Stati Uniti. Abusi su minori: archiviata causa contro Santa Sede
Si è conclusa nel silenzio dei mass media una dolorosa vicenda di abusi che avrebbe
voluto coinvolgere il Papa e la Santa Sede. Venerdì scorso, l’avvocato Jeff Anderson
ha depositato presso la Corte distrettuale del Wisconsin una notifica di archiviazione
relativa all’azione legale denominata "John Doe 16 v. Holy See”. Si tratta del caso
di un ragazzo disabile abusato da un sacerdote in una scuola per bambini sordomuti
di Milwaukee: nell'istituto numerosi altri ragazzi erano stati abusati dallo stesso
prete. Secondo le leggi statunitensi vigenti, la presentazione di tale notifica comporta
l’archiviazione immediata della causa, senza che sia necessaria una sentenza in merito
emanata dalla Corte.
La causa, denunciando la copertura degli abusi, era intenzionata
ad affermare la diretta responsabilità della Santa Sede sugli oltre 400mila sacerdoti
sparsi nel mondo, quando questa, è noto – sottolinea in una dichiarazione l’avvocato
della Santa Sede Jeffrey Lena – spetta ai rispettivi vescovi o superiori religiosi.
Lena ricorda come Anderson abbia “orchestrato per la stampa un evento dai toni drammatici
e ricco di ‘colpi di scena’ che mirava a provocare nei mass media un’attenzione smodata
e frenetica per la questione”. Si ricorda l’enfatico annuncio di informazioni che
avrebbero dimostrato l’esistenza di un’“azione congiunta a livello mondiale” collegata
ad abusi sessuali e diretta dalla Santa Sede. “Su una teoria tanto datata quanto smentita
– afferma Lena - è stata creata appositamente per i mass media una sequenza di eventi
che ha trasformato un fatto gravissimo – la violenza sessuale perpetrata ai danni
di un minore – in uno strumento di affermazioni mendaci circa presunte responsabilità
della Santa Sede”.
Leena sottolinea anche l’impegno della Chiesa nel contrasto
degli abusi ricordando che “è stato il diritto canonico e non quello civile innanzitutto,
a istituire per primo l’obbligo di denuncia” per queste vicende. Una causa come questa
- prosegue l’avvocato Lena – “intentata contro la Santa Sede e tenuta insieme solo
da una rete mendace di accuse infondate di complotti internazionali, in verità non
è altro che una strumentalizzazione del sistema giudiziario ed uno spreco di risorse”.
“Quello
che non dobbiamo dimenticare – afferma ancora l’avvocato della Santa Sede - è il fatto
che molti anni fa John Doe 16, un ragazzo solo e afflitto da disabilità, è stato oggetto
di terribili abusi. Come Papa Benedetto XVI ha ripetutamente affermato, ogni abuso
– sia esso perpetrato in istituzioni pubbliche o private, da qualunque persona, di
qualunque credo o affiliazione religiosa – è un peccato e un crimine”.
“È triste
constatare – conclude Lena - come nelle mani di un avvocato troppo incline alle conferenze
stampa e un altro che trascorre il proprio tempo a scrivere su Internet una rubrica
faziosa con cui tenta di far passare per eroi se stesso e i suoi colleghi, la vera
tragica situazione e la sofferenza di John Doe 16 siano diventate uno strumento di
pubblico inganno”.
Di seguito il testo integrale della dichiarazione
dell’avvocato Jeffrey S. Lena
Il 10 febbraio 2012 l’Avvocato Jeffrey R.
Anderson dello studio legale Jeff Anderson e Associati, in collaborazione con la giornalista-avvocato
Marci Hamilton, ha depositato una notifica di archiviazione (“Notice of Voluntary
Dismissal”) relativa all’azione legale denominata John Doe 16 v. Holy See. Tale azione
era stata intentata nel 2010 contro la Santa Sede, nonché il Santo Padre, il Segretario
di Stato Tarcisio Cardinale Bertone e il Decano del Sacro Collegio Angelo Cardinale
Sodano.
