Ilo e valori religiosi: intervista con un teologo musulmano
Di fronte alla crisi attuale, ripartire dalle tradizioni religiose: è questo il senso
del volume pubblicato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro, di cui ci ha
parlato ieri alla nostra emittente il consigliere per gli affari religiosi, Pierre
Martinot-Lagarde. Crisi economica e disoccupazione sono i mali del momento – si legge
nel volume – e c’è sempre più bisogno di valori. Nei prossimi giorni ci occuperemo
del contributo di valori in relazione al lavoro che viene dal mondo giudaico e da
quello cattolico. Oggi cerchiamo di cogliere la particolarità dei valori della tradizione
dell’islam. Fausta Speranza ha intervistato il prof. Adnane Mokrani,
teologo musulmano docente al Pisai, Pontificio Istituto di studi arabi e d’Islamistica:
R. - Generalmente,
i principi etici sono due. Il primo è quello del lavoro che, accompagnato dalla pura
intenzione e dalla sincerità, diventa per i musulmani un tipo di adorazione, un culto.
L’intenzione orientata verso Dio, verso il servizio e verso l’amore trasforma il lavoro
da un atto banale, mondano e normale ad un atto di adorazione. E’ per questo che i
lavoratori sono visti come persone “sante”: sono migliori di quelli che vivono una
vita pigra, anche di quelle persone che preferiscono pregare tutto il giorno, senza
ad esempio lavorare. C’è un detto di Maometto che racconta di due fratelli: uno di
loro passava tutto il giorno a pregare nella moschea, mentre l’altro lavorava tutto
il giorno per nutrire la propria famiglia e per aiutare anche la famiglia del fratello
che passava il proprio tempo pregando. Il migliore tra questi due fratelli, secondo
Dio, è quello che lavora. In quest’ottica, dunque, il lavoro è un’espressione pratica
più sincera e più elevata agli occhi di Dio. Il secondo principio, che troviamo nel
Corano e nella tradizione profetica, è quello della giustizia, della giustizia sociale.
Ci sono tanti detti di Maometto che raccomandano che dobbiamo pagare il lavoratore
subito, non lasciarlo aspettare. Dobbiamo pagarlo nel modo giusto, secondo lo sforzo
che ha fatto e non dobbiamo far fare un lavoro che va oltre la capacità fisica delle
persone. Bisogna fare in modo che non ci siano abusi ed inoltre si deve valutare fino
a che punto una persona può lavorare in modo sano ed equilibrato.
D. – Nella
crisi attuale, in cui la mancanza di lavoro è tra le emergenze più gravi, secondo
lei quale può essere il contributo di valori in particolare dell’islam?
R.
– Secondo me l’islam ha criticato molto la lussuria ed anche gli esagerati interessi
bancari, come anche l’investimento nei soldi. I soldi sono dunque uno strumento per
investire e guadagnare, ma non si possono vendere o comprare i soldi. Qui c’è una
critica alla finanza moderna, che ha fatto dei soldi un vero e proprio mercato, creando
un mercato originario e non reale. L’islam chiama invece ad un mercato concreto e
reale: investire nella realtà, nelle cose concrete, nel lavoro vero e non nel mercato
immaginario. L’islam prevede un guadagno senza speculazione. (vv)