Verso la Quaresima. Mons. Bruno Forte sul messaggio del Papa: fede e carità sono inseparabili
“Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e
nelle opere buone”. E’ questa frase del capitolo decimo della lettera agli ebrei
a dare il titolo al messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2012. Federico
Piana ha raccolto il commento di mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto:
R. – Vedrei
l’importante connessione fra questo messaggio e la prospettiva dell’Anno della Fede,
ormai imminente. Il Papa, che ha iniziato le sue Encicliche con una riflessione di
grandissima profondità e – direi – anche concretezza sulla carità, ci fa capire con
quest’attenzione che danno i Messaggi della Quaresima alla responsabilità verso gli
altri, alla reciprocità e al dono di sé, che fede e carità sono inseparabili. Dunque
è una sottolineatura dell’aspetto della vita cristiana, dell’uomo di fede e della
donna di fede, che porta ad impegnarsi per gli altri, a farsi carico dell'altro. In
modo particolare, in questa frase della Lettera agli Ebrei, il Papa coglie questi
tre accenti, che mi sembra ci facciano capire come l’attenzione alla carità, connessa
alla fede, sia tutt’altro che semplicemente una esortazione bonaria: in realtà è un
invito ad un impegno estremamente articolato.
D. – Il Papa sostiene anche
che bisogna camminare insieme nella santità. Come si può in questo momento storico
pensare alla chiamata universale alla santità?
R. – Sembra che il messaggio
sia di non ridurre mai il concetto che noi abbiamo dell’uomo alla semplice soddisfazione
di bisogni materiali o ad una sorta di benessere, di welfare, di carattere economico
e basta. Occorre puntare alla misura alta della vita cristiana, che è la santità.
In altre parole, la santità non è un ornamento che si aggiunge a qualcosa: la santità
è la piena realizzazione del dono di Dio, secondo il progetto di Dio. Allora se noi
abbiamo una visione dell’uomo che è aperta al disegno di Dio, non possiamo semplicemente
fermarci a soddisfare qualcuna delle esigenze dell’essere umano, ma dobbiamo soddisfare
l’esigenza più vera e più profonda che è quella di amare Dio, di vedere Dio, che è
quel “Desiderium naturale videndi Deum - quel desiderio naturale di vedere Dio - di
cui parla, ad esempio, Tommaso d’Aquino: la realizzazione dell’uomo sta nell’incontro
con Dio.
D. – C’è un passaggio in questo messaggio molto interessante: il
Papa chiede a tutti i cristiani di riscoprire una dimensione della carità cristiana
che è quella di ammonire i peccatori. Cosa intende il Papa in questo modo?
R.
– Molte volte si pensa che per quieto vivere, per amor di pace non si debba mai intervenire
o richiamare qualcuno su qualcosa, dove è invece evidente che ci sarebbe il bisogno
di aiutare a scoprire il progetto di Dio e le esigenze di conversione e di cambiamento.
Anche qui, questo Papa si dimostra come l’uomo e il pensatore di una visione autentica,
plenaria dell’uomo e non di una visione parziale: l’uomo visto secondo la prospettiva
di Dio è un uomo che sa che il peccato non solo è male, ma fa male; sa che la santità
non solo è bene, ma fa bene. Allora se veramente siamo cristianisi deve anche
– con umiltà, certo, nel continuo discernimento e in vocazione dello Spirito - aiutare
gli altri a fuggire il male. Questo significa anche aiutarli a capire il male che
potrebbero aver fatto. (mg)