Vertice all'Aquila sulla ricostruzione post-sisma. Intervista con l'arcivescovo mons.
Molinari
La situazione all’Aquila, a quasi tre anni dal terremoto, è stata ieri al centro dell’incontro
nel capoluogo abruzzese tra il ministro per la Coesione territoriale Barca, il presidente
della Regione Abruzzo, Giovanni Chiodi, e il sindaco, Massimo Cialente. Durante il
vertice si è fatto il punto su alloggi, rimozione macerie, ricostruzione pubblica
e privata. Delle oltre 67 mila persone rimaste senza casa, oggi circa 33 mila sono
rientrate nelle proprie abitazioni, mentre 2,3 sono i miliardi erogati per la ricostruzione.
Tuttavia, resta ancora molto da fare, come conferma al microfono di Paolo Ondarza
l’arcivescovo dell’Aquila, mons. Giuseppe Molinari:
R. – La situazione
è sotto gli occhi di tutti. Soprattutto se uno giunge nel centro storico, vede molti
degli edifici puntellati e non c’è niente di ricostruito. Diversamente, in periferia
alcune case sono state ricostruite, altre si stanno ricostruendo. Io credo sia mancata
una unione profonda soprattutto tra le forze politiche: mi viene il sospetto che qualche
forza politica finora avesse quasi piacere che non si partisse per la ricostruzione,
solo per fini politici e per contrastare l’avversario… Se così fosse, sarebbe molto
triste.
D. – Lei fa riferimento a tre anni fa quando la scena politica era
caratterizzata da un aspro contrasto. Oggi in Italia c’è un governo tecnico: potrebbe
essere questo un momento favorevole per la ricostruzione dell’Aquila?
R. –
Io me lo auguro con tutto il cuore. Spero che il governo tecnico metta da parte le
liti politiche e vada proprio al nocciolo della ricostruzione che è quello che aspetta
tutta la città, tutto il popolo, tutti quanti.
D. – Si procede con la rimozione
delle macerie che ancora ingombrano buona parte del centro storico…
R. – Le
macerie si potevano rimuovere quando ancora c’era la Protezione civile e aveva tutti
i poteri per farlo. Ma qualcuno si è opposto. Alcuni sindaci hanno detto: ci pensiamo
noi. Purtroppo, oggi vediamo i risultati di queste prese di posizione.
D.
– Su circa 70 mila residenti, 33 mila o poco più sono già rientrati a casa, mentre
sul fronte ricostruzione dei luoghi di culto sono 116 le chiese riaperte.
R.
– Ho detto fin dall’inizio: prima le case poi le chiese. Però, tutti capiscano che
queste chiese sono importanti, fanno parte della nostra storia, della nostra vita,
della storia religiosa di questa città. Una città che rinasce solo con le case, senza
le chiese, diventa uno sgorbio, diventa un mostro. (bf)