Violenze in Siria: oltre 20 morti. Conferenza di Tunisi: tregua umanitaria
E' di oltre 20 morti il bilancio della repressione oggi in diverse zone della Siria.
Lo riferiscono attivisti citati dalla tv panaraba Al Arabiya. Condanna unanime delle
violenze è stata espressa dagli oltre 50 delegati internazionali riuniti ieri a Tunisi
per la Conferenza dei Paesi amici della Siria. Presente come Osservatore della Santa
Sede anche mons. Michael Fitzgerald, nunzio apostolico in Egitto. E poi un appello
per una tregua umanitaria. Per capire quale peso potrà avere il pronunciamento di
Tunisi, Fausta Speranza ha intervistato Arduino Paniccia, docente di
studi strategici all’Università di Trieste:
R. - Naturalmente
può aver peso soltanto se accompagnato da una forte decisione di almeno due interlocutori
internazionali - l’Unione Europea e le Nazioni Unite - per cominciare una vera svolta
sulla vicenda siriana. Tuttavia, in questo momento - è inutile negarselo - dietro
le quinte vi è la posizione della Federazione Russa e anche quella della Cina. Quindi
non si è ancora pronti ad affrontare lo scontro diplomatico generale che, peraltro,
potrebbe poi preludere anche a qualcosa di più, considerando che in questi giorni
la Nato sta seriamente analizzando l’ipotesi di un intervento quanto meno a difesa
dei corridoi umanitari.
D. - Va detto che in questo momento tutta l’area è
particolarmente sensibile: c’è la questione iraniana e c’è un po’ tutta la questione
della cosiddetta “primavera araba” nella zona...
R. - Credo che questo sia
il problema principale: è vero, l’Iran ha scelto una strategia nella quale si propone,
comunque, come nuovo leader dell’area e al quale possono praticamente far riferimento
non solo la Siria, ma anche molti altri Paesi. Entrare nella vicenda su una posizione
molto dura di intervento potrebbe comportare che la situazione degeneri. In questo
caso verrebbero coinvolte anche regioni vicine alla Siria: il Libano prima di tutto
e ci sarebbe poi anche il problema di Israele. Quindi la cautela dell’Europa e anche
la cautela delle Nazioni Unite è soprattutto dovuta a questo fatto: dietro la vicenda,
prima di tutto, c’è il problema iraniano.
D. - Professor Paniccia, c’è in ballo
il referendum sulla Costituzione promosso dal presidente Assad con la promessa di
multipartitismo, la fine del partito unico Baath: può essere una misura concreta?
Può essere sufficiente in questo momento?
R. - Potrebbe essere l’inizio di
una svolta da parte del regime. Non è mai facile pensare al regime che riforma se
stesso. Tuttavia le pressioni su Assad sono molto forti e sono forti oggi anche da
alcune parti delle forze armate, che sono sostanzialmente quelle che lo sostengono,
ma non si sa fin quando potrà durare, perché il movimento dei ribelli sta crescendo
e vi sono Paesi che, ormai hanno - bene o male - non voglio dire delle truppe, ma
dei commandi di intelligence all’interno della Siria. Quindi Assad sa che questa è
una nuova delle poche ultime carte che può giocare.
D. - La domanda è: al
movimento potrebbero bastare le riforme costituzionali? Il movimento è nato come
una delle tante rivendicazioni da “primavera araba” ma sembra che stia assumendo connotazioni
un po’ diverse...
R. - Non credo che questo basti al movimento. L’opposizione
a Assad è molto frantumata, appunto, e spalleggiata da molte diverse parti: quindi
il referendum per il movimento, per coloro che hanno scelto la linea di combattere,
non basterà. Questo può servire ad una opinione pubblica ancora a sostegno di Assad
- che c’è ancora, anche se molto più indebolita - e può servire all’opinione internazionale
per cogliere il modo di cercare di entrare, invece che con la forza delle armi e dei
corridoi, in un altro modo nella vicenda siriana. Ma il movimento di base contro Assad
credo che non si fermerebbe, non avrebbe dei forti effetti. Questo lo hanno dimostrato
tutte le rivolte arabe. (mg)