Cresce il timore che il conflitto in Sud Sudan, nello Stato Jonglei, aumenti di intensità
e assuma contorni chiaramente etnici e religiosi. È la preoccupazione espressa dalla
Caritas internationalis e Catholic relief services (la Caritas made in Usa)
che nei giorni passati ha svolto una missione nel neonato Paese, per valutare le conseguenze
successive all’indipendenza ottenuta lo scorso mese di luglio. Dal viaggio è emerso
che oltre 120.000 persone sono state finora colpite dalla violenza tra la comunità
Murle e Lou Nuer nella zona di Jonglei, interi villaggi sono stati rasi al suolo,
colpite perfino le donne e i bambini. La Chiesa e i cristiani in Sud Sudan sottolineano
il crescente rischio di una guerra interetnica e interreligiosa. Il Consiglio delle
Chiese del Sudan, in una recente dichiarazione, ha paventato che “l’odio etnico chiaramente
espresso, con scritte sui muri e su internet”, potrebbe trasformarsi in “atrocità
su larga scala”. Oltre 2.300 persone sono fuggite dalla piccola città di Boma (su
7.000 abitanti). La maggior parte ha trovato riparo in capanni di paglia allestiti
dagli abitanti e il governo locale ha distribuito kit di aiuti forniti dall’Organizzazione
Internazionale per le Migrazioni. Ad un giorno di cammino, molto più isolata, vi è
la città di Labraap, dove si dice che 10.000 persone siano senza assistenza umanitaria.
(M.P.)