queste sono solo tre fattispecie, su una casistica molto più ampia", precisano dal Ministero dell’Interno (una delle parti proponenti insieme al Presidente del Consiglio e i Ministri della pubblica amministrazione e semplificazione, e della giustizia). Il Prefetto Giovanna Menghini, Direttore Centrale per i Servizi demografici del Dipartimenti degli Affari Interni e Territoriali del ministero dell’Interno:

Le modifiche in sostanza “Riguardano la competenza ad autorizzare i cambiamenti del cognome che passa dal Ministro dell’interno al Prefetto e ciò al fine di unificare i procedimenti di cambiamento di nome e di cognome e di individuare nel prefetto l’unica autorità decisionale in materia. Tra l’altro, il Prefetto è competente di suo, già prima, a cambiare il nome e anche il cognome: ridicolo, vergognoso, rilevante le origini naturali e per tutta l’istruttoria dei casi che venivano poi decisi dal ministro. Quindi, il Prefetto è già un’autorità in questa materia, ha già una sua competenza, dovrà solo fare il provvedimento finale”.

Dunque nessun ampliamento di casistica in materia, eppure sono aumentate in questi giorni le richieste d'informazioni alle prefetture su come sarà la nuova normativa, che modifica il DPR del 3 novembre 2000, n. 396 e che entrerà in vigore 60 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Di china pericolosa che nasconde un “principio totalitario” e “l’illusione di poter disporre della propria identità” parla il prof. Paolo Savarese Ordinario di Filosofia del diritto all’Università di Teramo, il quale riflette sull'importanza del congnome:

R. – Il cognome è importante perché è un veicolo di identificazione basilare dell’identità personale e della consapevolezza che ha ciascuno di sé in relazione alla società oggi e alla società che è venuta prima: cioè, la storia. E’ un problema di radici, di radici forti, per personalità che sono chiamate ad essere personalità solide ed equilibrate e socialmente aperte, disponibili.

D. – Che vuol dire, allora, incidere sul cognome?

R. – La questione del cognome sottintende il grande problema filosofico-politico e filosofico-giuridico della rappresentanza, che sta alla base della democrazia, dello Stato di diritto e di ogni modo di organizzare in maniera giusta, equilibrata la società. Se noi andiamo a toccare un elemento basilare della rappresentanza – anche se il discorso sarebbe lungo: non è facile chiarirlo in due parole – noi andiamo ad alterare il modo in cui l’uomo sta di fronte alla società. Che cosa succede? Che da una parte abbiamo un individuo che pensa di potersi dare il nome da solo e di non riceverlo da altri: quindi non sarà capace di donare, di riconoscere. Dall’altro consegniamo un nudo allo Stato, e questo è un principio totalitario.

D. – Alcuni ribadiscono: ma che male c’è a poter aggiungere il cognome di una madre, oppure di poter aggiungere il cognome di un nuovo marito, dato che c’è un matrimonio nuovo, rispetto ad un matrimonio precedente, e poi magari il figlio cambierà a sua volta il cognome se questo non gli starà bene, una volta adulto, maggiorenne?

R. – Sono fattispecie diverse, e ognuna meriterebbe un commento. In alcuni di questi casi, l’aggiunta del nome del nuovo marito viola i diritti del padre e il diritto del figlio alla sua identificazione; consegna la identità personale, che appunto è veicolata anche – non solo, ma anche – dal cognome, la consegna alla scelta sempre modificabile di un’altra persona. Magari, al conflitto tra il padre e la madre che hanno divorziato.

D. – Si ribadisce che le richieste per la modifica del cognome sono in aumento. Il Consiglio dei ministri stesso ne cita 400, ribadisce questo come dato significativo…

R. – Se sono 400 domande, in media sono quattro domande a prefettura: si commenta da solo.

D. – Il fatto che adesso sia il prefetto a dover non più redigere un parere, ma a decidere su una domanda, pone dei problemi?

