A una settimana dalla conferenza politico-militare sulla Somalia che si svolgerà in
Etiopia, le milizie al Shabaab sono state costrette a ritirarsi dalla città di Baidoa,
già sede del governo somalo di transizione, prima dell’offensiva di al Qaeda nel 2007.
Le Nazioni Unite intanto hanno approvato un rafforzamento del contingente militare
dell’Unione Africana entro l’anno. In questo contesto così difficile, dove la popolazione
civile paga un prezzo di sangue altissimo, continua la strage dei giornalisti locali.
Oggi, l’ennesima esecuzione. Stefano Leszczynski ha intervistato Mimmo Candito,
presidente di Reporter senza frontiere – Italia:
R. – Per un
Paese come la Somalia, dove l’ordine è un’aspirazione impossibile, la lotta fra fazioni
fa sì che anche i giornalisti siano coinvolti all’interno di questa logica di confronto
militare.
D. – C’è dunque il rischio di un giornalismo che può essere coinvolto
anche in questo tipo di lotte fra fazioni?
R. – In Paesi in conflitto, nei
quali la legalità è un’affermazione astratta e dipende sostanzialmente dalla volontà
del potere più forte, ecco che tutto diventa impraticabile. Quindi, o si cede alle
sollecitazioni, alle pressioni, alle repressioni che arrivano dai poteri più forti,
o altrimenti viene messo a tacere. Quindi, anche quando sia possibile l’esercizio
del giornalismo come noi l’intendiamo, in forma spesso astratta, anche nei nostri
Paesi occidentali, ecco che questo non si può realizzare, perché c’è l’intervento
repressivo, violento, omicida del potere, che viene disturbato dall’esercizio di un
racconto della realtà.
D. – Si sente sempre parlare del pericolo terrorismo,
del problema della pirateria, pochissimo di quello che soffre la popolazione civile.
Questo che segnale ci dà?
R. – Ci dà il segnale della difficoltà di rappresentare
la realtà, quando si è travolti da un conflitto senza apparente via d’uscita. Tutto
diventa barbarie e non si riesce a percepire esattamente, completamente, cosa significhi
questa lotta nel vissuto quotidiano: lo sfascio delle vite individuali, lo sfascio
della vita sociale, la distruzione di qualsiasi speranza di vita. Purtroppo questa
è la guerra. (ap)