Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
Nella settima Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il Vangelo del
paralitico di Cafarnao. Quattro persone lo portano in barella e scoperchiano il tetto
di una casa per raggiungere Gesù. Il Signore gli rimette i peccati, tra i mormorii
di scribi e farisei, e lo invita ad alzarsi e a tornare a casa:
Quello si
alzò e subito prese la sua barella e sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti
si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».
Su
questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin,
docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Gesù ricompare
ora a Cafarnao, ormai un alone di popolarità lo circonda, per questo in tanti si accalcano
per vederlo e ascoltare i suoi discorsi. C’è gran ressa, ma gli unici a sedere comodi
sono degli scribi, cioè quegli esperti che si sentivano autorizzati a controllare
gesti e linguaggio. L’audacia e l’inventiva di quei quattro amici del paralitico steso
in barella, che riescono a calare dal tetto il lettuccio proprio davanti al Gesù,
non li scompone. Sono invece irritati, gli scribi, per le parole di Gesù: perché usa
un linguaggio che appartiene a Dio? Solo Dio può perdonare i peccati, rimuginano dentro,
con diffidenza. Non ha nessuna paura Gesù del loro sguardo sospettoso e dell’ostilità
nascosta, e li affronta a viso aperto: a quella forza coraggiosa degli amici, e allo
sguardo intenso di supplica del malato e di chi lo sostiene, Gesù risponde lanciando
lontano (è il senso del rimettere) ogni fragilità, fallimento, rabbia, passato oscuro,
cioè gettando via ogni male, sbloccando ogni paralisi fisica e morale, rimette in
piedi una vita rattrappita. Nuova è la vita e non solo l’andatura distorta, nuovo
anche il cuore di chi lo ha portato in braccio, nuova è ogni cosa attorno. “E tutti
si meravigliavano e lodavano Dio”. Dove la carità trionfa, dove le mani fanno catena
audace e buona, la vita è altra, Dio restaura in noi la sua immagine bella e ricompone
il profilo di esistenze sfregiate.