Giornata Internazionale della Donna 2012: L’istruzione è l’unica via verso la parità
tra uomo e donna
Questo 8 marzo 2012 abbiamo festeggiato la 35ma edizione della Giornata Internazionale
dei diritti delle Donne, lanciata per la prima volta dalle Nazioni Unite l’8 marzo
1977, proprio allo scopo di combattere il maschilismo nel mondo. Il tema ufficiale
di quest’anno «Dare maggiore potere alle donne rurali – il loro ruolo nella lotta
alla povertà e alla fame, lo sviluppo e le sfide attuali» mette in luce una categoria
doppiamente vulnerabile, le donne delle campagne, che vivono in un ambiente sociale
particolare dominato, soprattutto in Africa, dagli usi e costumi tradizionali.
Sebbene
continui ad essere condizionata, in parte, dai costumi e dalla tradizione locali,
la donna africana sta liberandosi progressivamente da tutta una serie di stereotipi
che la hanno caratterizzata a lungo. Cerca di mettere a profitto della fanmiglia e
della società le mansioni che tradizionalmente le competono in quanto madre nutrice,
protettrice della vita e guardiana della tradizione. Essa assicura ugualmente la trasmissione
dei valori ancestrali e gode, grazie a questo, di molto rispetto. Tuttavia, a causa
della sua specificità biologica e antropologica, per molto tempo la donna è stata
considerata come una persona bisognosa della protezione dell’uomo e per questo messa
sotto la sua tutela per tutta la durata della vita. In varie culture africane la donna
è obbligata ad obbedire ai propri genitori, al marito e, in caso di perdita del consorte,
la responsabilità passa al fratello dello sposo defunto o, a volte, al proprio figlio
maschio. Non consultata - spesse volte - neanche per le decisioni che la riguardano
direttamente, nel tempo la figura femminile ha subito una certa marginalizzazione
all’interno delle società. Tra i principali elementi che riducono la partecipazione
delle donne alla vita pubblica troviamo ancora oggi il tasso elevato di analfabetismo,
la debole integrazione nelle attività socio-economiche e l’influenza delle tradizioni.
Se
è vero che nelle grandi città le donne, un tempo totalmente assenti dalle attività
remuneratrici, stanno a poco a poco integrandosi con grande successo - come ricordato
in occasione dell’assegnazione del Premio Nobel per la Pace 2011 - e in determinati
contesti domestici provvedono ai bisogni economici della famiglia, prendendo addirittura
in carico il proprio marito e assumendo, pertanto, quel ruolo che tradizionalmente
competeva all’uomo, tuttavia la condizione della donna continua ad essere complessa
nei contesti rurali africani, dove resta difficile l’accesso all’educazione, alle
cure mediche e all’acqua, al sistema di finanziamento e alle tecnologie della comunicazione. Come
ha detto mons. Francis Chullikatt, Osservatore Permanente della Santa Sede alle Nazioni
Unite, spesso nel mondo rurale le donne lavorano in condizioni insostenibili, costrette
ad affrontare lunghe ore di lavoro, a confrontarsi con un precario sistema sanitario,
con un’alimentazione di bassa qualità, con la discriminazione e con differenti forme
di violenza. Il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki Moon ha lanciato un invito
ad investire nelle donne rurali, eliminare le discriminazioni di cui esse sono vittime
dal punto di vista normativo e nella prassi quotidiana, vegliare affinché le politiche
garantiscano loro pari opportunità di accesso alle risorse, infine accordare loro
un ruolo specifico nell’assunzione delle decisioni. Nel suo messaggio, letto da
Dianne Willman, mons. Chullikat sottolinea che la grande sfida associata alla promozione
delle donne nelle campagne è dare loro la possibilità di parlare della propria condizione
e di ciò che intendono fare per il proprio sviluppo.
Le donne restano spesso
nell’ombra in quanto la maggior parte di esse non sa né leggere né scrivere ed è costretta
a impiegare il tempo smaltendo faticose attività nei campi, con rudimentali strumenti
di lavoro. Molte di esse non conoscono i propri diritti e cosa possono pretendere
dai governanti, vivono in condizioni sanitarie precarie, la qual cosa determina, tra
l’altro, un alto tasso di mortalità nei loro giovani figli. Non essendo scolarizzate,
spesso non comprendono l’importanza dell’istruzione e tendono esse stesse a trasmettere
il medesimo schema per le proprie figlie. I matrimoni precoci sono frequenti e la
tenera età delle madri aumenta di molto i casi di mortalità durante il parto ed altre
complicazioni legate alla gravidanza.
Non si può certo parlare di parità tra
uomo e donna, dunque, senza che avvenga un cambiamento profondo di mentalità. La
tradizione africana, malgrado tutti i suoi limiti, resta un elemento di coesione importante
soprattutto nelle campagne. Le sue leggi non scritte hanno spesso un impatto maggiore
sul destino delle popolazioni. Il cristianesimo proclama pari dignità per tutte
le persone umane, siano essi uomini o donne. La famiglia è un luogo di amore e corresponsabilità,
di educazione delle generazioni future, di complementarità dei doni che ciascun membro
condivide, per il bene comune. Così, i valori cristiani locali possono servire
da supporto per l’espressione di determinate tradizioni africane, da un lato, ma anche
apportare elementi di innovazione che facilitino uno sviluppo e un progresso sociale
basato proprio sulla dignità di ciascuna persona umana. Per quanto concerne la
donna rurale, il primo passo da compiere per farla uscire dalla spirale di vulnerabilità
sociale che ancora oggi la caratterizza è metterla in grado di ricevere un’istruzione.
Darle la possibilità di ricevere una formazione adeguata equivale a favorire l’adozione
di nuovi comportamenti nei suoi confronti e verso l’ambiente sociale che la circonta.
I benefici di questi cambiamenti ricadranno, naturalmente, sull’insieme della comunità. L’impegno
sociale delle Donne potrà così contribuire a quello sviluppo collettivo già identificato
da Papa Paolo VI quale «Nuovo nome della Pace».
A cura di Marie
José Buabualo Muando, del programma francese per l’Africa.