2012-03-03 09:19:50

La Lateranense ricorda Shahbaz Bhatti, politico martire del Pakistan


“Morte di un blasfemo”: è il titolo di un convegno alla Pontificia Università Lateranense che ieri, nel primo anniversario della morte, ha ricordato il ministro pakistano cattolico Shahbaz Bhatti, ucciso dagli estremisti islamici. Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Mobeen Shahid, presidente dell’Associazione cristiani pakistani in Italia, tra i promotori dell’evento:RealAudioMP3

R. – Shahbaz Bhatti ci ha lasciato una enorme eredità di coerenza morale, anche nella politica: quello politico era un impegno che lui ha accettato volontariamente. Non ha cercato il potere ma lo strumento per servire il prossimo, in particolare le minoranze religiose, che aveva molto a cuore. Per cui, devo dire che l’eredità non è solo spirituale ma anche politica.

D. – Anche per questo il ricordo è molto forte, non solo da parte dei cristiani e non solo in Pakistan. La sua è una figura che, in qualche modo, attrae non solo in nome della fede ma proprio di questa sua testimonianza...

R. – Shahbaz è stato un uomo del dialogo, un uomo aperto ai valori che sono presenti non solo nell’insegnamento della Chiesa, ma che sono legati al senso ultimo dell’umanità. Per cui, anche le persone che non credono e non hanno una fede, lo rispettano per il suo impegno e per il servizio reso all’umanità.

D. – Colpiscono alcuni scritti di Shahbaz Bhatti, in cui era assolutamente presente il pericolo, fortissimo, della morte. Eppure lui continuava a dire: “Voglio servire Gesù, voglio servire il Pakistan”...

R. – Shahbaz Bhatti ha amato la sua Chiesa ma ha amato anche il Pakistan, che è la patria di tutti noi cristiani che viviamo lì. Prima di tutto, dobbiamo essere una minoranza creativa, che contribuisce alla crescita del Paese.

D. – Come pachistano e come cristiano, qual è la sua speranza ad un anno dalla morte di Shahbaz Bhatti, anche per le generazioni future?

R. – Per il futuro del Pakistan, ripropongo il pensiero di Shahbaz, perché lui stesso aveva diagnosticato quella malattia sociale, presente negli ultimi tre decenni, causata dall’istruzione che portava poi all’estremismo. Come proponeva Shahbaz, la soluzione o la cura di questa malattia – che è l’estremismo -, stava nell’istruzione: nelle scuole, si dovrebbero far studiare anche le altre religioni. Inoltre, voleva che una parte delle borse di studio all’estero fosse riservata alle minoranze religiose. Questo perché, attraverso le minoranze, potesse crescere anche il Pakistan. (vv)







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