Aperto alla Lateranense il ciclo di conferenze "Rileggere il Concilio". Intervista
con mons. Dal Covolo
Nell’anno del 50.mo anniversario del Vaticano II, si è aperto all’Università Lateranense
il ciclo di conferenze "Rileggere il Concilio", in collaborazione con il Centre Saint-Louis
de France e l’ambasciata di Francia presso la Santa Sede. In ognuno dei sei incontri
previsti, uno storico e un teologo prenderanno in esame importanti documenti conciliari:
le quattro Costituzioni, il Decreto sull’ecumenismo, la Dichiarazione sulla libertà
religiosa. A spiegare le finalità dell’intera iniziativa, al microfono di Davide
Maggiore, è stato mons. Enrico Dal Covolo, rettore della Lateranense, che
ha presieduto la prima conferenza, dedicata alla Costituzione Sacrosanctum Concilium:
R. - Di fronte
a una situazione nella quale molti interpretano il Concilio in modi differenti, mi
pare importante assumere elementi in più per poter dare una valutazione più sicura,
più affidabile. E questo deve essere fatto proprio a un livello scientifico, quale
quello di una Università pontificia.
D. – Rileggere il Concilio significa anche
inquadrarlo all’interno della grande tradizione della Chiesa, mostrando quelli che
sono gli elementi di continuità con essa?
R. – Questa è proprio la linea del
Magistero del Papa Benedetto XVI che noi intendiamo convalidare attraverso questa
ricerca – che si inaugura solo adesso, ma lo faremo nell’arco di questi anni – condotta
sulla rivisitazione di archivi che finora non sono stati sufficientemente consultati.
D. – Il Beato Giovanni Paolo II ha scritto: “Per molti il messaggio del Concilio
Vaticano II è stato percepito innanzitutto mediante la riforma liturgica”, che è oggetto
della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium”…
R. – Ritengo
che la Sacrosanctum Concilium vada ristudiata oggi e attentamente: la liturgia
è centrale nella tradizione della Chiesa. C’è un’interazione reciproca tra il modo
di celebrare e di pregare e i contenuti della nostra fede. (mg)
A inquadrare
dal punto di vista storico e spirituale la Sacrosanctum Concilium è stato,
al microfono di Davide Maggiore, il prof. Philippe Chenaux, docente
di Storia della Chiesa moderna e contemporanea alla Lateranense e direttore del Centro
studi e ricerche sul Concilio Vaticano II della stessa Università:
R. – E’ stato
il primo documento approvato dal Concilio, all’origine della grande riforma liturgica
post-conciliare. Tuttavia, è un documento che è passato un po’ nell’ombra, rispetto
ad altri, nei commenti fatti dopo il Concilio. Anche perché è stato superato dalla
riforma che esso stesso ha suscitato negli anni che seguirono al Concilio. Dunque,
mi sembra giusto iniziare questa rilettura dei grandi documenti del Concilio con questa
Costituzione, Sacrosanctum Concilium.
D. – La Sacrosanctum Concilium
si inscrive nell’intera storia della Chiesa...
R. – E’ ovviamente un posto
particolare: occupa il movimento liturgico, che nacque alla fine del 1800, nelle gradi
abbazie benedettine e che, dopo la Prima Guerra Mondiale, si spostò verso gli ambienti
della Gioventù cattolica e poi anche verso le parrocchie. Lo stesso Pio XII dedicò
una grande Enciclica, Mediator Dei, nel 1947, alla liturgia, che è una forma
di riconoscimento di questo movimento liturgico, che troverà poi la sua consacrazione
durante il Concilio Vaticano II.
D. – Quali possono essere definiti i frutti
più duraturi della Sacrosanctum Concilium?
R. – Essa ha previsto una
migliore partecipazione dei fedeli alla liturgia. La liturgia è la preghiera ufficiale
della Chiesa, e dunque non riguarda solo il sacerdote ma l’intera comunità dei fedeli.
Per questo, era anche importante introdurre, nella liturgia, le lingue volgari. (vv)