Farla finita per colpa della crisi. Mons. Toso: serve equità per dare forza alla speranza
In Italia, la crisi economica continua sempre più a mietere vittime. Gli ultimi due
suicidi in ordine di tempo si sono verificati qualche giorno fa in Toscana ed in Liguria:
un imprenditore di Firenze si è tolto la vita non potendo più far fronte ai debiti
bancari mentre, nelle stesse ore, a Sanremo un elettricista si è ucciso dopo aver
appreso di essere stato licenziato. Fatti drammatici in costante aumento, che richiedono
con forza soluzioni efficaci ed immediate, come spiega, al microfono di Federico
Piana, il segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, mons. Mario
Toso:
R. – Questi
fatti dimostrano che la crisi non è superata e che dura più del previsto. Sembra anche
chiaro che se non si interviene seriamente - mondo politico, finanziario, civile e
religioso, congiuntamente, secondo le proprie responsabilità - essa durerà e l’uscita
sarà posticipata. Ieri, in Italia, è stata firmata una nuova moratoria sui mutui fra
le associazioni bancarie e quelle delle imprese. Si tratta di una strada giusta, ma
non ancora sufficiente, nonostante altri provvedimenti lodevoli. Il fatto è che molti
piccoli e medi imprenditori si trovano nella condizione di non essere pagati dai loro
clienti, di non ricevere credito sufficiente dalle banche e di non poter prelevare,
spesso, anche i loro soldi depositati. Tutto questo è come un continuo cappio al collo.
Bisogna reagire a questa situazione.
D. – Secondo lei, quali sono i provvedimenti
da prendere, a livello politico ed economico, per evitare che queste tragedie si ripetano?
R.
– E’ facile enunciarli, ma meno agevole attuarli. E comunque, alcuni provvedimenti
necessari sono di dominio pubblico: supporto morale psicologico ai cittadini, mostrando
che a livello di rappresentanti e di governo si agisce con rigore e con equità. Un
serio impegno a investire nella crescita, facendo capire che il risanamento avviene
sì ripianando i deficit, ma soprattutto rilanciando l’industria, diminuendo la pressione
fiscale sulle imprese, riformando il mercato del lavoro con l’accordo delle parti
sociali e non con ultimatum, varando politiche attive del lavoro specie per i giovani,
programmando piani di transizione dalla scuola al lavoro. Nel secolo scorso, quando
in una fase di crisi finanziaria e di scarsità di risorse si cercava di costruire
lo Stato sociale e democratico, tutte le forze sociali – socialisti, comunisti, liberali
e cattolici – erano convinte che si poteva affrontare l’impresa se si credeva nella
piena occupazione e in una seria politica sociale. E’ da immaginare che non fossero
tutti impazziti.
D. – In che misura la politica e la società civile sono responsabili
di queste situazioni? Quali sono gli errori che hanno commesso?
R. – Se dietro
alla crisi finanziaria ed economica, crisi che perdura, stanno le responsabilità di
un certo mondo finanziario – e se si deve inoltre riconoscere che vi sono responsabilità
del mondo politico, degli stessi imprenditori e dei risparmiatori – va detto che le
responsabilità non sono tutte uguali. Talvolta, si sente dire che se il mondo finanziario
ha prodotto strumenti sofisticati che potevano servire per tradire i risparmiatori,
questi ultimi avrebbero dovuto accorgersene, protestare e rifiutarsi di comprarli.
E’ evidente che per questa via si gioca a “scaricabarile”, a scaricare le responsabilità
sugli altri. Bisogna invece riconoscere che le responsabilità sono di diverso peso
morale. Un conto è la responsabilità di chi inganna e un conto è la responsabilità
di chi è ingannato. Sulla base di ciò vanno misurati i rimedi, anche nei confronti
delle banche.
D. – Dopo questi eventi drammatici, molti chiedono anche una
seria riforma dell’Onu. Secondo lei, può essere una delle soluzioni per tentare di
ridare al mercato mondiale una governance migliore?
R. – Nella Caritas
in veritate, promulgata nel 2009, precisamente al numero 67, Benedetto XVI aveva
già suggerito una simile via. Ha scritto che in presenza di una recessione mondiale,
per risanare le economie colpite dalla crisi, per prevenire peggioramenti della stessa
e conseguenti maggiori squilibri, è necessaria sia una vera autorità politica mondiale
– e quindi la riforma dell’ONU – sia la riforma dell’architettura economica e finanziaria
internazionale. Evidentemente, assieme a tutto ciò va garantita anche l’adeguazione
delle istituzioni politiche sul piano regionale e locale. Dietro ad una Banca centrale
europea deve starci una politica europea economica più coordinata ed unitaria, cosa
che è possibile con nuove istituzioni, specie sul piano europeo.