2012-02-25 19:27:09

Mons. Bertin: la comunità internazionale sia più unita per ricostruire la Somalia


Dare un nuovo slancio al processo politico in Somalia per promuovere un governo stabile e intensificare le azioni di contrasto alla pirateria e al terrorismo in generale: queste le due direttrici principali emerse dai lavori della Conferenza internazionale sul Paese del Corno d’Africa che si è tenuta a Londra giovedì scorso. Se il mondo non agirà in fretta in Somalia “pagheremo un prezzo molto alto”, era stato detto all’apertura dei lavori. Adriana Masotti ha sentito mons. Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio e vescovo di Gibuti:RealAudioMP3

R. – Dare un governo più stabile alla Somalia non è una cosa facile, in effetti. Bisogna ricordare che in questi 21 anni è mancato un governo e che ci sono stati vari tentativi per formare esecutivi di transizione. Ora, questo tentativo di Londra sembra più serio e potrebbe produrre maggiori frutti. Per favorire questo nuovo tentativo, quello che mi aspetto è che da parte della comunità internazionale ci sia una maggiore coesione e che si riesca, soprattutto da parte somala, ad identificare veri rappresentanti per governare, rappresentanti che abbiano come scopo soprattutto il servizio al proprio popolo.

D. – Sull’altro fronte: la lotta contro la pirateria. Che passi sono stati decisi?

R. – Secondo me, quello che hanno fatto è stato rafforzare l'impegno della comunità internazionale per lo meno per avere dei tribunali, per potere giudicare le persone che riescono ad arrestare. E’ stata ripresa però anche l’idea che per lottare veramente contro la pirateria, non basta lottare sul mare, ma bisogna che sulla terra si trovi una soluzione politica e una soluzione sociale migliore.

D. – All’inizio della Conferenza è stato detto che, se il mondo non agirà in fretta in Somalia, pagheremo un prezzo molto alto. Possiamo dire che almeno c’è oggi una maggiore consapevolezza del problema Somalia?

R. – Io penso di sì, perché c’era stata una grande attenzione – ricordo - nel ’92, con la “Restore Hope”, e poi c’è stato una specie di abbandono della Somalia, lasciata in mano solo all’attività umanitaria. Credo che ora si siano resi conto che è assolutamente necessario riprendere l’aspetto politico della stabilità della Somalia, per risolvere gli altri problemi. E aggiungerei anche che la comunità internazionale, che è sembrata quasi sempre una comunità internazionale guidata dal mondo occidentale, credo ora abbia aperto di più al mondo arabo musulmano.

D. – Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, all'indomani della Conferenza di Londra ha dichiarato: “Vogliamo partecipare all’impegno per la riconciliazione, la pace, la ricostruzione della Somalia”. La Chiesa può contribuire a questo cammino?

R. – Certamente la Chiesa può contribuire e ha contribuito. Le parole del Santo Padre in diverse occasioni hanno aiutato la comunità internazionale a tenere desta l’attenzione. La Chiesa poi, attraverso soprattutto la Caritas, ha continuato una grande opera umanitaria e tuttora continuiamo. Ci siamo appena incontrati a Roma, con diverse Caritas, e tra una settimana, dieci giorni di nuovo le Caritas che sono impegnate maggiormente per la Somalia o per i rifugiati somali si incontreranno con me a Nairobi. Questi sono, dunque, dei segni di come la Chiesa continui anche a sostenere la speranza attraverso la propria preghiera, perché di fronte alla difficoltà del compito a volte le persone o le istituzioni potrebbero scoraggiarsi. (ap)







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