R. – Questa è una questione di tale delicatezza che va comunque sottoposta prima ad una riserva di legge, secondo all’autorità della magistratura. Attribuire la competenza ad un’articolazione del governo, sia pure sul territorio, significa indebolire le garanzie del cittadino e non solo del cittadino: della convivenza civile, perché cambiare i cognomi significa introdurre nella convivenza civile una quantità di problemi enormi. E’ una forma di privatizzazione del cognome: il cognome diventa una questione di mercato. Ce l’abbiamo tanto con il libero mercato: è il libero mercato delle identità e della loro identificazione.

D. – Il provvedimento fa riferimento ad una normativa già esistente, che di fatto recita: “Chiunque ne abbia interesse può fare opposizione”:

R. – La debolezza di quella formulazione è che non individua tassativamente gli aventi diritto ad opporsi: innanzitutto, il padre. Ma non solo il padre, perché vi sono anche tante situazioni di tipo commerciale e civile che vengono chiamate in causa.

D. – La persona, in questo modo, perde profondamente la propria identità?

R. – In questa maniera si da l’illusione alle donne e alle persone, più in generale, di poter disporre della propria identità; in realtà, si espone la loro identità all’arbitrio di individui e la si sottopone alla disciplina dello Stato. Siccome l’identità dell’uomo non deriva dallo Stato, questo è un principio totalitario: basta saperlo leggere. (gf)

Semplificazione e velocizzazione dunque si incontrano e scontrano anche con tematiche e realtà più complesse anche se si parla di “competenza in atto amministrativo” Francesco Belletti, presidente del Forum delle Associazioni Familiari:

R. - Questa idea della semplificazione - apparentemente burocratica - dentro le relazioni familiari, rischia di buttare via anche valori importanti come la storia familiare. In alcuni casi ci vorrebbe più custodia degli aspetti relazionali, della qualità dell'ambito familiare, che qui sembrano trattati semplicemente come delle sovrastrutture burocratiche e formali. Insomma: il cognome, l’appartenenza ad una identità familiare, è un aspetto molto importante, ma sembra in un certo senso che non conti più niente.

D. - In queste righe del Consiglio dei Ministri presentate come semplificazione c'è chi intravede un altro cuneo che va a destrutturare la famiglia...

R. – Sì. Alcune operazioni apparentemente leggere - tra l’altro riguardano platee che dovrebbero essere abbastanza limitate nel tempo, come la questione del cambio del cognome - sono sempre state così. Sono risultate marginali proprio perché l’idea era: il cognome fa parte di un’identità sociale, un modo di essere cittadini del Paese. Dire che i cognomi in fondo appartengono a quella scelta di orientamento, di variabilità che ogni persona va a scegliere – uno, due, tre cognomi – dà l’idea di un indebolimento del valore-famiglia.

D. – Divorzi, separazioni, famiglie ricombinate: comunque lo specchio della famiglia è diverso rispetto a qualche anno fa ...

R. – Le situazioni che possono essere intercettate da queste clausole sono probabilmente più presenti oggi di quanto non fossero trent’anni fa. Resta che molto spesso interventi apparentemente o esclusivamente tecnici hanno un impatto negativo sulla promozione della famiglia, che ci preoccupano molto.

Da più parti di sottolinea che questo provvedimento infondo rilancia un’idea di "famiglia sociale" e dimentica l’origine della persona e della sua identità. Giuseppe Dalla Torre, presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano e Rettore della Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma:

R. - Non c’è dubbio che questa estrema liberalizzazione costituisca un attentato alla nozione di famiglia. La nozione di famiglia è la nozione che fa riferimento ad un gruppo sociale organizzato, all’interno del quale c’è la trasmissione della vita, e che porta i segni della continuità. E’ evidente che in questo modo, noi diamo un colpo a questa realtà, inquinando e, al limite, lasciando cadere ogni traccia nel giro di una o due generazioni con il rapporto generazionale.







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