Progetto Policoro: una risposta concreta della Chiesa italiana alla disoccupazione
giovanile
Sono sempre più allarmanti i dati relativi alla disoccupazione giovanile in Italia.
In questo contesto si inserisce il Progetto "Policoro". Dal 1995, anno della sua nascita,
"Policoro" ha visto nascere 500 tra consorzi, imprese e cooperative dando lavoro a
circa 4000 giovani. Mons. Angelo Casile, direttore dell’Ufficio per i problemi
sociali e il lavoro Conferenza episcopale italiana, spiega al microfono di Cristina
Bianconi quali sono le principali linee di intervento del progetto:
R. – Le principali
linee di intervento sono tre. La prima è l’evangelizzazione, ossia evangelizzare il
lavoro e la vita. Poi l’educazione ad una nuova mentalità nei confronti del lavoro,
un lavoro che sia comunque attento alla dignità della persona. Infine l’esprimere
impresa, far cioè scaturire innanzitutto l’imprenditoria personale - in modo che ogni
giovane investa su se stesso - e far scaturire anche l’impresa come azienda, come
cooperativa, dove più giovani che riscoprono se stessi, la loro dignità e libertà,
mettendosi insieme, fanno germogliare questi segni di speranza sui loro territori.
D.
– Avviato nel 1995 in Basilicata, Calabria e Puglia, il progetto coinvolge oggi sempre
più regioni…
R. – Nasce come attenzione verso il Sud, perché la disoccupazione
affligge maggiormente i territori del sud Italia. Il progetto, però, ha visto fin
dall’inizio la partecipazione delle chiese del centro-nord in un rapporto di reciprocità:
le chiese del nord danno cioè a quelle del sud l’esperienza nel costituire cooperative
e nell’organizzare il lavoro, mentre quelle del sud ridonano alle chiese del nord
quei tratti di ospitalità e di disponibilità che caratterizzano i territori del centro
e sud Italia. L’attuale crisi ha ovviamente messo in discussione anche il sistema
organizzativo del centro-nord, per cui sempre più diocesi settentrionali stanno chiedendo
di poter aderire al progetto.
D. – Quali sono le principali aree di intervento?
R.
– Innanzitutto restituire dignità alla persona. Poi, gli interventi sono tra i più
variegati: vanno dal turismo sostenibile alla gestione dei servizi museali, dalle
biblioteche diocesane alle cooperative agricole. Inoltre, il lavoro all’interno delle
carceri, per permettere ai carcerati di recuperare la propria dignità attraverso il
lavoro, l’assistenza agli immigrati ed alle persone malate. Gli interventi sono quindi
i più diversi, proprio perché costituiscono la risposta ai bisogni locali.
D.
– Quale consiglio si sente di dare ai giovani che, oggi, si trovano senza lavoro?
R.
– Il primo consiglio è quello di non scoraggiarsi: il primo messaggio che diamo, come
cristiani, è quello della fiducia e della speranza, perché il Signore non ci abbandona
mai. Un altro consiglio è guardarsi attorno e mettersi quindi insieme agli altri,
contattando magari gli Uffici della Pastorale sociale. Si potrà così scoprire di avere
intorno altri giovani che, credendo in loro stessi ed essendo supportati dalle nostre
diocesi, sono riusciti a dare un senso alla loro vita e anche a far scaturire un piccolo
segno di speranza quale può essere l’apertura di una piccola cooperativa. La cooperativa
può appunto rispondere ai bisogni del territorio, e poi dobbiamo anche pensare al
recupero dei mestieri artigiani. L’importante è non pensare che il lavoro "venga dal
cielo": il lavoro ce lo dobbiamo costruire guardando dentro al nostro cuore e mettendo
a frutto l’intelligenza ed i talenti che il Signore ci ha donato. (vv)