Il Patriarca siro-cattolico, Ignatius III Younan: i cristiani in Siria rischiano molto,
il mondo ci aiuti
Tra le personalità illustri giunte a Roma per il Concistoro vi è stato nei giorni
scorso anche il patriarca della Chiesa siro-cattolica, Sua Beatitudine Ignatius
III Younan. Il responsabile della redazione araba della Radio Vaticana, padre
Jean-Pierre Yammine, gli ha chiesto di descrivere la situazione attuale delle
comunità cristiane e cattoliche:
R. - Non solamente
i cristiani, ma a mio parere tutta la popolazione siriana è molto in ansia per il
futuro, perché in Siria c’è una situazione molto complessa: non c’è una sola religione,
né una sola etnia ma c’è diversità di religioni, di confessioni, di etnie. Questo
si somma al fatto che il potere è retto da un solo partito politico, il “Baas”, cui
appartiene la minoranza “alawita”, per cui la maggioranza musulmana “sunnita” ritiene
di essere stata messa da parte e trattata ingiustamente e vuole riprendere il potere.
Dunque, c’è grande paura che possa deflagrare un conflitto dai connotati religiosi,
con conseguenze anche nefaste. Quindi, è una situazione molto difficile per tutti
gli uomini e le donne siriani e specialmente per noi cristiani, che viviamo lì da
migliaia di anni e ci consideriamo siriani. Parlo come cristiano siriano, perché anche
se risiedo in Libano sono nato in Siria, e Libano e Siria mantengono dei legami molto
stretti. I cristiani, quindi, si sentono in pericolo e temono davvero che una guerra
civile a sfondo religioso possa vederli come prime vittime: questo perché loro non
hanno partiti cristiani di riferimento, né posseggono armi, e inoltre sono, possiamo
dire, diffusi dappertutto in Siria. Vi sono delle regioni dove la maggioranza è cristiana,
ma i cristiani sono sparsi in tutta la Siria e quindi qualora dovesse esserci il caos
non vi sarà un governo centrale in grado di controllare. In quel caso, è prevedibile
che vengano meno i freni e che dunque le prime vittime saranno i cristiani. Noi speriamo
che si arrivi a questo punto: si stanno compiendo degli sforzi sulla scena internazionale,
affinché più parti possano sedersi assieme per dialogare e cercare soluzioni più civili.
Perciò, noi preghiamo e continuiamo a pregare sperando che la Siria possa oltrepassare
questa crisi, aperta già quasi da un anno, e i siriani e le siriane possano trovare
veramente un positivo punto d’incontro fra le loro differenze, per costruire una società
nazionale più democratica, con molti più partiti.
D. - Cosa attende la Chiesa
siro-cattolica dall’Esortazione apostolica post-sinodale per il Medio Oriente, alla
luce dei cambiamenti nella regione?
R. - La Chiesa siro-cattolica, come lei
sa, fa parte delle Chiese cattoliche del Medio Oriente. Tutti i cristiani, grazie
a Dio, adesso si sentono più uniti e lavorano per una unità più vissuta e più visibile.
Ciò vuol dire che possono testimoniare la loro fede assieme senza le difficoltà del
passato. Come pure la nostra Chiesa, al pari delle altre, spera che il Santo Padre,
grazie alla sollecitudine paterna che nutre verso tutti nel Medio Oriente – cristiani,
musulmani e altre confessioni – possa darci la speranza che queste antiche civiltà
del Medio Oriente riescano a trovare una loro via verso un migliore sviluppo e soprattutto
per il rispetto dei diritti umani. Questo vuol dire libertà non solamente civili,
ma in particolare per noi libertà religiosa: un problema che il Santo Padre conosce
bene e sa che il nostro futuro di cristiani in Medio Oriente è strettamente collegato
a questa difesa delle libertà religiose. C’è il grande pericolo che la gioventù ci
lasci per cercare una vita più degna per sé, per i propri figli, le proprie famiglie.
Se noi, con l’aiuto della comunità internazionale, non difendiamo questi diritti basilari,
rischiamo di venire a visitare queste terre solamente per le loro rovine, come accade
in diverse parti della Terra Santa, poiché le comunità cristiane saranno assenti.