Il cardinale Bertone: impegno sociale della Chiesa all'origine del moderno welfare.
Suor Ballarin: realtà ignorata
La gratuità cristiana come modello, in passato e in futuro, nel processo di costruzione
del moderno welfare. E’ uno dei concetti espressi dal cardinale segretario di Stato
Tarcisio Bertone, intervenuto a Roma, alla presentazione del volume: “Per carità e
giustizia. Il contributo degli istituti religiosi alla costruzione del welfare italiano”,
curato dalla Fondazione “E.Zancan”. Presente all'evento anche il ministro del lavoro
Elsa Fornero che ha sottolineato come oggi gli ammortizzatori sociali non funzionino
bene e hanno perciò bisogno di modifiche. Il presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano, ha inviato un messaggio in cui sottolinea che il contributo dei cattolici
''nei campi della cooperazione, educazione, istruzione e assistenza, sanitaria e sociale
a favore di quanti vivevano in condizione di povertà e precarietà sociale ed economica''
è stato ''rilevante'' negli anni. E, superando i ''momenti critici del rapporto con
le nuove istituzioni dello Stato unitario, ha consentito al mondo cattolico di concorrere
allo sviluppo economico-sociale del Paese e alla maturazione di valori, quali quelli
della mutualità, solidarietà e convivenza pacifica, che trovano oggi consacrazione
nella nostra Carta costituzionale''. Il servizio di Benedetta Capelli:
Ventiduemila
religiosi e 80mila religiose lavorano “per la promozione ed il riconoscimento della
dignità di ogni uomo”. Sono i numeri forniti dal cardinale Bertone, tratti dal volume
presentato oggi in Campidoglio. Un’opera - ha sottolineato – che racconta le origini
del welfare italiano, del suo “sorgere dal basso come risposta generosa alle necessità
degli ultimi”. Una storia che quindi si intreccia con quella di tanti “Santi sociali”
che hanno contribuito alla costruzione dell’Italia nel XIX e XX secolo, “persone totalmente
dedite a Dio” e per questo vicine e solidali con quanti vivevano ristrettezze e disagi.
Da qui la nascita di asili infantili, i doposcuola, le scuole di lavoro, i
patronati, gli oratori, le case-famiglia fino al volontariato negli ospedali. “Una
presenza capillare di opere benefiche e caritative” che hanno contribuito in modo
significativo “alla maturazione nella società di una nuova sensibilità rispetto all’adozione
di politiche assistenziali, affinando l’esigenza – ha evidenziato il porporato - e
facendo crescere il bisogno di una maggiore giustizia sociale”. Dunque gli Istituti
religiosi sono stati in qualche modo anticipatori del moderno welfare, confluito in
quel “patrimonio dell’umanità che oggi lo Stato garantisce attraverso il suo stato
sociale”.
Poi la riflessione è andata sulla carità e la giustizia – termini
che richiamano il volume presentato – per evidenziare che “spetta alla politica perseguire
il giusto ordine della società e dello Stato, la giustizia è lo scopo e quindi la
misura intrinseca di ogni politica”. Ma pur impegnandosi nel perseguire una società
giusta – ha aggiunto il segretario di Stato - “la carità sarà sempre necessaria”.
Riconoscendo dunque quanto fatto in passato e “i semi di speranza per un nuovo domani”,
il cardinale Bertone ha esortato a “delineare un progetto per il futuro”, “nuovo laboratori
di cittadinanza”, “nuove alleanze educative”.
Ed è proprio la sfida educativa,
che il porporato ha ricordato, al centro degli Orientamenti Pastorali della Conferenza
episcopale italiana per il prossimo decennio. Un richiamo dunque ad “intraprendere
insieme laici, religiosi, Stato e Chiesa, credenti e non credenti, nuovi cammini,
nuove forme di socialità e di sviluppo sociale”. E anche il presidente del Senato,
Schifani, in un messaggio ha posto l’accento sulla necessità di costruire “moderni
modelli di solidarietà economica e di inclusione sociale”, ricordando la “dignità”
che la Chiesa ha dato ai più deboli attraverso “i sentieri della carità”. Nel saluto
inviato dal presidente della Camera Fini è stato evidenziato il contributo degli istituti
religiosi per creare “un modello di società rispettoso della dignità di ogni cittadino”.
Alla
presentazione del volume ha partecipato anche suor Viviana Ballarin, presidente
dell’Usmi, Unione delle Superiore Maggiori d’Italia. Al microfono di Benedetta
Capelli si sofferma sul contributo dei religiosi e delle religiose nella costruzione
del welfare in Italia:
R. - In Italia,
il contributo è massiccio e la presenza oggi è capillare. Direi anche con una nota
profetica perché comunque quando il welfare dello Stato italiano ancora non era presente
sono stati i religiosi che hanno inventato, hanno costruito, si sono prodigati con
le loro opere sanitarie ed assistenziali a costruire, diremo così in Italia, il suo
tessuto sociale, religioso, etico. Quindi è una realtà che ha una storia, una realtà
che è presente, che è stata presente, e che non si può negare o addirittura ignorare.
Proprio questo per amore della verità e anche della giustizia.
D. - Ritiene
che oggi questa “verità”, come l’ha chiamata Lei, si stia negando?
R. - Più
che negarla direi ignorarla. Direi che è ancora peggio, perché quando non se ne parla,
quando a volte si creano delle difficoltà a vari livelli per l’operatività. Questa
presenza è una presenza che contribuisce soltanto al bene comune della società e molto
spesso non ha dei ritorni. È un’operatività data nel segno dell’ispirazione dei carismi
suscitati dal Signore tra i fondatori, che si continuano a prodigare per ogni persona,
ogni uomo, ogni donna che si trova nella necessità; ecco direi che questo tante volte
non è evidenziato, è taciuto. Questo vuol dire non riconoscerlo.
D - Partendo
da questa testimonianza così importante nella storia italiana e costellata anche da
tanti "santi sociali" come ha detto il cardinale segretario di Stato Bertone, quale
può essere invece un’indicazione per il futuro perché appunto questa grande opera
di welfare non si dissipi?
R. - Io credo che un’indicazione è quella rivolta,
prima di tutto, agli stessi religiosi e religiose: continuare in un cammino di fedeltà
alla loro presenza, alla loro ispirazione, alla loro missione, ma anche in un cammino
di creatività, cioè noi oggi dobbiamo essere capaci come i nostri fondatori di saper
inventare le modalità con cui rispondere alle nuove urgenze che sorgono dalla storia,
dalla società, e dai nuovi bisogni che emergono oggi. Dobbiamo continuare questo percorso
uniti. Quindi credo che l’indicazione più forte sia quella dell’unità, della collaborazione
ed anche della rete. Questo libro poi è anche frutto di questa intuizione: voler conoscere,
attraverso studi storici, la realtà del passato per conoscere meglio il presente.
Credo che il futuro, non solo della vita religiosa sia maschile che femminile, ma
anche delle opere dei religiosi, le opere cosiddette “di vangelo”, sociali, io le
vedo solo così. E questa testimonianza, questa attività concreta credo che sia anche
la più eloquente denuncia, laddove potremmo incontrare il non riconoscimento, la non
accoglienza, e forse a volte anche il rifiuto. (bi)