Ragazzi israeliani e palestinesi insieme per la pace: l'esperienza di Rondine
Una delegazione dell'Associazione Rondine, Cittadella della Pace, guidata dal presidente
Franco Vaccari, è giunta nei giorni scorsi a Roma per celebrare il quindicesimo compleanno
dell'organizzazione e lanciare un nuovo progetto, 'Sponda Sud', dedicato ai giovani
protagonisti della Primavera araba. Nell'occasione i rappresentanti di Rondine, uno
studentato internazionale in provincia di Arezzo che riunisce giovani provenienti
da zone di conflitto, hanno partecipato all'udienza generale di mercoledì scorso.
Fabio Colagrande ha intervistato due studenti dell'associazione: la palestinese
Kameliah e l’israeliano Guy, chiedendo loro quali frutti hanno ottenuto
dall'esperienza compiuta a Rondine.
D. - Kameliah,
cos’è “Rondine”?
R. - “Rondine” non è solo una scuola di pace: per me è stata
una scuola di vita, perché qui ho vissuto non solo con Guy ma anche con altre ragazze
e ragazzi di altre culture. Paradossalmente, posso dire che ho litigato più con altri
studenti che con Guy, che è israeliano. Ho scoperto che noi palestinesi ed israeliani,
possiamo vivere insieme, è una cosa possibile. Quando invece ero a casa mia, in Palestina,
non pensavo mai alla possibilità di poter vivere con un israeliano. Del conflitto
tra di noi parliamo tranquillamente, non dico che non ne parliamo, anzi…
D.
- Discutete anche …
R. - Sì. E discutiamo anche molto.
D. - Ma con una
prospettiva forse diversa da quella che avevi quando ti trovavi in Palestina …
R.
- Sì, certo. Prima di venire qui pensavo che avrei litigato molto con Guy, Helad e
gli altri studenti israeliani. Nella mia testa c’era proprio il conflitto, pensavo
che loro non fossero esseri umani, ed invece no. Quando mi sono trovata a confrontarmi
con loro ho visto che, come me, non sono favorevoli a quello che sta succedendo in
Terra Santa, non lo approvano.
D. - Guy, qual è la tua opinione su quello che
ha appena detto la tua collega?
R. - Sono d’accordo con lei, dato che abbiamo
condiviso, insieme, un processo molto lungo e molto intenso, un’esperienza che mi
sembra difficile spiegare a parole perché forse, ancora, non l’ho capita appieno nemmeno
io. Credo che passerà qualche decennio prima che io riesca a comprendere il peso che
avrà quest’esperienza sulla mia vita e sul mio futuro. Mi sento comunque molto fortunato
per aver avuto la possibilità di vivere quest’esperienza, di vivere a “Rondine” in
questo microcosmo fatto di tanti popoli, di tante religioni e di tante culture. Mi
ha insegnato soprattutto a conoscere meglio me stesso.
D. - Credi che il conflitto
israelo-palestinese, se fosse affrontato nella prospettiva con cui lo state affrontando
voi, come amici, colleghi e studenti a “Rondine”, potrebbe avviarsi verso una diversa
soluzione?
R. - Sicuramente. La cosa che ho capito a “Rondine” è che i politici
sbagliano. I nostri politici cercano di separare le persone, di costruire muri e Stati.
Cercano l’indipendenza invece di cercare l’inter-dipendenza e la cooperazione. Invece
di separare le persone, bisognerebbe farle convivere insieme e cercare di farle star
bene insieme. E’ questa la chiave per la pace nel Medio Oriente e, secondo me, anche
in tutti gli altri Paesi.