La Fiom proclama lo sciopero. Sulla riforma del mercato del lavoro l'opinione di Confartigianato
La Fiom-Cgil continua ad essere contraria alla riforma del mercato del lavoro e per
questo proclama uno sciopero generale per il 9 marzo. Intanto la Commissione Ue mette
in guardia: il sistema in Italia provoca troppe disuguaglianze. Alessandro Guarasci:
Revisione
dell’articolo 18, riforma del mercato del lavoro, accordo sulla Fiat. Sono i tre punti
su cui si concentra l’azione della Fiom. Il comitato centrale ha proclamato uno sciopero
di otto ore per il 9 marzo. Per il segretario del sindacato dei metalmeccanici, l'articolo
18 non puo' essere oggetto ne' di trattativa ne' di negoziato. Il lavoro è al centro
anche dell’azione della Commissione Ue che oggi ha presentato l'azione del team anti-disoccupazione
in partenza per l'Italia. Per Bruxelles ''la disoccupazione giovanile in Italia e'
causata da molti fattori tra cui la segmentazione del mercato del lavoro e un sistema
squilibrato di sostegno alla disoccupazione che ha creato diseguaglianze tra le generazioni''.
Il governo però assicura che soldi per gli ammortizzatori sociali non ce ne sono.
Nel pomeriggio incontro per una piattaforma comune tra sindacati e aziende. Come la
pensano le piccole imprese? Giorgio Guerrini, presidente dei Confartigianato
R.
– L’economia, non solo dell’Italia ma di tutto il mondo, richiede molta più flessibilità.
Il che significa, per il mondo che rappresento – e quindi quello dell’artigianato,
dei servizi e della piccola impresa -, maggiori assunzioni di responsabilità e, attraverso
strumenti che abbiamo già costruito con i sindacati – che si chiamano enti bilaterali
- di trasferire un pezzo di welfare che lo Stato non è in grado di gestire e che non
ha le risorse per poterlo fare, in maniera sussidiaria. Quindi, un pezzo di sanità
e di previdenza integrativa, ma questo non si fa assolutamente aumentando il costo
del lavoro a carico delle imprese.
D. – Secondo lei bisogna intervenire anche
sul meccanismo della cassa integrazione?
R. – Noi abbiamo uno strumento che
ha dimostrato, in questi anni di crisi, di funzionare: la cassa integrazione in deroga.
Le imprese artigiane l’hanno utilizzata in maniera intelligente e flessibile, non
abusandone, con costi molto limitati e con periodo altrettanto limitati. Pensare quindi
un welfare che vada bene alle grandi imprese e che vada bene anche al 99 per cento
dell’impresa italiana che è sotto i 20 dipendenti è una follia. Dobbiamo trovare strumenti
diversi, perché ogni settore ha necessità diverse. Pensare di fare un abito a taglia
unica, che va bene per tutti, credo sia fuori dalla storia.
D. – Lei ritiene
che si debba percorrere la strada dei contratti aziendali?
R. – Credo che si
debba percorrere la strada dei contratti aziendali per chi ha aziende di grandi dimensioni,
e mi sembra che questo sia già avvenuto. Per la stragrande maggioranza delle imprese
italiane, però, esiste già uno strumento molto efficace: il contratto territoriale.
Abbiamo quindi un secondo livello territoriale, anche per determinare il reddito,
che diventa sempre più importante e decisivo. (vv)