Siria. La città di Zabadani si arrende alle truppe di Assad. Prosegue l'attacco ad
Homs
In Siria prosegue l’attacco delle truppe di Damasco contro le opposizioni: ieri, il
bilancio delle vittime della repressione è salito ad almeno 67 morti, di cui 20 ad
Homs. Le forze fedeli al presidente siriano Assad sono entrate intanto nella martoriata
città di Zabadani vicino al confine con il Libano dopo che è stato raggiunto un accordo
su un cessate il fuoco con i ribelli. L'intesa prevede che i ribelli consegnino le
armi e che i lealisti non li arrestino. Zabadani è stata teatro negli ultimi giorni
di intensi bombardamenti con cento morti. C’è poi da segnalare il messaggio del capo
di al-Qaida, Ayman al-Zawahiri, che ha manifestato il suo sostegno alla contestazione
in Siria, in un video messo online su forum jihadisti. Ma qual è la realtà dell’opposizione
siriana che a diversi osservatori appare molto frastagliata? Giancarlo La Vella
lo ha chiesto a Fulvio Scaglione, vicedirettore di "Famiglia Cristiana":
R. - E’ stata
la repressione violenta del regime a rimescolare le carte. Un anno fa, quando tutto
è cominciato, le richieste partivano soprattutto dalla maggioranza sunnita della popolazione
e da quanti dediti al commercio e alle attività produttive della Siria che soffrivano
di una crisi economica ormai evidente e anche di una condizione di sudditanza nei
confronti della minoranza alawita che - Assad in testa - governa il Paese. Ma erano
richieste piuttosto modeste: un po’ più di democrazia, elezioni per il parlamento
reali e non finte, la fine dei processi militari a carico dei civili. Poi la repressione
violenta di Assad ha fatto saltare in aria questo quadro relativamente composto. Ora
sul campo abbiamo interlocutori anche difficili da identificare perché il cosiddetto
esercito di liberazione, formato da militari disertori e dissidenti ha contorni piuttosto
ancora oscuri. Il fronte di liberazione nazionale è in realtà abbastanza separato
da quello che succede sulle strade e anche lui ha contorni difficili da individuare.
D.
– Proprio per questo, parte della comunità internazionale ha difficoltà nel portare
avanti un aiuto concreto all’opposizione nei confronti di Assad?
R. - Questo
sì, ma anche la comunità internazionale continua ad evitare, perché ci sono confronti
contrapposti, lo abbiamo visto nei giorni scorsi: Cina e Russia da un lato, Stati
Uniti e altri Paesi dall’altro. E’ chiaro che in questo momento il vantaggio politico
sta dalla parte degli Stati Uniti e dell’Occidente, in generale, e che Russia e Cina
vedono estinguersi un regime quello di Assad appoggiato per anni.
D. – Da mesi
si continua a morire ogni giorno in Siria. Come sta vivendo la gente in particolare
la minoranza cristiana?
R. – C’è sicuramente una percentuale di cristiani nelle
strade e siccome i cristiani in Siria sono circa il 10 per cento della popolazione.
Dobbiamo ragionevolmente pensare che il 10 per cento delle vittime che ogni giorno
cadono per mano dell’esercito di Assad siano cristiani. Molto spesso le manifestazioni
popolari vengono condotte all’insegna dell’unità tra le differenti fedi, però il rischio
di una frammentazione è forte, proprio a causa della politica violenta di Assad perché
se la questione si trasforma e non si tratta più del popolo della Siria contro il
regime ma dei sunniti, che sono la maggioranza, contro gli alawiti, che sono un ramo
degli sciiti e sono minoranza ma hanno il potere, questa che è già una guerra civile
può diventare una guerra settaria ed è ancora peggio. (bf)