Don Gentili della Cei sul "divorzio breve": rende più fragile l'istituto matrimoniale
C’è preoccupazione tra i cattolici per la riduzione a un anno della separazione prima
di ottenere il divorzio, attualmente è di tre, approvata dalla commissione Giustizia
della Camera. Il vicepresidente dell'Associazione Medici Cattolici Italiani, Aldo
Bova, ha affermato che bisogna battersi “per difendere l’istituto familiare, cellula
primaria della società civile”. Alessandro Guarasci ha sentito don Paolo
Gentili, direttore dell’Ufficio Cei per la Pastorale della famiglia:
R. – Questo
provvedimento va nella direzione di rendere ancora più fragile l’istituto matrimoniale.
Invece di investire energie e risorse su tutta una serie di apporti da consegnare
alle coppie in crisi – che vanno in crisi anche per motivi molto concreti, come le
difficoltà nel lavoro, nel pagamento delle bollette, per una vita spirituale che si
è un po’ affievolita –, si dà il via libera a velocizzare e a trasformare quella crisi
quasi immediatamente – perché un anno è veramente poco – in una separazione.
D.
– Ecco: non si dà il tempo per ripensare a quanto si è fatto...
R. – In molti
casi, se si riuscissero a trovare i giusti supporti, la crisi sarebbe superabile.
In questo caso, si recupererebbe anche il senso ed il valore di quell’unione sponsale,
di quella promessa che si è fatta e, in qualche modo, si ritrova anche la dimensione
di una personalità più matura e più serena. Questo, però, ha bisogno dei giusti tempi
e quindi, l’idea dei tre anni, andava proprio nella direzione di vedere se c’era ancora
la possibilità di salvare quel matrimonio.
D. – In realtà, è un po’ tutto l’istituto
degli aiuti alle famiglie ad essere in crisi...
R. – Non abbiamo – nonostante
se ne sia parlato da tempo – delle vere politiche familiari, tranne qualche breve
accenno. Diciamo che c’è una strenua difesa dell’individuo e dei diritti individuali,
ma molto meno della famiglia come soggetto sociale ed anche come soggetto di coesione
sociale. Questo è il vero segno di civiltà: una famiglia che apre ad una stabilità
della società, fondata quindi sul matrimonio.
D. – Ora che cosa si aspetta,
un ripensamento da parte del Parlamento, soprattutto dell’Aula di Montecitorio?
R.
– Spero vivamente - ma credo che tanti che stanno lavorando davvero con grande impegno
per salvare molte famiglie – non soltanto che si neghi questa legge, ma soprattutto
che si investano nuove risorse a favore della famiglia, che si crei quella “culla
per la vita” che ogni famiglia può essere. Non può esistere una società serena senza
una difesa della famiglia fondata sul matrimonio. (vv)