Per mezzo di tale Notice of Voluntary Dismissal, depositata dai legali
dell’Attore al fine di evitare l’obbligo di presentare alla corte la risposta dovuta
alle difese sollevate dalla Santa Sede per chiedere l’archiviazione del caso (“Holy
See’s Motion to Dismiss”), l’Avv. Anderson ha richiesto alla Corte di prendere atto
della notifica di archiviazione e di cancellare la causa dalla lista dei procedimenti
in corso dinanzi alla corte.
Secondo le leggi statunitensi vigenti, la presentazione
di tale Notifica comporta l’archiviazione immediata della causa, senza che sia necessaria
una sentenza in merito emanata dalla corte.
Con queste poche parole rivolte
alla corte, il caso John Doe 16 è spirato in silenzio un venerdì pomeriggio, stritolato
da quello che lo stesso Avvocato Jeff Anderson ha chiamato “il crogiolo della corte”,
il momento cioè in cui la legittimità di un caso è messa alla prova.
Questo
caso però è iniziato in modo molto diverso. Il 22 aprile 2010 l’avvocato dell’Attore
ha orchestrato per la stampa un evento dai toni drammatici e ricco di “colpi di scena”,
che mirava a provocare nei mass media un’attenzione smodata e frenetica per la questione
presentata. In quel momento di frenesia giornalistica, l’avvocato della parte attrice
ha annunciato enfaticamente di essere in possesso di informazioni che avrebbero dimostrato
l’esistenza di un’“azione congiunta a livello mondiale” collegata ad abusi sessuali
e diretta dalla Santa Sede. Su una teoria tanto datata quanto smentita, è stata creata
appositamente per i mass media una sequenza di eventi che ha trasformato un fatto
gravissimo – la violenza sessuale perpetrata ai danni di un minore – in uno strumento
di affermazioni mendaci circa presunte responsabilità della Santa Sede.
Nel
quadro di questa strategia, gli avvocati della parte attrice hanno utilizzato le accuse
relative al caso John Doe 16 per rinverdire la fantasiosa teoria secondo la quale
il Crimen sollicitationis – un documento risalente al 1922 e riguardante principalmente
la fattispecie di sollicitatio ad turpia quando verificatasi in confessione – sarebbe
uno strumento giuridico-canonico con il quale la Santa Sede avrebbe tenuto sotto silenzio
tutti i casi del genere e “ordinato” all’intera gerarchia ecclesiastica di nascondere
questi fatti come pure di non denunciare gli sessi alle autorità civili. Questa teoria,
totalmente erronea ma promossa per anni su Internet e tramite innumerevoli azioni
giudiziarie intentate da questi avvocati e avvocati dello stesso genere, è stata proposta
ancora una volta nella causa John Doe 16 come un “boccone” di (dis)informazione facile
da ingoiare.
Forse accecata dagli stratagemmi scenici utilizzati dagli avvocati
della parte attrice e dai loro toni da complotto internazionale, gran parte di coloro
che hanno seguito la causa ha ignorato tre dati oggettivi che la Santa Sede aveva
all’epoca già reso pubblici per mezzo di uno studio dettagliato in merito. Tale commento,
rilasciato sotto giuramento in difesa della Santa Sede nella causa O’Bryan v. Holy
See, era già di pubblico dominio al momento della conferenza stampa.
Qui di
seguito si riportano i suddetti dati:
È stato il diritto canonico e non quello
civile innanzi tutto, a istituire per primo l’obbligo di denuncia per la fattispecie
indicata. Infatti tale obbligo è stato riconosciuto proprio con il Crimen. Molto prima
che una qualsiasi giurisdizione civile formulasse anche solo l’ipotesi di imporre
l’obbligo di denuncia per delitti simili, il Crimen indicava procedure specifiche
– già formulate nello stesso Codice di Diritto canonico del 1917 – tramite le quali
denunciare eventuali delitti canonici collegati ad abusi, perché gli stessi fossero
oggetto di indagini ed eventualmente di regolare processo presso i tribunali ecclesiastici.
