Lavoro e valori religiosi: il punto con il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni
Il contributo del mondo ebraico ad una riflessione sul lavoro: al centro dell’intervista
realizzata oggi a partire dalla pubblicazione dedicata dall’agenzia Onu al contributo
che le diverse religioni possono offrire in tema di lavoro, intitolata Convergenze:
lavoro dignitoso, giustizia sociale e tradizioni religiose. Fausta Speranza
ha intervistato Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità ebraica di Roma:
R. – Nella Bibbia
vi sono normative molto precise e dettagliate, a cominciare dal rispetto del sabato
come giorno in cui non si deve lavorare. Poi vi sono norme specifiche che riguardano
il compenso ai salariati. Queste norme bibliche sono discusse ampiamente nei testi
della tradizione rabbinica ed esistono interi trattati del Talmud che si occupano
di diritto del lavoro.
D. – Che valore ha precisamente il sabato nella tradizione
giudaica?
R. – Il sabato riguarda sia la cessazione delle attività che la reclinazione
dello spirito in senso religioso e spirituale. Quindi è il giorno in cui è proibito
non soltanto lavorare, ma è proibito agire sulla realtà circostante, modificandola
con azioni che possono anche essere insignificanti - accendere un fiammifero o accendere
la luce - ma che mostrano in qualche modo la capacità che ha l’intelligenza umana
di trasformare il mondo circostante. Ci si chiede in questo giorno di astenersi da
queste azioni, perché bisogna entrare nel ruolo di chi ha avuto il permesso di trasformare
il Creato e in quel giorno deve contemplare. Quindi c’è chiaramente il riposo lavorativo
ma c’è la crescita spirituale.
D. – Quali sono i valori profondi che il mondo
giudaico può aver trasmesso all’Organizzazione internazionale del lavoro, che ha voluto
– diciamo così- consultare le religioni?
R. – Sono valori antichissimi, per
certi aspetti sempre rivoluzionari: quello della dignità del lavoro, della dignità
del compenso, della libertà, del fatto che l’uomo si nobiliti con il lavoro ma non
debba essere schiavo del lavoro e che nessuno debba essere sfruttato o sfruttatore
degli altri. Sono elementi cardinali di una concezione umana che ha valore perenne.
D.
– Nel recente passato con tante battaglie sindacali e sociali sembrava che fossero
stati acquisiti almeno dalle società occidentali dei principi di base del rispetto
del lavoro che invece ora vediamo in qualche caso si rischia di perdere. La stessa
società occidentale oggi presenta forme di schiavismo nell’ambito del lavoro, che
sono nuove…
R. – Era stato raggiunto molto faticosamente un certo tipo di equilibrio
e regolamentazione dei rapporti di lavoro, anche se non un equilibrio ideale: c’erano
sempre zone oscure, con privilegi dall’una e dall’altra parte. Comunque, la situazione
era abbastanza matura. Ma oggi soprattutto nel quadro delle nuove immigrazioni e della
precarietà del lavoro si cerca di scivolare molto indietro nella storia! Ci sono sempre
persone che rincorrono il guadagno e il profitto senza morale. Il guadagno non è assolutamente
un valore negativo: nemmeno nella nostra tradizione la ricerca di un onesto compenso,
di un onesto guadagno, è considerata negativamente. Il problema è inserire questa
ricerca di guadagno in una sfera morale: nulla deve essere fatto, calpestando i diritti
altrui e sfruttando gli altri, offendendo la dignità. Il guadagno è lecito, ma bisogna
rispettare le persone coinvolte.
D. – Che effetto le ha fatto leggere che alcuni
elementi, fondamenti della tradizione giudaica, insieme con quelli della tradizione
cristiana o musulmana, comparivano in un rapporto dell’Organizzazione internazionale
del lavoro?
R. – Io spero che non sia soltanto un’immagine scenografica, ma
che ci si lavori. In ogni caso alcuni concetti base sono condivisi, ma poi c’è tutta
una dottrina molto dettagliata che, non conoscendole, non so se dica le stesse cose
delle altre. (ap)