Congedi per i neopapà. Una "svolta culturale" secondo il Forum delle Famiglie
Obbligo di congedo per i papà lavoratori per almeno 3 giorni di seguito nei primi
5 mesi di vita del figlio. E’ quanto si legge in una nuova proposta di legge che la
prossima settimana sarà allo studio della commissione lavoro alla Camera. Il testo
prevede anche la possibilità per il padre di concordare con il datore di lavoro un
congedo più lungo, ma “part time". In occasione dell’8 marzo il presidente Napolitano
aveva auspicato un ricorso ai congedi parentali per entrambi i genitori al fine di
aiutare la donna a conciliare meglio lavoro e famiglia. Soddisfazione dal Forum delle
Famiglie. Il presidente Francesco Belletti parla di “svolta culturale”. Paolo
Ondarza lo ha intervistato:
R. – E’ molto
importante che, finalmente, questo tema della conciliazione entri nell’agenda del
Paese. E’ un bene perché c’è una responsabilità sia del padre e sia della madre nella
cura dei piccoli. In Italia ci sono già delle buone leggi sui congedi parentali, ma
quando un padre chiede di poter stare a casa per curare il figlio, si sente rispondere:
“No, non hai tua moglie che può farlo?”. Forse non introdurrei il congedo come un
"obbligo", lascerei maggiore libertà, anche se, forse, l'obbligo è l’unica garanzia
per far sì che i datori di lavoro non si mettano di traverso.
D. – Infatti
è difficile abbattere resistenze culturali...
R. – Credo che, più in generale,
sia scandalosa la situazione del nostro Paese: la presenza di carichi familiari, da
noi, è vissuta con sospetto o magari con fastidio dai contesti aziendali. In tanti
altri Paesi europei, la flessibilità che protegge la famiglia è operativa: parlo di
Paesi in cui magari le famiglie sono più fragili, ma al contempo ci sono molto part-time
e molti sostegni per i figli. Nel nostro Paese si parla tanto di famiglia, ma quando
un lavoratore o una lavoratrice chiedono di poter stare a casa per poter curare i
propri figli piccoli, o magari per assistere i propri genitori anziani, in questo
caso il mondo del lavoro ti butta fuori.
D. – Il congedo per i papà rappresenta
quindi un incentivo a far figli – anche se di fatto prevede un obbligo di soli tre
giorni– ma è anche un modo per sottolineare come l’apporto dei padri sia fondamentale,
dopo la nascita di un figlio...
R. – Sì. Questa è una delle grandi battaglie
del Forum. Dire, cioè, che la conciliazione famiglia-lavoro non è una questione prettamente
femminile ma è una questione di famiglia. Credo che anche per gli uomini non sia il
massimo dover vivere l’esperienza lavorativa con 10-12 ore di lavoro al giorno e senza
poter recuperare tempo per le relazioni familiari e per la vita domestica. Diciamo,
quindi, che l’iniziativa dei tre giorni ha un valore poco più che simbolico.
D.
– Le ricadute economiche per le aziende quali saranno, ci andranno a perdere?
R.
– Credo di no. Ci andranno a perdere i modelli organizzativi, e quindi dovranno inventarsi
nuove possibilità di gestire la funzionalità degli uffici, dei lavori, senza una persona
per tre giorni. Mi sembra un problema minimo, perché l’obbligo significa anche riconoscerlo
come diritto. E credo che sarà riconosciuto dall’Inps come copertura finanziaria.
Oggi, in Italia, ci sono aziende – come Luxottica, la Bracco o la Lubiam – che hanno
lanciato, al proprio interno, una particolare attenzione alla conciliazione sul tema
degli orari e dei turni. Questo genera maggior efficienza e maggior motivazione nei
lavoratori e, di conseguenza, è una scelta di efficienza aziendale. Sulla conciliazione
si costruisce il rilancio dell’impresa ed anche un rilancio del sistema economico
nel suo complesso. Una donna che ha un uomo accanto nella cura dei figli ha qualche
chance in più di rientrare nel mercato del lavoro. Peraltro, il presidente Giorgio
Napolitano, proprio in occasione dell’8 marzo, ha affermato che sulla conciliazione
famiglia-lavoro si costruisce anche la tutela della donna.
D. – Siamo di fronte
ad una svolta culturale?
R. – Sì. La svolta culturale si sta innescando. Prima
c’era maggior contrapposizione tra femminismo, tutela della donna e dimensione familiare.
Oggi si capisce che la promozione della donna non può prescindere dallo sviluppo delle
politiche familiari. La svolta culturale sta iniziando ad affermarsi. (vv)