2012-02-28 15:05:11

Il Consiglio delle Chiese plaude la sentenza europea sui respingimenti


“Una pietra miliare che segna una svolta per quanto riguarda le responsabilità degli Stati verso i migranti”. Così il pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc), saluta la sentenza con cui il 23 febbraio la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l'Italia per i respingimenti verso la Libia, accogliendo il riscorso di 11 somali e 13 eritrei respinti nel 2009 al largo delle coste di Lampedusa. “La decisione – afferma in una nota il pastore luterano – è in linea con il principio del non respingimento previsto dal diritto internazionale che vieta agli Stati di rimandare indietro i richiedenti asilo o i profughi verso un Paese o un territorio in cui rischiano la tortura, trattamenti disumani o degradanti, oppure dove la loro vita e libertà sarebbe a rischio”. Secondo il Consiglio mondiale delle Chiese, anche se si è registrato un aumento del numero di persone che, a causa dell’accresciuta instabilità politica nei loro Paesi e della crisi finanziaria internazionale, cercano di raggiungere i territori di Paesi sviluppati “questo non dovrebbe essere un pretesto per indebolire la protezione dei diritti dei rifugiati. Quale che sia il loro status di rifugiati o di immigrati illegali – sottolinea in conclusione la nota - sono innanzitutto esseri umani e devono quindi essere trattati secondo gli standard internazionali sui diritti umani". Alle parole del pastore Tveit hanno fatto eco quelle del direttore della Commissione per gli Affari internazionali del Wcc Mathews George Chunakara secondo il quale la sentenza della Corte di Strasburgo “è un segno di speranza per centinaia di migliaia di richiedenti asilo e migranti nel mondo che a loro rischio e pericolo cercano di raggiungere lidi più sicuri”. Con la condanna dell'Italia sui respingimenti in mare verso la Libia, è la prima volta che la Corte europea per i diritti umani prende posizione su una violazione che coinvolge stranieri fuori dal territorio di uno Stato. È invece la seconda volta che condanna uno Stato in un caso di espulsione collettiva di stranieri. Il precedente riguardava il Belgio dove gli stranieri erano però presenti nel Paese, mentre nel caso italiano gli stranieri si trovavano ancora nelle acque internazionali. (L.Z.)







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