Assemblea della Pontificia Accademia per la Vita sul tema dell'infertilità
In Vaticano, la 18ª Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita sul
tema “Diagnosi e Terapia dell’Infertilità”. I lavori sono aperti al pubblico per un
workshop durante il quale, ricercatori selezionati tra i maggiori esperti internazionali,
documentano le più recenti opzioni diagnostiche e terapeutiche sulle cause dell’infertilità.
Fabio Colagrande ha chiesto al presidente della Pontificia Accademia per la
Vita, mons. Ignacio Carrasco de Paula, com’è nata la scelta del tema dell’infertilità
per questa assemblea:
R. – Soltanto
tre anni fa, il Santo Padre in un messaggio inviato ad una università pontificia romana
disse che bisognava incoraggiare il lavoro dei ricercatori e degli scienziati, in
particolare in questo campo dell’infertilità così da poter trovare soluzioni rispetto
della dignità dell’uomo, della dignità della coppia e della dignità anche del nascituro.
Abbiamo anche però motivi molto concreti. Il tema di per sé, quello dell’infertilità,
è molto importante e ogni giorno sono di più le coppie che si trovano di fronte a
un problema di questo tipo e non sempre viene affrontato nel modo giusto. Vogliamo
quindi dare un aiuto a queste persone. C’è poi – questo è il secondo motivo - anche
un dilagare del ricorso ad altre procedure che senz’altro sono meno efficaci e anche
più costose, sinceramente… per parlare in termini spiccioli.
D. – Dal punto
di vista culturale è un incontro che vuole cambiare l’approccio al problema dell’infertilità
di coppia…
R. – Vuole richiamare la realtà scientifica, che non è sempre quella
a portata di mano di tutti. Abbiamo ricevuto tante richieste di persone che ci dicono:
"vorremmo avere un figlio, ma non ce la facciamo e la fecondazione in vitro non ci
va e non siamo d’accordo. Cosa possiamo fare?”. Queste informazioni mancano e vogliamo
quindi cercare di colmare anche questo gap culturale.
D. – Quindi contribuire
a trovare soluzioni nuove, efficaci e accessibili a tutti...
R. – Sì, perché
molto di queste soluzioni sono nuove. In questi ultimi anni ci sono stati progressi
notevoli: per esempio in ambito della microchirurgia per intervenire e consentire
la fecondazione; in campo ormonale o di trattamento di infezioni, come la endometriosi
che rappresenta un gravissimo problema; ma anche in campo di prevenzione, perché una
causa importante dell’infertilità è il diffondersi di certi modi di comportamento
che non aiutano certamente. Mi riferisco, ad esempio, al tabagismo, all’alcool, ma
anche a cose più semplici.
D. – Eccellenza, in quale ambito si colloca questo
workshop? Fa parte di altre iniziative simili della vostra Accademia?
R. –
Noi abbiamo come compito proprio quello di esplorare e studiare i progressi e gli
sviluppi della scienza nella misura in cui possono poi contribuire effettivamente
al bene delle persone o a migliorare la qualità della vita. Il lavoro scientifico
di per sé, per sua propria natura, è una cosa magnifica, stupenda: non sempre, però,
abbiamo accesso a queste scoperte. L’anno scorso, ad esempio, abbiamo trattato due
altri argomenti, che credo siano molto, molto rilevanti: il dramma post-aborto, orientato
soprattutto a comprendere come si possono aiutare le donne che, in particolare, hanno
vissuto il dramma terribile di un aborto e che si sono trovate poi in serie difficoltà
per una serie di problemi, molte volte di natura psicologica. In questo campo si può
fare molto. L’altro tema è quello legato alle cellule staminali tratte dal cordone
ombelicale e anche questo rappresenta un campo molto importante. Stanno nascendo in
tutte il mondo delle banche per la conservazione di questi cordoni: banche che hanno
un futuro e che possono contribuire – parlando sempre di futuro – a migliorare i trattamenti
e le cure, soprattutto delle malattie degenerative. Le cellule del cordone sono cellule
che non pongono alcun problema di natura etica, di natura morale e possono anzi contribuire
a quei sentimenti e a quegli atteggiamenti di solidarietà. Diciamo che è un tessuto
che può essere messo al servizio degli altri.
D. – Un’ultima domanda: chi
sono coloro che partecipano a questo workshop dedicato alla diagnosi e alla terapia
dell’infertilità?
R. – Oltre ai membri dell’Accademia, ovviamente, questo
corso è aperto a tutti. Abbiamo avuto una gradita sorpresa per il numero delle iscrizioni,
molte delle quali di medici: quindi non soltanto persone che per diversi motivi si
interessano a questo tema, ma anche persone che lavoro in questo campo. Questa è stata
per noi una gradita sorpresa, perché sinceramente non ci attendavamo questa risposta.
Questo lo voglio sottolineare, perché si tratta di iscrizioni che arrivano da tutta
l’Europa, anche dal Canada, dagli Stati Uniti e dall’America Latina. Non sappiamo
ancora come poterci organizzare, perché l’Aula del Sinodo è molto grande, molto bene
attrezzata, ma ha un numero limitato di posti.
D. – Anche perché volete poi
condividere questi risultati con tutta la comunità scientifica mondiale…
R.
– Senz’altro, ma non solo questo. Per me l’ideale sarebbe che in questo campo si creasse
anche una specie di coordinamento, in modo che fra chi partecipa, fra i relatori che
lavorano in questo campo – molti di loro sono direttori e responsabili di istituti
e di dipartimenti che lavorano in campo dell’infertilità – ci possa essere uno scambio
tra istituto e istituto per la formazione e il perfezionamento di chi un domani dovrà
diventare, a sua volta, responsabile di quell’istituto. Effettivamente bisognerebbe
facilitare questo interscambio di conoscenze, ma anche di tecniche, di procedure,
di modi di agire. (mg)