Consiglio Mondiale delle Chiese: violazioni dei diritti umani in Papua
Il Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc) denuncia le continue violazioni ai diritti
umani nella Papua indonesiana - la “Nuova Guinea Olandese” ai tempi del colonialismo
- e chiede a Jakarta di prendere le “misure necessarie” per smilitarizzare l'area,
liberare i detenuti politici e rimuovere il bando alle assemblee pacifiche. Lo rende
noto l'agenzia AsiaNews che riassume il contenuto del documento diffuso dal movimento
per il dialogo interreligioso Interfidei (con base a Yogyakarta). I leader
di Wcc raccolgono le proteste dei papuani “per il sottosviluppo” di una regione pur
ricca di materie prime e risorse naturali, unito alla mancanza di strutture sanitarie,
educazione di base e degrado ambientale. “I papuani – si legge nel documento - sono
molto preoccupati per la mancanza di opportunità di lavoro a favore delle popolazioni
indigene”. Un recente progetto promosso da Jakarta incentiva la migrazione verso Papua,
in particolare dalle province di Java e Sulawesi. L'iniziativa ha favorito la nascita
di nuove attività economiche, a discapito della perdita di porzioni sempre maggiori
di territorio per i nativi e la progressiva erosione della loro identità culturale.
Essi diventano sempre più “emarginati nella loro stessa terra” e ancora oggi, secondo
organizzazioni per i diritti umani, sono vittime di torture, maltrattamenti e arresti
arbitrari da parte delle autorità indonesiane. Nel 2001 le autorità di Jakarta hanno
concesso ai locali per legge una “autonomia speciale” per la provincia; tuttavia,
una sua applicazione pratica non si è mai concretizzata e le popolazioni indigene
continuano a denunciare “trattamenti ingiusti”. Ora, il Consiglio Mondiale delle Chiese
(Wcc) ha raccolto le rimostranze e, insieme con esponenti della società civile, chiede
la cancellazione della norma e la concessione di un vero e proprio “diritto all'auto-determinazione”.
Il documento pubblicato da Wcc richiama anche alla memoria la brutale repressione
di un'assemblea pacifica nell'ottobre dello scorso anno e invoca misure urgenti perché
vengano ripristinati il diritto e la giustizia, al fine di ottenere “una soluzione
pacifica”. Ai tempi del colonialismo, Papua era sotto l'influenza olandese ma non
è mai stata “occupata” a livello politico. La provincia orientale dell'Arcipelago
indonesiano, un tempo nota come Irian Jaya, è ricca di risorse naturali ed è stata
teatro di una violenta campagna militare ai tempi di Sukarno, che ha determinato l'annessione
nel 1969 sfruttando una direttiva temporanea delle Nazioni Unite. Sukarno è stato
il primo Presidente dell’Indonesia. Fu presidente dal 1945 al 1967, assistendo in
quel ruolo all'alterno successo nella turbolenta transizione all'indipendenza dai
Paesi Bassi. Sukarno fu costretto ad abbandonare il potere da uno dei suoi generali,
Suharto, cui venne concesso il titolo formale di presidente nel marzo 1967. Il pugno
di ferro usato dal regime di Suharto fra il 1967 e il 1998 e la massiccia invasione
di multinazionali straniere e compagnie indonesiane hanno favorito la nascita di un
movimento separatista. L'attuale denominazione di Papua è stata sancita nel 2002 dall'ex
presidente Abdurrahman Wahid. (F.S.)