2012-02-13 15:47:53

Vertice Ue-Cina. Pechino preoccupata per la crisi economica europea


La crisi del debito sovrano nell'eurozona è arrivata ad "un punto critico". E' l'opinione "preoccupata" espressa dal portavoce del Ministero degli esteri cinese, alla vigilia del vertice Ue-Cina a Pechino e all'indomani del difficilissimo "sì" del parlamento greco alle nuove misure di austerity chieste da Bruxelles e dal Fondo monetario internazionale (Fmi). La soluzione, secondo i vertici cinesi, passa attraverso una spinta per le riforme strutturali e di lungo periodo. Salvatore Sabatino ne ha parlato con il prof. Gianfranco Viesti, docente di Economia applicata presso l’Università di Bari:RealAudioMP3

R. - Quello che è avvenuto in Grecia è stato importante, ma non è certamente una soluzione. Anzi, il rischio è che quel Paese sia condannato a molti anni di difficile austerità, grandi tensioni e sofferenze sociali, senza che tutto ciò possa risolvere il problema alla radice. Il problema non si risolve ad Atene: si risolve in Europa attraverso un’azione concertata. Atene ha fatto la sua parte, adesso è il turno dei grandi Paesi europei.

D. - L’asse economico-finanziario mondiale si è indubbiamente spostato verso Oriente, verso quella Cina che oggi esprime preoccupazioni. Dobbiamo, però, dire che la Cina ha grandi interessi in campo...

R. – Certamente. La Cina è un partner interessante ma non disinteressato, nel senso che è un Paese grande, avanzato, molto ricco, con grandi riserve valutarie che possono giocare un ruolo importante anche su scala internazionale. Allo stesso tempo, è un Paese anche molto deciso a tutelare i propri interessi. Questo mi sembra abbastanza normale. La collaborazione internazionale non è fatta di entità che perseguono semplicemente il bene comune, ma da entità che hanno i loro propri obiettivi. Si tratta di mediarle con attenzione.

D. – Perché le economie occidentali hanno fatto ricorso alla vendita dei propri debiti? Era una strada obbligata o si poteva risolvere diversamente il problema?

R. – Il grande problema viene sempre dagli Stati Uniti, cioè dalla crisi finanziaria dello scorso anno. Il problema non è tanto l’ammontare del debito in Europa, quanto il fatto che siano aumentati i tassi di interesse. Il Giappone ha un debito grande il doppio dell’Italia, ma non ha nessun problema perché i tassi di interesse rimangono bassi. Dunque, il problema non è averlo accumulato: oggi la questione principale è riuscire a imporre ai mercati finanziari internazionali il fatto che non è immaginabile che si paghi il 7% sui titoli italiani, piuttosto che il 20 su quelli portoghesi o il 40 su quelli greci: in questo modo non può funzionare.

D. – Ritorniamo alla Grecia: un possibile default causerebbe davvero un effetto domino ingestibile per l’intera Europa?

R. – La verità è che non lo sappiamo, perché non è mai successo, ma temiamo di sì. Proprio in base a ciò cui abbiamo assistito negli ultimi mesi – e che non avremmo mai pensato potesse accadere – è bene avere un principio di precauzione: immaginare dunque che un grande problema greco possa trasmettersi a tutta l’Europa. Nel nostro interesse è da evitare certamente. Poi, c’è un tema più di fondo: noi non abbiamo costruito l’Europa per i mercati finanziari, ma per tenere insieme popoli diversi. E quindi, dobbiamo fare tutto il possibile per far sì che anche il popolo greco rimanga strettamente legato a noi, perché l’Europa è nata proprio dalla volontà di stare insieme. Credo che ci siano, e che ci debbano essere, degli obiettivi politici – che sono stati gli obbiettivi di tutti i grandi Paesi europei – che devono tornare in preminenza rispetto a quelli strettamente finanziari.

D. – Questa situazione di rischio generalizzato a chi fa comodo? Chi potrebbe trarne realmente vantaggio?

R. – C’è molta gente che ci guadagna. Ci sono fondi speculativi che giocano sul fallimento della Grecia; guadagna per esempio l’Olanda, perché le imprese portoghesi spostano la sede legale in Olanda e pagano le tasse lì; guadagnano i grandi Paesi europei, anche noi, che prestiamo i soldi alla Grecia in cambio di interessi… Dove c’è qualcuno che perde, c’è sempre qualcuno che guadagna. Questo non è anormale: il punto anormale è che questi guadagni sono fatti a rischio di gravi fallimenti politici, sociali, economici dell’intera Europa. È questo che non è accettabile. (bi)







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