Un "funerale" per salvare l'Istituto di Neuropsichiatria Infantile di Roma
Rischia la chiusura l'Istituto di Neuropsichiatria Infantile di via dei Sabelli, fondato
a Roma da Giovanni Bollea, il famoso neuropsichiatra morto lo scorso anno. L'importante
struttura, riferimento per tutto il centro-sud Italia, sta cedendo soprattutto per
la mancanza di personale, nonostante gli appelli rivolti alla Regione Lazio, responsabile
di tagli che non lasciano via di scampo: chi va in pensione non viene sostituito e
i contratti a termine non vengono rinnovati. Questa sera, a difesa del centro, vi
sarà una cerimonia durante la quale si inscenerà, polemicamente, il funerale dell'Istituto.
La Regione da parte sua ha risposto oggi garantendo la conferma del contratto di un
medico inviato a sostegno dei colleghi. Un intervento importante, ma non risolutivo:
spiega Ugo Sabatello, neuropsichiatra dell'Istituto:
R. – Siamo senz’altro
molto felici, ma confermare un contratto di Co.co.co. ed aumentare quindi di un’unità
rispetto a quanti siamo, non è assolutamente sufficiente. Quindici anni fa c’erano
30 medici a Neuropsichiatria Infantile di via dei Sabelli, mentre adesso ce ne solo
solamente dieci. La richiesta assistenziale è aumentata e noi, purtroppo, siamo ormai
in grado di dare una risposta all’utenza solo dopo tre, sei, nove mesi di lista d’attesa,
proprio perché siamo troppo pochi. L'aumento di una sola unità non risolve affatto
il problema, ben più ampio, che ha a che fare con un tipo di assistenza che si vuole
offrire all’infanzia in questo momento per la città di Roma, per il Lazio e per il
centro-sud.
D. – L'essere rimasti in dieci, come neuropsichiatri infantili,
oltre ai lunghi tempi della lista d’attesa, che cosa comporta?
R. – Comporta
il dover e poter garantire solamente quelli che sono dei ricoveri preordinati e non
poter rispondere alle emergenze. Si dilatano i tempi su tutta la nostra attività,
oltre al fatto che dobbiamo tagliare su alcuni altri aspetti che sono comunque inerenti
alla nostra attività, cioè la ricerca ed anche la possibilità di entrare in contatto
con altre situazioni assistenziali per fornire una rete di aiuto, che è poi quello
che dobbiamo fare.
D. – All’Assessorato alla Salute della Regione Lazio che
cosa chiedete, considerando che per lo stesso Assessorato l’unica criticità risiede
proprio in questo Co.co.co, ossia nella conferma di quest’unico contratto?
R.
– Questa sera chiederemo un ampliamento importante e significativo non solo dell’organico
medico, ma anche degli infermieri, degli amministrativi, perché un istituto può funzionare
solamente quando l’organico è al completo. Ma chiederemo anche che siano prese in
considerazione alcune cose fondamentali per la salute mentale e la salute neurologica
e psicologica dei minori: i livelli elementari di assistenza, iniziare a discutere
di una legge sulla salute mentale per l’età evolutiva, cosa che non è mai stata fatta.
La legge 180, ossia la legge di assistenza psichiatrica, vale dai 18 anni in su, ma
sotto i 18 non c’è legislazione, non c’è niente. E se non c’è niente significa che
questi ragazzini sono davvero poco tutelati, e le loro famiglie con loro. I problemi
della sanità sono tutti assolutamente importanti, per cui non riteniamo che la nostra
situazione sia più grave o più significativa di altre, ma diciamo semplicemente che
siamo una realtà iper-specialistica, ci occupiamo di una cosa particolare, di cui
non si occupano altri. Forse in Regione non sono tanto consapevoli, non sanno bene
quello che facciamo effettivamente e quali sono le tipologie di attività che svolgiamo
nei confronti dei minori e delle loro famiglie. L’occasione di questa sera è forse
quella giusta per un chiarimento. Auguriamoci questo.
D. – Che cosa significa,
per questo Istituto, riuscire a sopravvivere?
R. – Significa non solamente
mantenere l’esistente, ma soprattutto andare avanti. Le richieste che provengono dal
territorio, dalle famiglie e dai bambini, sono sempre maggiori, sempre di più, ed
abbiamo a che fare con emergenze che sono sempre più gravi. Non si tratta, quindi,
solamente di restare dove siamo, si tratta di fare delle cose nuove, di poter creare
delle possibilità di assistenza diverse, di poter creare nuovi servizi e una possibilità
di risposta ai bisogni del territorio che sia più ampia, più variegata e più adatta
alle necessità dell’età evolutiva. Si tratta di andare avanti, non solo di rimanere
dove siamo. (vv)