Nomadi, quando il lavoro non è solo integrazione. L'esperienza dell'"Antica Sartoria
Rom"
"Ho visto anche degli zingari felici" è il titolo di un originale seminario tenutosi
nei giorni scorsi presso la Sala della Crociera di Roma. Nel tentativo di ribaltare
la questione, si è scelto di partire, almeno una volta, non da cosa la società possa
fare per i rom, ma da cosa i rom hanno da offrire alla società. Centro dell’incontro,
l’esperienza della "Antica Sartoria Rom", una cooperativa di sarte modelle rom che
produce capi di alta moda e abiti di scena per teatri dell’Opera di mezza Europa:
sono loro ad aver fornito i vestiti ai cantanti lirici e ai danzatori che hanno aperto
il convegno eseguendo arie tratte dalla "Carmen" di Bizet. Ora, la sartoria è a rischio
chiusura: si ripongono speranze nella strategia nazionale di inclusione di Rom, Sinti
e Camminanti ufficializzata il primo marzo. Il servizio di Luca Attanasio:
D. – Carmen
Rocco, direttrice dell’Antica Sartoria Rom: un primo risultato del seminario “Ho
visto anche degli zingari felici”?
R. – Tante persone, convinte del fatto che
gli zingari vogliano lavorare, che non è vero che gli zingari stanno in giro ad elemosinare
perché sono dei nullafacenti.
D. – Come si è inserita nel mercato la vostra
cooperativa?
R. – L’Antica Sartoria Rom, finalmente si è guadagnata una nicchia
di mercato e noi tentiamo in ogni modo di mantenerla. In questo momento, sta per realizzare
i costumi per l’opera rossiniana dell’‘Italiana in Algeri’”.
D. – Ma rischia
di chiudere. Mancano la sede e i fondi per formare nuove sarte...
R. – La nostra
sede è del tutto fatiscente. Si allaga, è senza metà del soffitto e le fogne sono
scoperte... Noi avremmo delle commesse: le persone in grado di fare questo genere
di lavoro, su misura, ad altissima precisione attualmente, nell’Antica Sartoria Rom,
sono tre che hanno ricevuto una formazione professionale adeguata per costumista-sarto.
Senza fondi per la formazione non è possibile.
D. – Signora Nadia Dumitru,
lei ha imparato un mestiere…
R. – Sì: mi sento una sarta, felice di questo
lavoro. Non avrei mai pensato di diventare una sarta ed è una cosa molto bella. Fare
vedere alle persone che siamo capaci di fare di tutto: molti non si fidano perché
pensano che noi non vogliamo lavorare, che vogliamo soltanto “integrare”… Ma noi abbiamo
la possibilità.
D. – Dr. Monnanni, lei è direttore generale dell’Unar,
l'Ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali: la speranza di questo popolo risiede
nella nuova strategia nazionale di inclusione…
R. – Si tratta di un atto inedito
con cui il governo italiano chiude una fase – quella dell’emergenza nomadi – per avviare
una nuova politica, condivisa con le comunità rom e sinti e con tutta la società civile,
per avviare un quadro strutturale di inclusione sociale e lavorativa dei rom e dei
sinti.
D. – Casa, istruzione, accesso ai servizi sanitari e lavoro…
R.
– Sono i quattro assi voluti dalla Commissione europea e sono i quattro pilastri dell’inclusione.
Per la prima volta, l’Italia si dota di una cabina di regia guidata dal ministro Andrea
Riccardi, che coinvolgerà il Ministero dell’interno, del Lavoro, della Salute e dell’Istruzione.
L’inclusione sociale e lavorativa si realizza attraverso una costante presenza e un
costante utilizzo di tutte le risorse, a partire da quelle comunitarie che sono per
lo più inutilizzate. (gf)