Aperta a Londra la conferenza internazionale sulla Somalia. Clinton: sanzioni a chi
si oppone alla pace
Si è aperta oggi a Londra l'attesa conferenza internazionale per aiutare la Somalia
a uscire da 20 anni di guerra. Presenti 50 delegazioni. Il mondo “pagherà un prezzo”
enorme se ignorerà i problemi di questo Paese, ha detto il primo ministro britannico
David Cameron aprendo i lavori. Il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha
chiesto sanzioni contro chi si opporrà al processo di pace. Intanto, in Somalia, gli
integralisti islamici Shebaab hanno invocato anche oggi la Jihad contro le truppe
del contingente internazionale presenti nel Sud del Paese. Cosa ci possiamo attendere,
dunque, da questo summit? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Enrico Casale,
africanista della rivista dei gesuiti Popoli:
R. - Le attese
sono elevate perché tra i 50 Stati e organizzazioni internazionali presenti, ci sono
tutti i protagonisti di questo conflitto. Quindi si possono aspettare dei risultati
positivi, bisognerà però attendere i prossimi giorni, per vedere se effettivamente,
si potrà arrivare ad un accordo generale sulla Somalia.
D. - Mons. Bertin,
amministratore apostolico di Mogasdiscio, è stato chiaro: “ci sono molte speranze”;
ovviamente come Lei dice, ci sono state molte conferenze in passato che non hanno
portato a risultati…
R. - Purtroppo è vero. Non solo, ma sempre mons. Bertin,
sottolineava come da questa conferenza, non possano emergere solamente programmi,
iniziative di carattere militare, ma deve essere prevista un’iniziativa di solidarietà
reale, di cooperazione reale con il Paese, per farlo uscire non solo dalla guerra,
ma anche dalla carestia in atto.
D. - La Somalia, da oltre venti anni, vive
in questo limbo creato da una guerra civile diventata ormai insostenibile per la popolazione
civile e dall’assenza totale di attenzione da parte della comunità internazionale.
Quali sono state le spinte che hanno modificato questo stato di fatto?
R. -
Le spinte sono sostanzialmente delle iniziative di carattere militare. La novità di
questi ultimi mesi, è l’intervento militare a sud del Kenya e a nord dell’Etiopia.
Intervento che sta stringendo a tenaglia, i movimenti di fondamentalisti islamici
Shebaab, e che sta togliendo loro le tradizionali fonti di approvvigionamento, di
finanziamento costituite dai porti dai quali traggono le tasse doganali, e le principali
vie di comunicazione, dalle quali traggono finanziamenti sotto forma di tangenti.
Questo intervento, in parte coadiuvato dall’ Amisom – la missione militare delle Nazioni
unite - potrebbe portare alla sconfitta di questi Shebaab dal punto di vista militare.
Poi bisognerà vedere se si riuscirà a dare un futuro politico a questo risultato militare.
D.
- Guerra civile, situazione politica ingarbugliata, povertà e pirateria: questi i
punti più critici della Somalia di oggi. Ad un primo sguardo, slegati tra loro, ma
tutti collegati di fatto..
R. - Certamente. La guerra ha provocato la carestia,
la carestia ha provocato miseria, quindi la necessità di ricorrere a nuove forme di
finanziamento da parte della popolazione, e quindi la pirateria. Pirateria che però,
va sottolineato, non è organizzata a livello locale in Somalia, ma ha dei “mandanti”
nelle principali piazze economiche e finanziarie mondiali come negli Stati Uniti e
in Inghilterra. È lì che vanno a finire la maggior parte dei proventi della attività
di pirateria nel Golfo di Aden.
D. - Intanto nel Sud continuano gli attacchi
degli Shebaab nonostante gli sforzi di pace. Questo accordo per trasformare la Somalia
in uno Stato federale, è già superato?
R. - In questo momento, non si può ancora
dire. La Somalia è un Paese dal punto di vista sociale, molto frammentato, e quindi
la struttura federale dello Stato può essere l’unica soluzione per una convivenza
pacifica all’interno della Somalia. Certo è che questi attacchi, sono un colpo di
coda preoccupante da parte di queste milizie fondamentaliste, che si dicono si siano
infiltrate direttamente da Al Qaeda.
D. - E in tutto questo la situazione sul
campo rimane comunque drammatica..
R. - La guerra è sempre drammatica, in più
si aggiunge una situazione di povertà estrema determinata anche da una fortissima
carestia che ha investito tutto il Corno d’Africa, e la Somalia in modo particolare,
perché qui la situazione di guerra, non ha permesso agli aiuti di arrivare. Questa
carestia colpisce anche l’Etiopia, Gibuti, una parte del Kenya e una parte dell’Uganda.(bi)