Ispettori Aiea in Iran per verificare il programma atomico. L'Ue: rispetto per le
direttive dell'agenzia
Gli ispettori dell’Aiea sono tornati oggi in Iran nel’ennesimo tentativo di chiarire
la natura del programma nucleare del Paese, mentre già da ieri il consigliere per
la Sicurezza nazionale del presidente Usa, Obama, si trova in Israele per parlare
del dossier iraniano. Teheran nei giorni scorsi ha scritto all'Alto rappresentante
per la politica estera dell’Ue, Ashton, una lettera in cui si dice che la Repubblica
islamica è “pronta al dialogo costruttivo”. Secondo la stampa, però, ci sarebbero
piani di Israele per un attacco ai siti iraniani nei prossimi mesi. Del rischio conflitto
Fausta Speranza ha parlato con Lucio Caracciolo, direttore della rivista
di geopolitica "Limes" che all’Iran dedica il numero in edicola:
R. – La guerra
è possibile solo in due occasioni. La prima è che ci sia una decisione unilaterale
o semi-unilaterale israeliana di andare a bombardare i siti iraniani, con la consapevolezza
che il problema non viene risolto ma, al massimo, rinviato. La seconda è un incidente:
ormai, nella zona del Golfo Persico c’è un tale assembramento di forze che basta una
scintilla per accendere chissà quale fuoco. In realtà, c’è ancora molto spazio per
il negoziato e quest’ultima apertura iraniana, secondo me, dovrebbe essere raccolta
in questo senso.
D. – Oggi, dopo la "primavera araba" e anche la crisi siriana,
negoziare è più facile, più difficile o sono comunque cambiati alcuni termini di negoziazione?
R.
– Qualsiasi negoziato con l’Iran – figuriamoci se poi coinvolge tanti partner come
quelli americani ed europei e, inevitabilmente anche se indirettamente, israeliani
– è complesso. Detto ciò, alla fine nessuno può veramente sperare di vincere una guerra
come quella che si potrebbe profilare. Penso, quindi, che ci sia ancora la possibilità
di evitare questo conflitto, nella consapevolezza che molto probabilmente l’Iran non
vuole la bomba, ma vuole piuttosto arrivare alla soglia della produzione. Dotarsi,
cioè, della capacità di costruirla eventualmente in qualche mese. I margini, perciò,
ci sono.
D. – In questo momento, che cosa dire della situazione siriana proprio
in funzione dell’Iran?
R. – E’ da considerare esattamente in funzione dell’Iran,
perché se il regime di Assad salterà, è chiaro che per l’Iran si tratterà di una sconfitta
strategica. La Siria è il ponte dell’influenza iraniana nel Mediterraneo, verso il
Libano e il vicino Oriente: un rovesciamento di questo regime, da parte di forze più
o meno affini all’Arabia Saudita e alle grandi monarchie sunnite della penisola arabica,
sarebbe una sconfitta strategica per l’Iran. D’altra parte, non mi pare che, ad oggi,
vi sia una soluzione seria possibile per la crisi siriana, perché le parti in conflitto
sostengono posizioni del tutto inconciliabili.
D. – Catherine Ashton sostiene
che l’Unione Europea continua a lavorare e che le sanzioni possono avere un effetto…
R.
– Le sanzioni servono, eventualmente, a prendere tempo per il negoziato. Non si tratta
tanto, attraverso le sanzioni, di convincere Khamenei piuttosto che Ahmadinejad a
negoziare, ma si tratta di darsi uno spiraglio di tempo che prolunghi la possibilità
di arrivare a un negoziato serio. Questo negoziato, però, per essere veramente tale,
non deve unicamente occuparsi del programma atomico iraniano ma del ruolo, del rango
e degli interessi dell’Iran e degli altri Paesi nell’area. Dev’essere quindi un negoziato
a 360 gradi, senza pregiudiziali, altrimenti non servirà a niente.
D. – Gli
Stati Uniti, in questo momento, hanno la posizione forte per negoziare?
R.
– Gli Stati Uniti, se vogliono, hanno una posizione forte e sono l’unico Paese che
può avere un’influenza decisiva su Israele. Il problema è se Obama sarà, in qualche
modo, vittima di azioni unilaterali di Netanyahu – come molti americani temono – o
se potrà esercitare, a sua volta, una certa pressione sugli israeliani per convincerli
che il negoziato è meglio della guerra. (vv)
La lettera del capo dei negoziatori
iraniani, Saeed Jalili, è stata definita un “passo importante” da Hillary Clinton,
segretario di Stato Usa. Catherine Ashton, responsabile della Politica estera dell'Ue,
ha espresso un “cauto ottimismo” e ha ribadito la linea diplomatica. Fausta Speranza
ha intervistato la portavoce della Ashton, Maja Kocijancic:
R. – We
are open for negotiations... Siamo aperti alle negoziazioni. La nostra rappresentante,
Catherine Ashton, che ha ricevuto il mandato dalla comunità internazionale, ha invitato
l’Iran a tornare al tavolo delle negoziazioni, prendendo parte seriamente alle discussioni
sul programma nucleare senza precondizioni. Dall’altra parte, a causa della seria
preoccupazione che abbiamo sul programma nucleare, in particolare sulla possibilità
dell’Iran di sviluppare armi nucleari, abbiamo imposto una serie di misure restrittive
o sanzioni che riguardano l’importazione delle armi iraniane.
D. – Cosa risponde
a chi dice che le sanzioni sono inutili?
R. – We believe the opposite... Noi
crediamo sia il contrario. Noi crediamo che l’Iran abbia l’obbligo di rispettare i
Trattati internazionali. Quindi, devono rispettare la risoluzione dell’Onu e la risoluzione
dell’Aiea, che hanno un effetto importante, e noi continueremo a mettere pressione
sull’Iran per far sì che alla fine si arrivi ad una soluzione diplomatica, che vedrà
l’Iran rispettare gli impegni internazionali.
D. – Cosa sa della situazione
economica in Iran?
R. – In terms of measures that we have taken... In termini
di misure adottate, miriamo sempre alle persone o agli enti che hanno dirette responsabilità
in termini di finanziamento del programma nucleare o che sono coinvolte in esso o
che ne beneficiano. Quindi, le nostre misure sono sempre molto mirate e non si rivolgono
alla popolazione. Usiamo mezzi che mettano pressione, nel senso che adottiamo misure
che colpiscano i gruppi di persone o gli enti che ho appena descritto. (ap)