Messa per i nuovi cardinali. Il Papa: la Chiesa è una “finestra” dalla quale Dio si
affaccia sull’umanità
Nel giorno della festa della Cattedra di San Pietro, Benedetto XVI ha presieduto la
Messa nella Basilica vaticana, attorniato dai 22 cardinali creati nel Concistoro di
ieri. Il Papa è tornato a parlare del primato petrino e di come la Chiesa sia chiamata
a una missione di verità e carità, portando nel mondo “che si chiude in se stesso”
la luce di Cristo. All’Angelus, Benedetto XVI ha chiesto ancora preghiere a sostegno
della sua missione e di quella dei suoi primi collaboratori. Il servizio di Alessandro
De Carolis:
Pietro non
ce l’avrebbe fatta “attraverso la carne e il sangue” a sostenere la Chiesa affidatagli
da Cristo. Per questo Dio lo destina a diventare “ciò che non è”, una “roccia”, perché
è di quella solidità che la comunità nascente ha bisogno. Il giorno dopo il Concistoro,
Benedetto XVI è come se riprendesse il filo della sua riflessione spostando l’accento
dal servizio dei cardinali nella Chiesa ai fondamenti sui quali la Chiesa si regge
da duemila anni e che i cardinali sono i primi a dover testimoniare: fede e carità.
Dopo il saluto rivoltogli a nome dei nuovi porporati dal cardinale Fernando Filoni,
il Papa ha lasciato che a ispirare l’omelia fosse la struttura stessa dell'altare
della Cattedra di Pietro, ideato dal Bernini e collocato sul fondo della Basilica
vaticana. Il Pontefice ne ha decifrato nel dettaglio l’architettura, definendola “una
visione dell’essenza della Chiesa e del magistero petrino”. Primo elemento, la finestra
con l’immagine della colomba che, ha detto, “mostra Dio come fonte della luce”:
“La
Chiesa stessa è, infatti, come una finestra, il luogo in cui Dio si fa vicino, si
fa incontro al nostro mondo. La Chiesa non esiste per se stessa, non è il punto d’arrivo,
ma deve rinviare oltre sé, verso l’alto, al di sopra di noi. La Chiesa è veramente
se stessa nella misura in cui lascia trasparire l’Altro - con la ‘A’ maiuscola -
da cui proviene e a cui conduce”.
Altro elemento che balza all’occhio sono
le statue dei grandi padri della Chiesa d’Oriente e di Occidente che sorreggono ai
quattro lati il monumentale trono in bronzo. “I due maestri dell’Oriente, San Giovanni
Crisostomo e Sant’Atanasio, insieme con i latini, Sant’Ambrogio e Sant’Agostino, rappresentano
– ha osservato il Papa – la totalità della tradizione e, quindi, la ricchezza dell’espressione
della vera fede dell’unica Chiesa”:
“Questo elemento dell’altare ci dice
che l’amore poggia sulla fede. Esso si sgretola se l’uomo non confida più in Dio e
non obbedisce a Lui. Tutto nella Chiesa poggia sulla fede: i Sacramenti, la Liturgia,
l’evangelizzazione, la carità. Anche il diritto, anche l’autorità nella Chiesa poggiano
sulla fede. La Chiesa non si auto-regola, non dà a se stessa il proprio ordine, ma
lo riceve dalla Parola di Dio, che ascolta nella fede e cerca di comprendere e di
vivere”.
Ed è la frase di un altro antico padre cristiano, Ignazio di Antiochia
– che definì la Chiesa di Roma “quella che presiede nella carità” – a suggerire a
Benedetto XVI un altro elemento di riflessione. Carità intesa come amore, ma anche
come Eucaristia che, ha ricordato, è definito il "Sacramento della carità di Cristo":
“Pertanto,
‘presiedere nella carità’ significa attirare gli uomini in un abbraccio eucaristico
- l’abbraccio di Cristo -, che supera ogni barriera e ogni estraneità, e crea la comunione
dalle molteplici differenze. Il ministero petrino è dunque primato nell’amore in senso
eucaristico, ovvero sollecitudine per la comunione universale della Chiesa in Cristo”.
Infine l’ultimo elemento, che il Pontefice individua in quel “duplice
movimento di ascesa e di discesa” che caratterizza l’altare. “E’ la reciprocità tra
la fede e l’amore”, dove è la prima a orientare il secondo:
“Una fede egoistica
sarebbe una fede non vera. Chi crede in Gesù Cristo ed entra nel dinamismo d’amore
che nell’Eucaristia trova la sorgente, scopre la vera gioia e diventa a sua volta
capace di vivere secondo la logica di questo dono”.
Prima della recita
dell’Angelus, dalla finestra del suo studio affacciato su Piazza San Pietro, Benedetto
XVI ha parlato della festa della Cattedra petrina e del compito di guidare la Chiesa
che spetta al Pontefice romano, coadiuvato dai cardinali:
“Tale speciale
compito di servizio deriva alla Comunità romana e al suo Vescovo dal fatto che in
questa Città hanno versato il loro sangue gli Apostoli Pietro e Paolo, oltre a numerosi
altri Martiri. Ritorniamo, così, alla testimonianza del sangue e della carità. La
Cattedra di Pietro, dunque, è sì segno di autorità, ma di quella di Cristo, basata
sulla fede e sull’amore”.