"Fukushima": il libro di Alessandro Farruggia racconta il disastro nucleare
Cosa accadde realmente l'11 marzo 2011, in Giappone, quando un terremoto del nono
grado e un terribile tsunami arrivarono a danneggiare la centrale nucleare di Fukushima?
A dare un contributo di chiarezza è il libro “Fukushima”, scritto dal giornalista
Alessandro Farruggia. Marina Tomarro gli ha chiesto come si sia potuta
verificare la rottura di alcuni reattori, con la conseguente fuoriuscita di materiale
radioattivo:
R. – E’ potuto
accadere perché la Tepco, la società che gestiva la centrale, ha commesso una serie
di errori molto gravi – mancanze progettuali, scarsa manutenzione – gravi errori nella
disposizione degli impianti di emergenza. Sostanzialmente, quando è avvenuto il terremoto,
undici centrali in Giappone sono andate in arresto di emergenza e soltanto in una
si è verificato quello che si è verificato. Questo perché a Fukushima c’era una situazione
ad alto rischio e non c’erano protezioni nel mare:la centrale era stata volutamente
costruita a soltanto dieci metri di altezza dal livello dell’oceano, per risparmiare
sui costi di pompaggio dell’acqua. Era una condizione nella quale, di fronte ad un
terremoto molto forte e a uno tsunami, la centrale era veramente a rischio e purtroppo
questo è accaduto.
D. – Quanta radioattività è fuoriuscita?
R. – Le
ultime stime valutano un rilascio di cesio attorno al 40% della quantità che venne
rilasciata a Chernobyl. Quindi, si tratta di quantità molto ampie. Fortunatamente,
la maggior parte di questa radioattività è stata dispersa nell’Oceano e non sul Giappone.
Abbiamo una fascia di circa una sessantina di chilometri che si estende verso nord,
dove purtroppo nell’imminenza dell’incidente ci sono state delle piogge, delle nevicate,
e queste zone saranno inabitabili per presumibilmente 20, 30, 40 anni. Nel resto del
Giappone, c’è una presenza di radioattività più alta rispetto ai livelli normali,
che determina conseguenze sulla produzione del cibo, quindi obbliga ad un monitoraggio
attento e a blocchi della produzione, laddove la radioattività sia più alta del livello
accettabile.
D. – Ma qual è la situazione attuale?
R. – I reattori sono
tutti quanti in "cold shutdown", cioè in spegnimento a freddo, con temperature sotto
i cento gradi e ovviamente una grande quantità di radioattività. Sotto la centrale
ci sono ancora grandi quantità di acqua contaminata, che lentamente viene fatta filtrare
da sistemi di purificazione, e, ovviamente, all’esterno della centrale, nel tratto
di mare prospiciente c’è una notevole contaminazione di sedimenti che, adesso, si
pensa di mettere sotto controllo, spandendo sul fondale marino una resina o del cemento
– ancora non si è chiarito: si pensa cioè di cementificare il fondo marino per mantenere
la contaminazione lì dove si trova. (ap)