Mons. Zimowski: testimoniare l’amore nelle ultime fasi della vita
Stare accanto nelle ultime fasi della vita “significa testimoniare l’Amore, rispettare
la Vita ribadendone il significato di valore non negoziabile, dal suo inizio al suo
naturale termine, accettare ed amare la vulnerabilità testimoniando vicinanza, empatia,
pietas”. E’ quanto ha affermato in un messaggio l’arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente
del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, ad un Convegno dedicato al fine-vita
presso l’Auditorium della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica
del Sacro Cuore di Roma.
“Come è oramai ben noto – ha sottolineato - la malattia
non coincide mai solo con i suoi sintomi ed il dolore dell’organo malato ma si ripercuote
inevitabilmente sull’intero organismo e coinvolge tutte le dimensioni della persona,
travalicando il solo aspetto fisico e giungendo a quello psicologico e spirituale.
Perciò – ha proseguito - la fragilità umana ‘ben compresa’ è un invito all’uomo ad
aprirsi ad orizzonti più alti, al superamento di sé stessi. In tal senso, il Beato
Giovanni Paolo II nella Sua Lettera Apostolica ‘Salvifici Doloris’ afferma sul senso
della sofferenza umana: «anche se all’uomo sono note e vicine le sofferenze proprie
del mondo degli animali, tuttavia ciò che esprimiamo con la parola ‘sofferenza’ sembra
essere particolarmente essenziale alla natura dell’uomo. Ciò è tanto profondo quanto
l’uomo, appunto perché manifesta a suo modo quella profondità che è propria dell’uomo,
ed a suo modo la supera. La sofferenza sembra appartenere alla trascendenza dell’uomo:
essa è uno di quei punti nei quali l’uomo viene in un certo senso ‘destinato’ a superare
sé stesso, e viene a ciò chiamato in modo misterioso»”.
Il presule ha quindi
sottolineato che “la condizione di fragilità non sminuisce ma esalta la preziosità
singolare della vita umana ed, al contempo, rende ancora più forte ed urgente l’esigenza
di prendersene cura in ogni circostanza e contesto, in particolar modo in situazione
di malattia grave ed inguaribile”. Citando ancora la Salvifici doloris ha ricordato
che «la dignità della persona umana non dipende certo dalla sua efficienza o da quanto
essa “valga” agli occhi degli altri». Ha quindi esortato gli operatori sanitari ad
essere “custodi e servitori della vita umana”, “custodi di un incontro tra una fiducia
ed una coscienza”, ovvero “di una relazione in cui la fiducia di un uomo bisognevole,
poiché infermo, si affida” alla coscienza dell’operatore “chiedendo non solo perizia
professionale ma, sempre, personale partecipazione alla propria condizione”. Mons.
Zimowski ha concluso con le parole di Benedetto XVI nell’Enciclica Spe Salvi: “la
misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col
sofferente”.