2012-02-23 17:49:39

La Corte europea di Strasburgo condanna l'Italia per i respingimenti


L’Italia ha violato l’articolo 3 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo, perché attuando la politica dei respingimenti verso la Libia ha esposto i rifugiati respinti al rischio di maltrattamenti in Libia e di rimpatrio in Somalia ed Eritrea, ed è equivalso ad una espulsione collettiva. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che, accogliendo il riscorso di 11 somali e 13 eritrei respinti nel 2009, ha condannato l’Italia a versare un risarcimento di 15 mila euro ciascuno ai ricorrenti, più le spese legali. ''Alla luce dell'analisi di questa sentenza prenderemo decisioni per quanto riguarda il futuro'' è stato il commento del premier italiano Mario Monti. Strasburgo "ci farà ripensare la nostra politica nei confronti dell'immigrazione", ha detto il ministro della Cooperazione e Sviluppo, Andrea Riccardi. Critico l’ex ministro dell’Interno, il leghista Maroni, per il quale si tratta di una sentenza politica. Francesca Sabatinelli ha intervistato mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei.RealAudioMP3

R. – Già nel momento in cui – nel 2009 – erano capitati questi ed altri respingimenti, insieme ad altre organizzazioni avevamo sollecitato questo tipo di intervento, condannando anche in quell’occasione ciò che stava avvenendo e che poi ha interessato più di mille persone. Quindi, questa sentenza la salutiamo come effettivamente un’occasione e uno strumento in più per riaffermare ciò che già affermava la Convenzione europea dei diritti umani in tema di protezione internazionale.

D. – Mons. Perego, la sentenza della Corte di Strasburgo è un importante richiamo per la politica italiana e per l’Unione Europea in generale…

R. – Certamente: va nelle due direzioni. Va anche nella direzione di costruire effettivamente un Mare Mediterraneo come un mare comune al cui centro ci sia la tutela dei diritti prima che dei confini, e quindi con quell’attenzione anche a costruire, in momenti di emergenza che sono ancora di grande attualità, forme e canali umanitari per tutelare i profughi che provengono non solo dal Nord Africa ma anche dal Corno d’Africa e dal Centro Africa.

D. – Quindi a suo giudizio, adesso la politica d’immigrazione italiana dovrà mostrarsi più sensibile?

R. – Certamente quel criterio di sicurezza dei confini che aveva portato a questi restringimenti, e che in questa sentenza vengono paragonati a vere e proprie espulsioni, porta con sé la necessità di riorganizzare ogni servizio, ogni forma di presidio dei confini con una maggiore attenzione alla tutela dei profughi e con una assoluta attenzione a non essere complici di mancanza di protezione internazionale tutte le volte che si rimane in un Paese che non protegge profughi e rifugiati, persone che sono in cammino o in fuga.

D. – Quindi, Migrantes non può che esprimere la sua soddisfazione?

R. – Siamo contenti di questa sentenza, soprattutto perché questa sentenza aiuta a costruire effettivamente un’Europa sociale, un’Europa al cui centro ci sia la tutela dei diritti umani, soprattutto dei più deboli. E oggi, in questo contesto, la tutela internazionale in atto, la tutela dei richiedenti asilo e dei rifugiati è certamente un segno molto importante di rispetto dei diritti umani. Diciamo che è l’occasione anche per ricordare che questi respingimenti hanno generato centinaia di morti in questi due anni e quindi è un’occasione in più per ricordare il dramma della morte legata anche ai respingimenti e alle espulsioni. (gf)

E’ una sentenza storica, commenta Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i Rifugiati. Ascoltiamolo al microfono di Francesca Sabatinelli:RealAudioMP3

R. – Naturalmente siamo molto soddisfatti anche perché a causa della nostra presenza a suo tempo – e tuttora – in Libia, abbiamo potuto come Cir facilitare il contatto tra questi ricorrenti e gli avvocati presso l’Unione forense dei diritti umani qui a Roma. Si tratta di una condanna non dell’Italia, come si va dicendo, certamente no! Non è una condanna a tutto campo, anche perché l’Italia ha fatto tanto e con grande bravura per salvare migliaia e migliaia di vittime nel mare, pensiamo al lavoro della Guardia Costiera, della Guardia di Finanza, dei Carabinieri e della Marina Militare. Si tratta di una condanna per una politica precisa, che voleva semplicemente sbarazzarsi in modo leggero delle persone, evitando il loro arrivo in Italia, per onorare l’accordo a suo tempo sottoscritto tra Berlusconi e Gheddafi: l’accordo di amicizia con la Libia.

D. – Il richiamo importante che arriva da Strasburgo dovrà senz’altro ora essere raccolto dalla politica italiana...

R. – E’ obbligata a raccoglierlo. C’è un pronunciamento alla fine della motivazione della sentenza che dice chiaramente che l’Italia dovrà adoperarsi affinché i ricorrenti, che si trovano ancora in Libia, non siano inviati nei Paesi di origine e non siano sottoposti a trattamenti inumani. Quindi è un obbligo dell’Italia anche nei confronti della Libia, e questo vuol dire che nella prossima missione del Ministro degli Interni Cancellieri a Tripoli si dovrà tenere conto di questo pronunciamento e quindi cambiare rotta.

D. – L’appello che il Consiglio italiano per i Rifugiati rivolge al premier Monti qual è?

R. – Vorrei ricordare che, ancora prima della missione del premier Monti a Tripoli, il 19 gennaio, il Parlamento ha approvato delle mozioni che impegnano il governo italiano a rinegoziare – quindi, sotto l’aspetto dei diritti – gli accordi con la Libia. Sono molto contento che la maggioranza della Camera dei Deputati si sia espressa con questa chiarezza. Certamente noi pensiamo che bisogna fare un accordo con la Libia e che sia anche necessario assisterla, affinché ci sia da parte della Libia stessa il rispetto degli obblighi internazionali, che ci siano centri di accoglienza e non di detenzione, che ci sia il rispetto delle persone, dei migranti e dei rifugiati. Tutto questo impegna l’Italia in una rinnovata, totalmente diversa cooperazione con i Paesi del Nord Africa e innanzitutto con la Libia.

D. – La sentenza della Corte di Strasburgo riguarda l’Italia, però deve essere un’indicazione per altri Paesi europei …

R. - … e per l’Unione Europea complessivamente. E’ da ricordare che comunque esiste una politica – anche dell’Unione Europea – volta a chiudere le frontiere e a non consentire canali per un arrivo regolare e protetto di chi fugge dal proprio Paese e non ha alternative se non quella di buttarsi letteralmente in mare rischiando la vita e alimentando lo sporco commercio dei trafficanti di persone. Quindi, in questa sentenza c’è anche un appello non esplicito, nascosto, all’Unione Europea affinché cambi il punto di vista. Occorre ricordare che l’Unione Europea, a suo tempo – diversamente dal Consiglio d’Europa – non si era pronunciata con una condanna dell’Italia per la sua politica dei respingimenti. Quindi, è una lezione anche per le istanze di Bruxelles. (ap)







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