In secondo luogo il Crimen non può essere visto come una legge che impediva
o condizionava le persone nell’adempimento degli obblighi derivanti da leggi civili
di denuncia, in quanto all’epoca della sua prima pubblicazione – il 1922 - non esistevano
nemmeno leggi civili simili. E anche nel 1962, quando il Crimen è stato ristampato
con alcune modifiche, non esisteva alcun tipo di legge civile che obbligava le persone
alla denuncia che il Crimen potesse osteggiare.
Il Crimen infine trattava
di obblighi solo canonici e non proibiva la denuncia di abusi sessuali presso le autorità
civili, a prescindere dal fatto che il testo sia stato redatto prima o dopo l’entrata
in vigore di leggi che impongono tali denunce.
Questi tre punti – che richiedono
una comprensione del rapporto fra diritto canonico e diritto civile (che gli avvocati
della parte attrice sembrano rifiutarsi di voler raggiungere) – non sono mai stati
presi in seria considerazione nello svolgimento del dibattito pubblico sul significato
di tale documento. Se si escludono poche lodevoli eccezioni infatti, la maggior parte
dei mass media ha continuato a riportare solo le accuse contro la Santa Sede, secondo
le quali il Crimen è stato utilizzato per coprire e non denunciare i crimini dei preti
pedofili. Come risultato di tale azione, l’opinione pubblica è stata profondamente
e inutilmente fuorviata, con conseguenze forse anche di portata mondiale.
Nessuno
può o dovrebbe mai dubitare del fatto che gli avvocati della parte attrice hanno tutto
il diritto di articolare le proprie opinioni e di assistere con zelo i propri clienti,
portando avanti legittime rivendicazioni. Intentare un’azione legale, soprattutto
per evidenziare eventuali lacune nel quadro legislativo, fa parte di una tradizione
ben radicata nella giurisprudenza statunitense e cioè quella di utilizzare i tribunali
come strumento idoneo a introdurre riforme all’ordinamento giuridico. Infatti, le
azioni legali legittime basate su accuse di abusi sessuali perpetrati ai danni di
minori hanno fatto sì che tutte le istituzioni si ponessero difficili domande in merito
ai cambiamenti da adottare per proteggere i bambini.
Una causa come questa
però, intentata contro la Santa Sede e tenuta insieme solo da una rete mendace di
accuse infondate di complotti internazionali, in verità non è altro che una strumentalizzazione
del sistema giudiziario ed uno spreco di risorse. A dispetto di quanto viene falsamente
affermato in merito alla Chiesa Cattolica, la Santa Sede non è responsabile della
supervisione degli oltre 400.000 sacerdoti sparsi per il mondo. Quando hanno intentato
la causa, gli avvocati della controparte sapevano benissimo che la vigilanza di tutti
i sacerdoti spetta ai rispettivi vescovi o superiori religiosi, e non alla Santa Sede.
È proprio questa consapevolezza che ha reso abusivo il loro uso del sistema giudiziario.
Quello
che non dobbiamo dimenticare – o meglio quello che bisogna sempre ricordare – è il
fatto che molti anni fa John Doe 16, un ragazzo solo e afflitto da disabilità, è stato
oggetto di terribili abusi. Come Papa Benedetto XVI ha ripetutamente affermato, ogni
abuso – sia esso perpetrato in istituzioni pubbliche o private, da qualunque persona,
di qualunque credo o affiliazione religiosa – è un peccato e un crimine.
È
triste constatare come nelle mani di un avvocato troppo incline alle conferenze stampa
e un altro che trascorre il proprio tempo a scrivere su Internet una rubrica faziosa
con cui tenta di far passare per eroi se stessa e i suoi colleghi, la vera tragica
situazione e la sofferenza di John Doe 16 siano diventate uno strumento di pubblico
inganno.