Orrore in Siria: massacro a Homs, trovati 47 cadaveri, in gran parte donne e bambini
Il consiglio di sicurezza dell’Onu cerca un accordo sulla Siria. Ma il ministro degli
Esteri russo Lavrov afferma che non accetterà manipolazioni. E la Cina aggiunge: ci
opporremo a qualsiasi interferenza negli affari interni in nome dell'umanitarismo''.
La situazione è dunque ingarbugliata. Il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon
risponde che il governo siriano continua il suo ''assalto militare'' in diverse citta'
del Paese e a fare un “uso sproporzionato della forza” con ''operazioni vergognose'',
afferma il numero uno delle Nazioni Unite, esortando Damasco ad aderire ''entro ''pochi
giorni'' alle proposte dell'Onu e della Lega Araba. L’inviato nella regione Kofi Annan
denuncia come sia necessario mandare un messaggio chiaro, situazione e' inaccettabile''.
Di cinismo da parte del presidente siriano Assad, parla il segretario di Stato Usa
Hillary Clinton, che denuncia come in tutta la Siria ancora oggi siano continuati
i “massacri”. Dalla citta di Homs centinaia di famiglie sono fuggite da Homs dopo
la notizia del ritrovamento di una cinquantina di cadaveri di donne e bambini in due
quartieri.
Sui corpi i segni di violenze di ogni genere. Accuse reciproche
tra Damasco e gli insorti. Su questo macabro ritrovamento, Salvatore Sabatino
ha sentito Camille Eid, esperto del mondo arabo:
R. - Questo
è l’ennesimo segnale che si tratta veramente di un genocidio, di cui il prezzo più
alto lo pagano i civili. Chiaramente il governo e i ribelli-oppositori si rimbalzano
le responsabilità di questo massacro, ma alla fine questo dimostra che l’opzione politica
- la discussione pacifica del conflitto - si sta sempre più allontanando.
D.
– Tra l’altro, alcuni minori sarebbero stati uccisi a colpi d'arma da fuoco, altri
sgozzati, le donne sarebbero state addirittura stuprate prima di essere uccise. Si
ha l’impressione che non c’è più limite alla violenza ...
R. – Effettivamente
è così. Questo serve a ricreare la paura nell’animo di chi decide di rimanere. Molti
abitanti, infatti, a seguito della diffusione di questa notizia orrenda, hanno abbandonato
la città di Homs per rifugiarsi altrove.
D. – Homs, che è una città martoriata,
subisce il peso della repressione da parte del regime e non è la prima volta che questo
accade ...
R. – Non è la prima volta e non sarà purtroppo l’ultima; adesso
vediamo una incentivazione dei contatti diplomatici in atto. Tutto questo indaffararsi
non ha ancora trovato uno sbocco naturale. Vediamo muoversi il ministro degli Esteri
cinese, la Russia, il Qatar, l’Arabia Saudita, la Francia, ma alla fine stiamo ancora
girando attorno al problema.
D. – Kofi Annan è stato chiaro quando ha detto:
“Sarà difficile raggiungere un accordo per arginare il bagno di sangue”. Perché questa
impotenza della comunità internazionale? Ci sono grossi interessi sotto?
R.
– Ci sono grossi interessi ed il seme della discordia è sull’intervento militare o
meno. Molti Paesi quindi sono interdetti dall’intervenire, come invece accadde per
la Libia, a favore della popolazione. Altri – come l’Arabia Saudita ed il Qatar –
propongono di armare i ribelli almeno per fornire loro il mezzo per contrastare questa
repressione. Chiaramente, però, fornire armi vuole dire anche assistere al verificarsi
di soprusi sul terreno contro chi si dichiara leale al regime di Assad.
D.
– Da settimane testimoni riferiscono di scene raccapriccianti in molte città dove
ci sono i ribelli. Perché non si riesce ad accettare la definizione di guerra civile?
R.
– Ormai è accettata, ma c’è un rifiuto ideologico. Il regime chiaramente non ammette
la presenza di oppositori, raramente l’ha fatto il presidente Assad, parlando di oppositori
sul terreno. Lui parla di bande criminali, di assassini, di mercenari che arrivano
dall’estero per massacrare la popolazione. Chiaramente, l’accettazione di un termine
“civile” indica che ci sono due parti e che queste due parti devono per forza raggiungere
un compromesso politico. Quando invece manca anche il riconoscimento dell’avversario-rivale,
allora vuol dire che siamo ancora ben lontani da quella che sarà la soluzione. (cp)