Mons. Bregantini: bellezza e lotta alla precarietà per sconfiggere la 'ndrangheta
“Nella lotta alla criminalità organizzata calabrese c’è una maggiore difficoltà”.
Lo ha dichiarato ieri il ministro della Giustizia, Paola Severino. La Chiesa non ha
mai interrotto la lotta alla mafia. L’arcivescovo di Campobasso-Bojano, mons.Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione per i problemi sociali della
Conferenza episcopale italiana – e a lungo alla guida della Diocesi di Locri-Gerace,
dove rifiutò la scorta – è stato per anni in prima linea nel combattere la ‘ndrangheta
calabrese. Ha raccontato la sua esperienza in un racconto-testimonianza raccolto dalla
giornalista Chiara Santomiero, dal titolo “Non possiamo tacere. Le parole e la bellezza
per combattere la mafia”, dove lo stupore per il bello è indicato come una potente
arma contro il male. Massimo Pittarello ha chiesto come ciò sia possibile:
R. – Racconto
in profilo la mia storia e dentro il tessuto della mia vita scopro che sono interconnesse
storie di mille altre persone, che si confrontano con il tema del bene e del male,
come affrontarlo vincendo con la speranza e il coraggio.
D. – La bellezza è
uno strumento per combattere la criminalità organizzata?
R. – Io ritengo di
sì. Apparentemente, sembrerebbe poesia. In realtà, il gusto della bellezza – come
scrivo – è la migliore forma di antimafia, perché dà al giovane il gusto della propria
identità, della fierezza di appartenere a una terra, di avere dentro di sé talenti
meravigliosi che Dio ha dato. Quando c’è la consapevolezza di questo, il ragazzo non
può entrare nella mafia, nel contesto negativo della delinquenza, perché si accorge
che la mafia è sporcizia…
D. – Lei rifiutò la scorta...
R. – Sì, perché
mi accorsi che sarebbe stata estremamente limitante e soprattutto poi avrebbe aggravato
l’immagine già negativa di una terra: se anche il vescovo è scortato, chi potrà essere
libero in questa terra?
D. – Il ministro della giustizia, Paola Severino, ha
dichiarato che “nella lotta alla camorra e alla criminalità calabrese c’è una maggiore
difficoltà”...
R. – Certo, son convinto anch’io, perché la ‘ndrangheta è una
società profondamente legata al tema “famiglia”: è molto interconnessa, ha una sua
logica, è difficilmente estirpabile, perché se colpisci uno, non puoi colpire tutti.
Quindi, anche il discorso dell’organizzazione sfugge, e sfugge come la gramigna: togli
un ramo e ne nasce un altro. Ogni analisi sulla mafia deve essere accompagnata da
un progetto. Tutto quello che aiuta il giovane a essere forte sul lavoro, impegnato,
qualitativamente valorizzato, tutto questo è lotta contro il male e contro la ‘ndrangheta.
Atrimenti, la ‘ndrangheta giocherà sugli spazi di precarietà, la precarietà in cui
siamo avvolti in questo momento, triste e passiva, che i ragazzi vivono. E su questo
la ‘ndrangheta vive e prospera.
D. – Un progetto d’insieme che possa dare l’esempio
alternativo a quella che è una cultura dell’omertà, della menzogna...
R. –
Sì, perché la mafia tende a essere totalizzante e ancora più totalizzante deve essere
la proposta positiva del bene.
D. – E’ stato detto che a volte la fede può
essere male interpretata dalla malavita organizzata...
R. – Più che la fede,
la religione. C’è un uso strumentale della fede e questo lo credo. Basta vedere come
sono riempiti di immaginette di Padre Pio o di San Michele i bunker dei malavitosi.
Tenendo presente questo, la forza della proposta del Vangelo deve essere basata su
due punti: la forza della povertà della Chiesa perché, come diceva Rosmini, se la
Chiesa è povera è anche libera: può annunziare con libertà il Vangelo anche ai mafiosi
e non restarne coinvolta o attratta. Altro elemento importante, è lottare per la riconciliazione
e il perdono fraterno. Le due realtà – la povertà e il perdono, le due "P" – sono
la forza grande della Chiesa, che diventa preghiera, diventa parola, diventa proposta.
D.
– Come sta andando il libro?
R. – Molto bene, perché è un libro che fa pensare.
Non dà risposte, ma raccontando, permette a molti di ritrovarsi, e, soprattutto, è
molto utile sul piano educativo. Non ha proposte di natura conoscitiva, ma ha proposte
di natura formativa, propedeutiche al bene, attraverso le vicende della vita. Questo
permette al libro di volare, di essere molto letto e di essere molto apprezzato.(ap)