"No" della Cei al biglietto d'ingresso nelle chiese italiane. Intervista con mons.
Paglia
I vescovi della Cei dicono "no" al biglietto d’ingresso nelle chiese aperte al culto.
Lo ribadiscono in una nota dettagliata, che sgombra il campo da interpretazioni fallaci
e da abusi. Sulla questione, Roberta Gisotti ha intervistato mons. Vincenzo
Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia, e membro del Consiglio permanente della
Cei che ha redatto il documento:
D. – Eccellenza,
dove nasce l’esigenza di questa nota e quali sono i punti salienti?
R. – L’esigenza
nasce dal fatto che erano state fatte alcune obiezioni, perché, in effetti, ci sono
circa una cinquantina di chiese dove, in maniera differenziata, si paga un ticket
di ingresso, ed era importante ribadire che la Chiesa è un luogo sacro. In Italia,
ci sono quasi 100 mila chiese e ovviamente sono tutte gratuite, salvo questa piccola
eccezione, che peraltro a volte riguarda unicamente alcune adiacenze delle chiese.
Ma che si salvaguardi, si ribadisca con forza che la chiesa è un luogo di accoglienza
e di preghiera. Questa è una tradizione antichissima. Ricordo, ad esempio, che nei
secoli moderni le chiese erano anche luogo di asilo per i condannati. Se uno era condannato
a morte e riusciva a entrare in chiesa, non poteva essere tratto fuori con la forza,
neppure dalla Chiesa stessa. Questo per dire quanto uno spazio come quello della preghiera
sia santo.
D. – A dire il vero, questa pratica è più diffusa all’estero, ma
evidentemente il fatto che diverse chiese italiane abbiano imposto un biglietto ha
preoccupato. La nota prevede anche casi eccezionali, a giudizio del vescovo. Quali
casi possono essere?
R. – Casi eccezionali derivano da una considerazione:
che non c’è tanto denaro per restaurare chiese soprattutto di grandissimo prestigio
e quindi anche di grandissima spesa – e allora alcuni, preoccupati, chiedono che in
quelle circostanze possa essere venduto qualche biglietto. In realtà, il Consiglio
permanente della Cei ha deciso che comunque debbano rimanere spazi liberi per la preghiera,
in maniera totale e assoluta. Se uno vuol visitare il campanile o vuol visitare un
battistero o una cripta allora è possibile, in questi casi straordinari, poter esigere
il pagamento di un biglietto: come principio generale, però, è assolutamente indispensabile
che la chiesa resti un libero luogo di preghiera e di accoglienza.
D. – Per
venire incontro a esigenze economiche per la manutenzione, non è possibile prevedere
delle richieste di offerte volontarie…
R. – Assolutamente. Io credo sia importante
essere intelligenti e creativi per venire incontro a questa prospettiva. Posso fare
un esempio di quando sono stato parroco nella Basilica di Santa Maria in Trastevere
a Roma. Per chiedere l’aiuto dello Stato italiano per restaurare una chiesa che è
un monumento straordinario per tutti, un patrimonio dell’umanità, dovevo garantire
l’apertura al pubblico con gli orari di un museo. Io ho fatto ancora di più e l’ho
lasciata aperta tutto il giorno, anche durante le ore dei pasti. Questa, per esempio,
è una modalità che si può usare. Negli altri casi, è importante che i fedeli stessi,
la popolazione di una città o di un quartiere possa contribuire. Questo richiede ovviamente
una capacità di dialogo, d’incontro, perché si comprenda che certi monumenti hanno
bisogno di manutenzione e a volte di una consistente cifra di denaro. Penso, però,
che non si debba assolutamente cedere alla tentazione di dire: "si apre, pagando".(ap)