Dialogo ecumenico con pazienza, magnanimità e perdono reciproco: così il Papa ai Vespri
con Rowan Williams
“Scegliere Dio vuol dire coltivare pazientemente, accettando i suoi tempi, il dialogo
ecumenico e interreligioso, sempre tenendo fede al carisma originario”. Così il Papa
durante i Vespri nella Basilica dei Santi Andrea e Gregorio al Celio, con la partecipazione
dell’arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana, Rowan Williams.
Una celebrazione, che si inserisce nei festeggiamenti per il millennio di fondazione
dell’Eremo di Camaldoli. Il servizio di Cecilia Seppia.
E’ il Monastero
di San Gregorio al Celio ad ospitare la preghiera dei Vespri in un rinnovato abbraccio
ecumenico tra la Chiesa di Roma e la Comunione anglicana. Ai Monaci camaldolesi, ripercorrendo
i brani di San Paolo, il Papa rivolge alcune esortazioni: quella di aprirsi alla grazia,
“di approfittare del momento opportuno” e di accogliere nella propria vita Gesù stesso,
la sua Persona, la sua Parola e il suo Spirito. E quella di sforzarsi per essere fedele
a Dio ogni giorno nel proprio ministero “perché esso sia efficace e non risulti invece
ostacolo per la fede”.
“Queste parole ci fanno pensare a san Gregorio Magno,
alla testimonianza luminosa che diede al popolo di Roma e alla Chiesa intera con un
servizio irreprensibile e pieno di zelo per il Vangelo. Veramente si può applicare
anche a Gregorio ciò che Paolo scrisse di sé: la grazia di Dio in lui non è stata
vana (cfr 1 Cor 15,10). E’ questo, in realtà, il segreto per la vita di ciascuno di
noi: accogliere la grazia di Dio e acconsentire con tutto il cuore e con tutte le
forze alla sua azione. E’ questo il segreto anche della vera gioia, e della pace profonda”.
Ancora
il Papa insiste sulle parole che l’Apostolo rivolge ai Colossesi per formarli secondo
il Vangelo, perchè agiscano nel nome del Signore in qualunque cosa facciano, “e perchè
vivano secondo la misura alta della vita cristiana che è la santità”.
“Anche
qui alla base di tutto c’è la grazia di Dio, c’è il dono della chiamata, il mistero
dell’incontro con Gesù vivo. Ma questa grazia domanda la risposta dei battezzati:
richiede l’impegno di rivestirsi dei sentimenti di Cristo: tenerezza, bontà, umiltà,
mansuetudine, magnanimità, perdono reciproco, e sopra tutto, come sintesi e coronamento,
l’agape, l’amore che Dio ci ha donato mediante Gesù e che lo Spirito Santo ha effuso
nei nostri cuori. E per rivestirsi di Cristo è necessario che la sua Parola abiti
tra noi e in noi con tutta la sua ricchezza, e in abbondanza”.
“La Congregazione
dei Monaci Camaldolesi – dice Benedetto XVI – ha potuto percorrere mille anni di storia
nutrendosi quotidianamente della Parola di Dio nell’Eucarestia”, come aveva fatto
il loro fondatore San Romualdo, secondo il “triplex bonum”, della solitudine, della
vita in comune e dell’evangelizzazione. Da qui il Papa prende spunto per ricordare
alcune personalità di spicco, zelanti Pastori della Chiesa che hanno saputo mostrare
gli orizzonti e la grande fecondità della tradizione camaldolese. Ricorda le foresterie,
importanti luoghi di accoglienza, il “Codice di Camaldoli”, una delle fonti più significative
per la costituzione della Repubblica Italiana, gli anni propizi del Concilio Vaticano
II, per la nascita di nuovi insediamenti della Congregazione negli Stati Uniti, in
India, Tanzania e Brasile. Ancora riprendendo le parole di Giovanni Paolo II, il Papa
invita i monaci a scegliere sempre Dio nella vita eremitica come nella preghiera comune
e ad accogliere sempre i fratelli, secondo il motto dei Camaldolesi “Ego Vobis, Vos
Mihi”, sintesi della formula di alleanza tra Dio e il suo Popolo.
“Il mio
Beato Predecessore sottolineò inoltre che 'scegliere Dio vuol dire anche coltivare
umilmente e pazientemente – accettando, appunto, i tempi di Dio – il dialogo
ecumenico e il dialogo interreligioso', sempre a partire dalla fedeltà alcarisma
originario ricevuto da san Romualdo e trasmesso attraverso una millenaria e
pluriforme tradizione”.
L’esortazione finale che il Pontefice rivolge ai
presenti, è di condividere la gioia del cristianesimo, ma anche l’impegno di pregare
costantemente e di operare insieme cattolici e anglicani per raggiungere la piena
unità.
Prima del discorso del Papa anche le parole dell’arcivescovo di Canterbury
Rowan Williams che passa in rassegna le virtù di San Gregorio e il cuore della
sua visione monastica: “l’essere immersi nella vita sacramentale del Corpo di Cristo”
per poi riuscire a riconoscersi e ad amarsi davvero gli uni gli altri:
The
Church is called upon to show that same prophetic spirit ... "La Chiesa
è chiamata a mostrare quel medesimo spirito profetico che è riconosciuto a San Gregorio,
la capacità di vedere dove si trova il bisogno autentico e di rispondere alla chiamata
di Dio che si manifesta nella persona del bisognoso. Per fare ciò, ci è richiesto
un habitus di discernimento, la capacità di penetrare al di là dei pregiudizi e degli
stereotipi che colpiscono anche i credenti, in una cultura che è così precipitosa
e superficiale in tanti dei suoi giudizi. E all’habitus del discernimento appartiene
l’habitus di riconoscerci gli uni gli altri come agenti della grazia, della compassione
e della redenzione di Cristo”.