2012-02-19 14:47:51

Chiude a a Roma la 10.ma Conferenza internazionale sulla distrofia di Duchenne e Becker


Si conclude oggi la 10.ma Conferenza internazionale sulla distrofia di Duchenne e Becker, presso l'Ergife Palace Hotel di Roma. Si tratta di un incontro che vede riuniti esperti provenienti da tutto il mondo, per illustrare alle famiglie di Parent Project Onlus, Associazione di genitori di figli con Dmdb, gli sviluppi della ricerca scientifica e dell'approccio clinico multidisciplinare. Eliana Astorri ne ha parlato con la dott.ssa Marìka Pane, neuropsichiatra infantile presso l'Unità di neuropsichiatria infantile del Policlinico Gemelli di Roma: RealAudioMP3

R. - La distrofia muscolare di Duchenne e di Becker è una malattia genetica, una malattia ereditaria, a causa della quale viene a mancare una proteina che si chiama "distrofina". E’ una malattia degenerativa legata alle madri, che portano il gene malato e nel 70 per cento dei casi lo trasmettono ai figli maschi, mentre nel 30 per cento dei casi rimanenti è una mutazione che noi chiamiamo "de novo": si sviluppa cioè nel feto al momento della riproduzione.

D. – E’ considerata una malattia rara?

R. – Sì, è considerata una malattia rara perché ha una incidenza di uno su 3.500 maschi.

D. – Quali sono i sintomi?

R. – I bambini che ne sono affetti inizialmente sono normali: fino ai 2-3 anni, in linea di massima, non manifestano i segni della malattia. Possiamo avere dei riscontri occasionali di un aumento del "cpk", ovvero l’enzima che a noi medici fa capire che c’è qualcosa che non va. In queste circostanze, abbiamo dei riscontri occasionali e quindi delle diagnosi molto precoci in bambini molto piccoli. Altrimenti, di solito, i riscontri alla nostra osservazione arrivano attorno ai 2-3 anni, quando il bambino comincia ad avere delle difficoltà nel camminare o nel correre o nell’alzarsi da terra o i genitori riferiscono che il figlio, rispetto ai suoi compagni di asilo, rispetto al fratellino o alla sorellina, ha qualcosa che non va.

D. – Principalmente, è la funzionalità motoria che viene colpita o può interessare anche organi? E cosa fa il medico una volta accertata la diagnosi?

R. – Una volta accertata la diagnosi, il medico deve fare un "follow up" continuo e costante. Dal punto di vista motorio, cerchiamo di seguirli per contrastare lo sviluppo delle retrazioni articolari, per cercare di ritardare l’arrivo – ad esempio – della scoliosi, che è una delle complicanze. O comuqnue per cercare, nel momento in cui perdono la deambulazione, di assisterli nel farli sedere in maniera corretta e con una postura adeguata. Inoltre, dobbiamo monitorare soprattutto l’aspetto respiratorio e quello cardiologico. Una sempre più forte evidenza clinica mostra che questi ragazzi, dal punto di vista cardiologico, hanno bisogno di una terapia preventiva: già intorno ai 10-11 anni viene somministrato un farmaco – un acenibitore – associato o meno a un metabloccante, per cercare di posticipare o comunque ritardare l’arrivo dei problemi cardiologici. Una volta l’anno fino ad una certa età e poi una volta ogni sei mesi, questi ragazzi devono essere sottoposti a dei monitoraggi respiratori costanti e continui con l’ossimetria notturna o con uno studio della capacità respiratoria per accettarci che dal punto di vista respiratorio non insorgano dei problemi ed essere quindi pronti a gestire i problemi appena arrivano e non quando è ormai troppo tardi.

D. – Come si è arrivati a questa decima Conferenza internazionale di Roma, dedicata alla Duchenne e Becker?

R. – "Parent Project" è un’Associazione di famiglie nata nel 1996, grazie al volere di Filippo Buccella, che noi non finiremo mai di ringraziare, ed è un’Associazione di famiglie che ha un ruolo fondamentale e importantissimo: non solo perché fornisce un aiuto pratico alle famiglie, un aiuto nella gestione e nella presa in carico, ma soprattutto perché offre un aiuto anche a noi ricercatori. Fa un po’ da catalizzatore scientifico, perché facilita lo scambio di informazioni e dà la possibilità di creare delle nuove collaborazione. Cerca, quindi, di focalizzare e di accelerare la ricerca nell’ambito delle distrofie muscolari e per noi questo è fondamentale e importante: per noi che dedichiamo la vita a queste malattie è fondamentale migliorare la qualità di vita di questi ragazzi. Per noi, l’obiettivo finale e futuro – così come quello dei genitori – è quello di arrivare ad una cura per questi ragazzi. (mg)







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