Predica di Quaresima. P. Cantalamessa: se non c'è la fede l'evangelizzazione è propaganda
La divinità di Cristo, lo Spirito Santo, la Trinità, la conoscenza di Dio: sono gli
argomenti che il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, svilupperà
per quattro venerdì nelle prediche di Quaresima al Papa e alla Curia Romana. Ieri
mattina, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo apostolico, il religioso
cappuccino ha spiegato che quest’anno offrirà riflessioni sui grandi dottori della
Chiesa orientale: Atanasio, Basilio, Gregorio Nazianzeno e Gregorio Nisseno, “per
vedere cosa ognuno di essi dice a noi oggi”. Da qui il titolo del ciclo delle prediche
“Ricordatevi dei vostri capi. Imitatene la fede”. Il servizio di Tiziana Campisi:
Imparare dai
Padri della Chiesa “l’approfondimento della propria fede, riscoprire, dietro di essi,
la ricchezza, la bellezza e la felicità del credere, passare (…) da una fede creduta
a una fede vissuta”: padre Raniero Cantalamessa ha scelto di “attingere slancio e
ridare freschezza al nostro credere”, ricorrendo all’insegnamento dei “giganti della
fede”. E ha cominciato da Sant’Atanasio, vissuto fra il III e IV secolo, il primo,
tra l’altro, ad avere rivendicato la libertà della Chiesa anche in uno Stato cristiano.
Merito grande del vescovo di Alessandria è stato quello di spiegare la piena divinità
di Cristo, che è Figlio, generato dal Padre ma non creato:
"La divinità
di Cristo è oggi (…) la verità con la quale la Chiesa sta o cade".
Da
qui, ha aggiunto il predicatore della Casa Pontificia, “il problema vitale per l’uomo
d’oggi”: stabilire "in che modo viene giustificato il peccatore, quando neppure si
crede più di avere bisogno di una giustificazione, o si è convinti di trovarla in
se stessi”. La risposta, come dice Atanasio, è proprio Cristo:
"La divinità
di Cristo è la pietra angolare che sorregge i due misteri principali della fede cristiana;
la Trinità e l'incarnazione. Essi sono come due porte che si aprono e si chiudono
insieme. Scartata quella pietra, tutto l'edificio della fede cristiana crolla su se
stesso: se il Figlio non è Dio, da chi è formata la Trinità?".
C’è da demolire
in credenti ed uomini di Chiesa, ha proseguito padre Cantalamessa, “la falsa persuasione
di credere già, di stare a posto per quanto riguarda la fede. Bisogna provocare il
dubbio (…) per poterci mettere poi alla ricerca di una fede più autentica”. Perché
– insegna Atanasio – “la fede nella divinità di Cristo non è possibile, se non si
fa anche l’esperienza della salvezza operata da Cristo”. “Senza questa – ha proseguito
– la divinità di Cristo diventa facilmente un’idea, una tesi, e si sa che a un’idea
si può sempre opporre un’altra idea, e a una tesi, un’altra tesi”. Ma come fare esperienza
di tale salvezza?. “Leggendo la parola di Dio (e prendendola per quello che è, parola
di Dio!) – ha concluso il predicatore della Casa Pontificia”, amministrando e ricevendo
i sacramenti, soprattutto l’Eucaristia, luogo privilegiato della presenza del Risorto,
esercitando i carismi, mantenendo un contatto con la vita della comunità credente,
pregando”. La divinità di Cristo “illumina, rischiara l’intera vita cristiana. Senza
la fede nella divinità di Cristo: Dio è lontano, Cristo resta nel suo tempo, il Vangelo
è uno dei tanti libri religiosi dell’umanità, la Chiesa una semplice istituzione,
l’evangelizzazione una propaganda, la liturgia rievocazione di un passato che non
c’è più, la morale cristiana un peso tutt’altro che leggero e un giogo tutt’altro
che soave”.