2012-02-19 12:56:32

Ispettori Aiea in Iran per verificare il programma atomico. L'Ue: rispetto per le direttive dell'agenzia


Gli ispettori dell’Aiea sono tornati oggi in Iran nel’ennesimo tentativo di chiarire la natura del programma nucleare del Paese, mentre già da ieri il consigliere per la Sicurezza nazionale del presidente Usa, Obama, si trova in Israele per parlare del dossier iraniano. Teheran nei giorni scorsi ha scritto all'Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Ashton, una lettera in cui si dice che la Repubblica islamica è “pronta al dialogo costruttivo”. Secondo la stampa, però, ci sarebbero piani di Israele per un attacco ai siti iraniani nei prossimi mesi. Del rischio conflitto Fausta Speranza ha parlato con Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica "Limes" che all’Iran dedica il numero in edicola:RealAudioMP3

R. – La guerra è possibile solo in due occasioni. La prima è che ci sia una decisione unilaterale o semi-unilaterale israeliana di andare a bombardare i siti iraniani, con la consapevolezza che il problema non viene risolto ma, al massimo, rinviato. La seconda è un incidente: ormai, nella zona del Golfo Persico c’è un tale assembramento di forze che basta una scintilla per accendere chissà quale fuoco. In realtà, c’è ancora molto spazio per il negoziato e quest’ultima apertura iraniana, secondo me, dovrebbe essere raccolta in questo senso.

D. – Oggi, dopo la "primavera araba" e anche la crisi siriana, negoziare è più facile, più difficile o sono comunque cambiati alcuni termini di negoziazione?

R. – Qualsiasi negoziato con l’Iran – figuriamoci se poi coinvolge tanti partner come quelli americani ed europei e, inevitabilmente anche se indirettamente, israeliani – è complesso. Detto ciò, alla fine nessuno può veramente sperare di vincere una guerra come quella che si potrebbe profilare. Penso, quindi, che ci sia ancora la possibilità di evitare questo conflitto, nella consapevolezza che molto probabilmente l’Iran non vuole la bomba, ma vuole piuttosto arrivare alla soglia della produzione. Dotarsi, cioè, della capacità di costruirla eventualmente in qualche mese. I margini, perciò, ci sono.

D. – In questo momento, che cosa dire della situazione siriana proprio in funzione dell’Iran?

R. – E’ da considerare esattamente in funzione dell’Iran, perché se il regime di Assad salterà, è chiaro che per l’Iran si tratterà di una sconfitta strategica. La Siria è il ponte dell’influenza iraniana nel Mediterraneo, verso il Libano e il vicino Oriente: un rovesciamento di questo regime, da parte di forze più o meno affini all’Arabia Saudita e alle grandi monarchie sunnite della penisola arabica, sarebbe una sconfitta strategica per l’Iran. D’altra parte, non mi pare che, ad oggi, vi sia una soluzione seria possibile per la crisi siriana, perché le parti in conflitto sostengono posizioni del tutto inconciliabili.

D. – Catherine Ashton sostiene che l’Unione Europea continua a lavorare e che le sanzioni possono avere un effetto…

R. – Le sanzioni servono, eventualmente, a prendere tempo per il negoziato. Non si tratta tanto, attraverso le sanzioni, di convincere Khamenei piuttosto che Ahmadinejad a negoziare, ma si tratta di darsi uno spiraglio di tempo che prolunghi la possibilità di arrivare a un negoziato serio. Questo negoziato, però, per essere veramente tale, non deve unicamente occuparsi del programma atomico iraniano ma del ruolo, del rango e degli interessi dell’Iran e degli altri Paesi nell’area. Dev’essere quindi un negoziato a 360 gradi, senza pregiudiziali, altrimenti non servirà a niente.

D. – Gli Stati Uniti, in questo momento, hanno la posizione forte per negoziare?

R. – Gli Stati Uniti, se vogliono, hanno una posizione forte e sono l’unico Paese che può avere un’influenza decisiva su Israele. Il problema è se Obama sarà, in qualche modo, vittima di azioni unilaterali di Netanyahu – come molti americani temono – o se potrà esercitare, a sua volta, una certa pressione sugli israeliani per convincerli che il negoziato è meglio della guerra. (vv)

La lettera del capo dei negoziatori iraniani, Saeed Jalili, è stata definita un “passo importante” da Hillary Clinton, segretario di Stato Usa. Catherine Ashton, responsabile della Politica estera dell'Ue, ha espresso un “cauto ottimismo” e ha ribadito la linea diplomatica. Fausta Speranza ha intervistato la portavoce della Ashton, Maja Kocijancic:

R. – We are open for negotiations...
Siamo aperti alle negoziazioni. La nostra rappresentante, Catherine Ashton, che ha ricevuto il mandato dalla comunità internazionale, ha invitato l’Iran a tornare al tavolo delle negoziazioni, prendendo parte seriamente alle discussioni sul programma nucleare senza precondizioni. Dall’altra parte, a causa della seria preoccupazione che abbiamo sul programma nucleare, in particolare sulla possibilità dell’Iran di sviluppare armi nucleari, abbiamo imposto una serie di misure restrittive o sanzioni che riguardano l’importazione delle armi iraniane.

D. – Cosa risponde a chi dice che le sanzioni sono inutili?

R. – We believe the opposite...
Noi crediamo sia il contrario. Noi crediamo che l’Iran abbia l’obbligo di rispettare i Trattati internazionali. Quindi, devono rispettare la risoluzione dell’Onu e la risoluzione dell’Aiea, che hanno un effetto importante, e noi continueremo a mettere pressione sull’Iran per far sì che alla fine si arrivi ad una soluzione diplomatica, che vedrà l’Iran rispettare gli impegni internazionali.

D. – Cosa sa della situazione economica in Iran?

R. – In terms of measures that we have taken...
In termini di misure adottate, miriamo sempre alle persone o agli enti che hanno dirette responsabilità in termini di finanziamento del programma nucleare o che sono coinvolte in esso o che ne beneficiano. Quindi, le nostre misure sono sempre molto mirate e non si rivolgono alla popolazione. Usiamo mezzi che mettano pressione, nel senso che adottiamo misure che colpiscano i gruppi di persone o gli enti che ho appena descritto. (ap)







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