Banco informatico: tecnologia per il no-profit e le parrocchie
Recuperare i computer dismessi dalle amministrazioni pubbliche per donarli alle Ong
e alle parrocchie. Questo l’obiettivo della Onlus Banco informatico, tecnologico e
biomedico che si occupa anche di raccogliere materiale tecnologico ospedaliero da
destinare a progetti nel Sud del mondo e nell’est europeo. Eugenio Bonanata ne
ha parlato con Bruno Calchera, direttore generale della struttura:
R. – In Occidente,
c’è un ritmo incalzante per l’innovazione tecnologica e spesse volte i prodotti che
vengono dismessi sono ancora buoni. Noi cerchiamo allora di dare una seconda vita
a tanta tecnologia, che può funzionare in altre realtà che non hanno bisogno di una
tecnologia molto forte, molto sviluppata. Questa soluzione va bene per i computer
e va bene anche per i prodotti biomedici, i prodotti cioè che vengono dismessi dagli
ospedali. Noi li rigeneriamo e li mandiamo alle ong dei Paesi piùpoveri o, ad esempio,
nell’Europa dell’est, dove c’è una fame importante di tecnologia.
D. – Come
funziona il sistema? Cosa può fare per esempio una parrocchia per poter usufruire
dei vostri servizi?
R. – Per poter accedere al servizio, soprattutto informatico,
basta accreditarsi. Noi abbiamo bisogno che chi desidera accedere al Banco vada sul
sito e dichiari che tipo di status giuridico abbia, perché non possiamo donare le
nostre attrezzature ai privati e alle aziende ma possiamo darle solo a coloro che
hanno una situazione particolare: il terzo settore, il mondo del no-profit, le parrocchie…
Questa è una situazione giustamente privilegiata per coloro che fanno un servizio
sociale importante.
D. – E’ una donazione, quindi, a carattere gratuito?
R.
– Sì è gratuito, anche se noi chiediamo un piccolo rimborso per poter vivere, altrimenti
non possiamo pagarci le attrezzature e le tecnologie necessarie a riallestire i computer.
Sostanzialmente, se uno fa un’offerta intorno ai 40-50 euro la cifra per noi fa la
differenza e in questa cifra ci sta dentro tutto, compreso il video lcd. E’ un “contributo
di bandiera”: meno di questo c’è solo la gratuità, ma dovremmo avere i soldi dallo
Stato, cosa che non avviene.
D. – Avete tante richieste annualmente, mensilmente?
R.
– Diciamo che dipende un po’ dalla comunicazione. Ci accorgiamo che non tutti sanno
dell’esistenza del Banco. Se la comunicazione viene meno molti non sanno neanche che
esistiamo.
D. – In definitiva, qual è il messaggio alle associazioni e alle
parrocchie?
R. – Il messaggio è questo: prima di fare investimenti tecnologici
che costano, date un’occhiata a quello che offre il Banco e sappiate che quello che
offre il Banco sono cose di cui ci si può fidare. Se uno deve fare degli acquisti,
acquisti solo strumenti veramente indispensabili. Molto meglio risparmiare sulla tecnologia
e spendere i soldi per la “mission” ddell'ong e della parrocchia. Per esempio, venendo
al Banco, costruire un’aula informatica nella parrocchia è molto semplice ed molto
meglio spendere i soldi per i formatori che non per la tecnologia. (bf)