2012-02-27 17:05:44

Un "funerale" per salvare l'Istituto di Neuropsichiatria Infantile di Roma


Rischia la chiusura l'Istituto di Neuropsichiatria Infantile di via dei Sabelli, fondato a Roma da Giovanni Bollea, il famoso neuropsichiatra morto lo scorso anno. L'importante struttura, riferimento per tutto il centro-sud Italia, sta cedendo soprattutto per la mancanza di personale, nonostante gli appelli rivolti alla Regione Lazio, responsabile di tagli che non lasciano via di scampo: chi va in pensione non viene sostituito e i contratti a termine non vengono rinnovati. Questa sera, a difesa del centro, vi sarà una cerimonia durante la quale si inscenerà, polemicamente, il funerale dell'Istituto. La Regione da parte sua ha risposto oggi garantendo la conferma del contratto di un medico inviato a sostegno dei colleghi. Un intervento importante, ma non risolutivo: spiega Ugo Sabatello, neuropsichiatra dell'Istituto:RealAudioMP3

R. – Siamo senz’altro molto felici, ma confermare un contratto di Co.co.co. ed aumentare quindi di un’unità rispetto a quanti siamo, non è assolutamente sufficiente. Quindici anni fa c’erano 30 medici a Neuropsichiatria Infantile di via dei Sabelli, mentre adesso ce ne solo solamente dieci. La richiesta assistenziale è aumentata e noi, purtroppo, siamo ormai in grado di dare una risposta all’utenza solo dopo tre, sei, nove mesi di lista d’attesa, proprio perché siamo troppo pochi. L'aumento di una sola unità non risolve affatto il problema, ben più ampio, che ha a che fare con un tipo di assistenza che si vuole offrire all’infanzia in questo momento per la città di Roma, per il Lazio e per il centro-sud.

D. – L'essere rimasti in dieci, come neuropsichiatri infantili, oltre ai lunghi tempi della lista d’attesa, che cosa comporta?

R. – Comporta il dover e poter garantire solamente quelli che sono dei ricoveri preordinati e non poter rispondere alle emergenze. Si dilatano i tempi su tutta la nostra attività, oltre al fatto che dobbiamo tagliare su alcuni altri aspetti che sono comunque inerenti alla nostra attività, cioè la ricerca ed anche la possibilità di entrare in contatto con altre situazioni assistenziali per fornire una rete di aiuto, che è poi quello che dobbiamo fare.

D. – All’Assessorato alla Salute della Regione Lazio che cosa chiedete, considerando che per lo stesso Assessorato l’unica criticità risiede proprio in questo Co.co.co, ossia nella conferma di quest’unico contratto?

R. – Questa sera chiederemo un ampliamento importante e significativo non solo dell’organico medico, ma anche degli infermieri, degli amministrativi, perché un istituto può funzionare solamente quando l’organico è al completo. Ma chiederemo anche che siano prese in considerazione alcune cose fondamentali per la salute mentale e la salute neurologica e psicologica dei minori: i livelli elementari di assistenza, iniziare a discutere di una legge sulla salute mentale per l’età evolutiva, cosa che non è mai stata fatta. La legge 180, ossia la legge di assistenza psichiatrica, vale dai 18 anni in su, ma sotto i 18 non c’è legislazione, non c’è niente. E se non c’è niente significa che questi ragazzini sono davvero poco tutelati, e le loro famiglie con loro. I problemi della sanità sono tutti assolutamente importanti, per cui non riteniamo che la nostra situazione sia più grave o più significativa di altre, ma diciamo semplicemente che siamo una realtà iper-specialistica, ci occupiamo di una cosa particolare, di cui non si occupano altri. Forse in Regione non sono tanto consapevoli, non sanno bene quello che facciamo effettivamente e quali sono le tipologie di attività che svolgiamo nei confronti dei minori e delle loro famiglie. L’occasione di questa sera è forse quella giusta per un chiarimento. Auguriamoci questo.

D. – Che cosa significa, per questo Istituto, riuscire a sopravvivere?

R. – Significa non solamente mantenere l’esistente, ma soprattutto andare avanti. Le richieste che provengono dal territorio, dalle famiglie e dai bambini, sono sempre maggiori, sempre di più, ed abbiamo a che fare con emergenze che sono sempre più gravi. Non si tratta, quindi, solamente di restare dove siamo, si tratta di fare delle cose nuove, di poter creare delle possibilità di assistenza diverse, di poter creare nuovi servizi e una possibilità di risposta ai bisogni del territorio che sia più ampia, più variegata e più adatta alle necessità dell’età evolutiva. Si tratta di andare avanti, non solo di rimanere dove siamo. (vv)







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