Ostaggi uccisi in Nigeria. L'arcivescovo di Abuja: l'incertezza regna nel Paese
E’ arrivata in Italia la salma dell’ingegnere Franco Lamolinara, ucciso giovedì scorso
in Nigeria insieme al britannico Chris MacManus. La camera ardente sarà allestita
a Gattinara, in provincia di Vercelli. Lunedì i funerali celebrati dal vescovo di
Vercelli, monsignor Massironi. Continuano gli interrogatori degli otto arrestati,
uno di loro avrebbe confermato che nel caso di irruzione delle forze dell’ordine l’ordine
era di uccidere i due ostaggi. Dichiarazioni avvalorata dai primi risultati dell’autopsia.
I due uomini sarebbero stati uccisi a sangue freddo in un bagno. Su Lamolinara sono
stati riscontrati quattro colpi, quello mortale alla testa sparato a distanza ravvicinata.
Continua
intanto il gelo tra Roma e Londra che avrebbe informato l’Italia soltanto a blitz
avviato. Il ministro degli esteri italiano Terzi avrebbe avuto piena assicurazione
dal collega inglese Hague sul fatto che verrà presto fornita una spiegazione dettagliata
sull’accaduto. Terzi ha poi liquidato le polemiche dicendo di non voler accettare
diatribe o illazioni interne sulla pelle degli italiani a rischio. Alle famiglie delle
vittime si rivolge mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja. L’intervista
è di Benedetta Capelli:
R. – Il primo
pensiero lo rivolgo ai familiari delle persone uccise: le mie condoglianze, le mie
preghiere sincere e profonde per l’anima delle persone defunte e il conforto di Dio
per i familiari che sono rimasti senza i loro cari. Per quanto riguarda l’accaduto,
noi non abbiamo capito esattamente cosa è accaduto, come abbiano fatto … Spero che
poco a poco si chiariranno le cose. Per quanto riguarda la Nigeria, non abbiamo grandi
spiegazioni; non ci sono nemmeno tante spiegazioni per quanto riguarda il tipo di
collegamento tra il governo nigeriano e quello britannico. Sappiamo soltanto che l’operazione
è stata compiuta congiuntamente con le nostre forze dell’ordine. Fino a questo punto,
va bene. Ma se arriviamo al punto che Paesi stranieri si prendono la libertà di venire
nel nostro Paese, anche se per venire a liberare i loro connazionali, il discorso
cambia profondamente.
D. – Boko Haram ha negato il suo coinvolgimento per quanto
riguarda il rapimento. C’è da crederlo?
R. – Boko Haram ormai è diventato un
nome generico per tante cose. Per ogni esplosione, ogni rapimento, ogni rapina si
dice: Boko Haram, Boko Haram! Questo significa che chiunque commetta qualsiasi cosa,
si dirà che è stato Boko Haram. In questo caso specifico, sembra si tratti di un gruppo
completamente diverso da Boko Haram, anche se potrebbe avere la stessa area ideologico-religiosa.
Non dobbiamo dimenticare che la zona di Birnin Kebbi, dove è avvenuto il rapimento,
è alla frontiera con il Niger. Il Niger è un Paese vicino al Maghreb, e al Qaeda del
Maghreb certamente può avere persone che agiscono in quella zona. Sappiamo per esempio
che c’è lo stesso problema in Mali, al confine con il Niger: dopo tutta la confusione
causata dalla caduta di Gheddafi, il problema della sicurezza per il nostro Paese
non è stato ancora chiarito. Si sa che un grande quantitativo di armi di ogni tipo
è sparito dalla Libia: chissà quante di queste armi finiscono nelle mani di questa
gente!
D. – La zona dove è accaduto questo blitz – Sokoto – è una zona pacifica,
in realtà …
R. – Finora, la zona di Birnin Kebbi è stata molto pacifica: non
è stata una zona operativa di Boko Haram. Boko Haram opera principalmente nel Nord
Est della Nigeria, mentre qui siamo nel Nord Ovest. E’ possibile che elementi di Boko
Haram possano arrivare a Sokoto, ma mi sembra che l’ambiente non sia “accogliente”
nei loro riguardi, a differenza del Nord Est. Tutto questo vuol dire che il nostro
Paese è in pericolo in diverse zone delle nostre frontiere …
D. – Qual è il
suo auspicio di fronte a questa situazione di generale incertezza, e cosa fa la Chiesa
in questo contesto?
R. – L’incertezza è generale, e questo è vero, perché non
si sa dove avverrà il prossimo colpo: non si sa. Questo vuol dire che tutti noi, tutto
il Paese rimane in questa situazione di incertezza. Ma questo non vuol dire che tutto
il Paese bruci. E poi, non dobbiamo dimenticare che oggi si parla di un inglese e
di un italiano, ma ogni giorno, da oltre un anno, centinaia e centinaia, anche migliaia
di nigeriani sono stati uccisi da questa gente! Cerchiamo a modo nostro in ogni modo,
non soltanto da un punto di vista della sicurezza, del controllo delle armi e della
polizia, ma anche tramite l’aspetto politico e religioso di iniziare un dialogo che
porti a risolvere questo modo di agire, che è totalmente contrario al modo di pensare
dei nigeriani. (gf)